martedì 13 ottobre 2009

Non possiamo saperlo

Ho terminato di leggere una biografia di Natalia Ginzburg.
La Ginzburg a diciassette anni scrisse un saggio che inizia così: “Dire la verità. L’artista che scrive deve sempre sentirsi capace di questo.” E finisce così: “Dire la verità. Solo così nasce l’opera d’arte”. E lo scrisse a 17 anni!!!!
La Ginzburg rimase vedova a trent’anni, con tre figli piccoli, il marito Leone Ginzburg essendo stato torturato e ucciso in prigione, in quanto antifascista. Natalia entrò clandestinamente a Regina Coeli per vedere il marito morto, e ne trasse una bellissima poesia, “Memoria”.
Di dolore Natalia se ne intendeva, e scrisse: “Amare la vita e crederci vuol dire anche amarne il dolore; vuol dire amare il tempo in cui siamo nati e le sue voragini di terrore; e vuol dire amare, del destino, la sua oscurità e la sua tremenda imprevedibilità. E’ tuttavia ancora vero che su un simile pensiero non si può forse costruire nulla; non essendo per verità un pensiero costruttivo, ma una sorta di fuoco che ciascuno accende in solitudine e per conto suo”.
E scrisse anche: “Le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro, e annaspare per tornare a galla. Un problema che gli uomini non hanno, essendo molto più sicuri di sé e non oppressi da duemila anni di sottomissione ..
… E’ chiaro che non abbiamo nessun diritto di odiare la nostra stessa persona, nessun diritto di tacere i nostri pensieri alla nostra anima. Certo non ci è dato scegliere se essere felici o infelici, ma bisogna scegliere di non essere diabolicamente infelici. “ Grande, eh?
Voglio postare questa sua poesia, mi è piaciuta da morire.

NON POSSIAMO SAPERLO

Non possiamo saperlo. Nessuno l’ha detto.
Forse là non c’è altro che una rete sfondata,
Quattro sedie spagliate e una vecchia ciabatta
Rosicchiata dai topi. C’è caso che Dio sia un topo
E che scappi a nascondersi appena arriviamo.
E c’è il caso che invece sia la vecchia ciabatta
Rosicchiata e consunta. Non possiamo sapere.

Forse Dio ha paura di noi e scapperà, e a lungo
Noi dovremo chiamarlo e chiamarlo coi nomi più dolci
Per indurlo a tornare. Da un punto lontano
Della stanza lui ci fisserà immobile.

Forse Dio è piccolo come un granello di polvere,
e potremo vederlo soltanto col microscopio,
Minuscola ombra azzurra sul vetrino, minuscola
Ala nera perduta nella notte del microscopio,
E noi là in piedi, muti, sospesi a guardare.
Forse Dio è grande come il mare, e spumeggia e tuona.

Forse Dio è freddo come il vento d’inverno,
Forse ulula e romba come un rumore assordante,
E dovremo portare le mani alle orecchie,
Agghiacciati e tremanti, rimpiattendoci al suolo.
Non possiamo sapere com’è Dio. E di tutte le cose
Che vorremmo sapere, è la sola veramente essenziale.

Forse Dio è noioso, noioso come la pioggia,
e quel suo paradiso è una noia mortale.
Forse Dio ha gli occhiali neri, una sciarpa di seta,
Due volpini al guinzaglio. Forse ha le ghette,
Sta seduto in un angolo e non dice parola.
Forse ha i capelli tinti, ha una radio a transistor,
E si abbronza le gambe sul tetto d’un grattacielo.
Non possiamo sapere. Nessuno sa niente.
Forse appena arrivati ci manda allo spaccio
A comprargli del pane e salame ed un fiasco di vino.

Forse Dio è noioso, noioso come la pioggia
E quel suo paradiso è la solita musica.
Svolazzare di veli, di piume, di nuvole,
Un odore di gigli recisi, una noia di morte,
E ogni tanto una mezza parola per passare il tempo.
Forse Dio sono due, una coppia di sposi
Abbandonati al sonno ad un tavolo d’osteria.

Forse Dio non ha tempo. Ci dirà di andarcene
E tornare più tardi. Noi andremo a passeggio;
Siederemo su di una panchina a contare i treni che passano,
Le formiche, gli uccelli, le navi. A quell’alta finestra,
Dio s’affaccerà a guardare la notte e la strada.

Non possiamo sapere. Nessuno lo sa.
C’è anche caso che Dio abbia fame e ci tocchi sfamarlo,
Forse muore di fame, e ha freddo, e trema di febbre,
Sotto una coperta sudicia, piena di cimici,
E dovremo correre in cerca di latte e di legna,
E telefonare a un medico, e chissà se subito
Troveremo un telefono, e il gettone, e il numero,
Nella notte affollata, chissà se avremo abbastanza denaro.


Non so quale tipo di Dio e di paradiso abbia trovato questa donna, e se l'abbia trovato; di sicuro, una che ha vissuto come lei e ha scritto come lei merita quello migliore sul mercato.

9 commenti:

  1. Ancora una volta hai scritto un bellissimo post.
    Tornando alla poesia della Ginzburg, mi auguro innanzitutto che Dio esista e che sia soprattutto misericordioso perchè è lui che ci ha messo in questo gran casino! Non considero la vita un dono, fossi stata consultata avrei detto " NO,grazie!". La vita è perlopiù una valle di lacrime e mi sembra emblematico che appena nati la prima cosa che facciamo è piangere disperatamente! Ma, come suggerito dalla Ginzburg, ho scelto, per quanto è possibile, di non essere diabolicamente infelice!

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  2. è il mio pensiero (!)......... su Dio non so...., mentre credo che ogni "essere vivente" indipendentemente dalla sua volontà, nell'arco della "vita" guadagna soltanto il "Paradiso" (ma esiste?) che meriterà.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Porcavacca! Il solito casino, devo riscrivere tutto. E dire che ci avevo messo una cifra. Più o meno faceva così:
    Dai Ornella, su con la vita. Io non so se avrei detto "no grazie" al buon Dio. Se non ci prendessimo ogni tanto gli schiaffi del dolore, se il coltello della sofferenza mai ci sfiorasse l'animo, come potremmo apprezzare le carezze dei momenti sereni, l'ebbrezza degli istanti di gioia o l'abbraccio dell'attimo felice?
    "Piacer figlio d'affanno,
    gioia vana,
    ch'è frutto del passato timor"
    scriveva Leopardi nella bellissima "la quiete dopo la tempesta"
    ... la tristezza e la gioia, la disperazione e la consolazione, il pianto e il riso non sono comunque meglio del nulla? Non vale la pena, al di là delle nostre miserie, aver PROVATO a vivere?
    E poi, Ornella, se Leopardi ci dice che dopo la tempesta viene la quiete, io ci credo

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  5. Tesoro, guarda che non ti ho scritto attanagliata dalla depressione, anzi sto attraversando un periodo di consolidata serenità. E' che la penso proprio così! Non sono ancora riuscita a capire, se Dio esiste, quale sia la ragione per cui ci ha creati facendoci vivere tra mille sofferenze. Io non mi limito a guardare nel mio orticello per cui, se le cose vanno bene a me, la vita è bella! Io penso ai tanti bambini che nascono con gravi malattie e malformazioni e che dovranno patire solo sofferenze per il resto della loro esistenza! E dovrebbero pure dire grazie per il dono della vita, loro e i loro genitori!? E non mi venite a dire che il disegno di Dio è imperscrutabile! Nessun disegno divino giustifica tutte le sofferenze presenti sulla Terra. Un Dio buono non può permettere queste ed altre atrocità. Non ti dico quanto mi manda in bestia sentir dire, per giustificare la morte di un bambino dopo orribili malattie, "Dio voleva un altro angioletto accanto a sè!" O dobbiamo dire che Dio ha fallito e che gli è riuscita una schifezza di creazione nel creare l'essere umano, visto che l'ha creato egoista, guerrafondaio etc?! Sento già la risposta "Ma c'è il libero arbitrio!" Cosa c'entra il libero arbitrio col cancro che divora un bambino?! Cosa c'entra il libero arbitrio con le pestilenze? A questo punto mi si obietta che è colpa dell'uomo che ha disubbidito al suo creatore! Al che rispondo che: 1° Dio che è onniscente sapeva bene come si sarebbe comportato l'uomo, 2° non c'è padre misericordioso che non perdoni l'amato figlio! Chiedo scusa a tutti se sto trattando un tema così complesso in modo approssimativo, ma credo di aver fatto capire il mio pensiero, pensiero che risale a quando ero poco più che una bambina perchè, essendo esageratamente sensibile, le sofferenze degli altri diventavano anche le mie! Se Dio mi avesse creata un po' più egoista sarei stata e starei decisamente meglio! E parafrasando il tuo amatissimo Leopardi, ritengo che chiunque ci abbia creati si sia comportato più da patrigno che da padre!

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  6. quale è il Dio della Ginzburg che ti ha colpito di più?

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  7. ad ORNELLA:......... per quanto può valere..... concedimi di esternare che sono ammirato dalla tua non comune "sensibilità caratteriale".
    daniele

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  8. Mi dispiace, ma il Dio che io vorrei non l'ha descritto. Io sono stanca di immaginarmelo questo Dio, vorrei che si facesse sentire e che intervenisse una volta per tutte in aiuto dell'umanità! Ti ricordo che anche Madre Teresa, davanti alle strazianti sofferenze dei suoi poveri ammalati, arrivò a mettere in discussione l'esistenza di Dio!

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  9. A Daniele: ti ringrazio, ma sappi che questa non comune sensibilità caratteriale è una gran fregatura! Ciao!:)

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