Accompagno il mio papi a fare rifornimento di globuli rossi. Viaggiare con lui è uno spettacolo, anzi è come rivedere un film del quale conosco in anticipo tutte le battute del protagonista.
So cosa mi chiederà in prossimità di quella curva ("Abita ancora qui ancora quella professoressa di inglese che era ricoverata con me?") (Si parla di un ricovero di 30, 40 anni fa) (E io ogni volta a rispondergli che non l'ho mai conosciuta e non so chi sia)
Conosco le esatte parole del primo dosso sotto la chiesa: "Pruà, pruà quanti cà: cinquant'an fa che ghera negot!" (guarda, guarda quante case, cinquanta anni fa qui non c'era niente)
Quando mi immetto sulla statale lui esclama con tono stupito, come se fosse la sua prima uscita dopo un'ibernazione durata 200 anni: "Pruà, pruà quanti machen! Per forza che ghè l'inquinament!" (Guarda, guarda quante auto, per forza c'è inquinamento!) (ma è l'incredulità con cui lo dice, la cosa più incredibile)
... Per poi concludere la riflessione ambientalista, all'entrata nella rotonda, con una delle sue frasi predilette: "Uomo pallido distruggi madre terra"
Coraggio, mi dico, mancano solo 17 chilometri di monologo. Che alle 6.45 di mattina mi ha già indotto uno stato soporifero poco adatto alla guida.
Accendo la radio, tenendola bassa per non dargli l'idea che PROPRIO non lo voglio ascoltare. Berlusconi in Israele ottiene l'effetto desiderato di interrompere la litania. Inizia un altro monologo: "Cesà in de l'è nà induè chel lè a ciapà toc chi daneè chel gà" (chissà come ha fatto quello lì a diventare ricco).
Poi c'è la notizia di Berlusconi e qualcosa che non ricordo: "Amò! Ien semper a dre a parlà de chel lè" (Ancora! Parlano sempre di quello lì)
La camera vota il legittimo impedimento: "Saran mia diventà toc scemi, chi che ghe so al parlament" (non saranno per caso diventati tutti scemi, i parlamentari)
Siamo a meno 10 chilometri di monologo, ma, mannaia all'orario di punta, c'è coda.
Quello che più mi intriga, di tutti i suoi monologhi, è quando usa l'aggettivo dimostrativo "quello lì", come strategia per non nominare il nome di Silvio invano.
L'aggettivo dimostrativo "quello" si usa per indicare una cosa lontana da sè.
Istintivamente, papi con la sua licenza elementare si dimostra fine conoscitore della grammatica italiana: in effetti, non conosco nessuno più lontano dal mio papi di quel papi là.
Grande, anzi IMMENSO, papà tuo! Adoro quel suo fare schifato nei cofronti di "quello lì"!
RispondiEliminaQuanto alla sua solita litania, ricordati che la vita è una ruota che gira e che fra una quarantina d'anni Anita farà le tue stesse considerazioni, questa volta, però, riferite a te!!! ah ah ah
Mi fanno sempre tenerezza i monologhi dei papi di una certa età. Li faceva anche il mio, sembrava aspettare che arrivassi io per sciorinarmi tutte le sue lamentele e i suoi commentari sull'andazzo del pianeta terra. È morto nel 70. Il Berlusca era appena sbarcato da una nave dove cantava in francese; ma c'erano altri "quello là" e mio padre li conosceva tutti.
RispondiEliminaEra capace di parlare per un ora; ma non parlava più con me: il suo era un monologo a proprio uso e consumo, il mio papi parlava con se stesso.
Vuoi che ti dica una cosa? Vorrei tanto riascoltarli dal vivo quei monologhi, adesso, e non suonarmeli dentro la testa.
Vai col tuo papi, e lascialo dire. Ma ascoltalo bene, perché fra 10, 20, 30 anni tu riesca a risentirtelo dentro la testa fedele all'originale.
@ ornella
RispondiEliminasei eccessivamente ottimista, i miei figli mi considerano RINCO già adesso. Diciamo che mi porto avanti col lavoro.
@ iaco
ho imparato, da pochi anni per la verità, a lasciar dire a mio padre, a non cercare lo scontro, a tollerare le sue stramberie. A volte mi rendo conto di trattarlo un pò come un bambino piccolo, ma credo che lui, in questo ruolo, pur senza averne alcuna consapevolezza, ci stia bene: può fare i suoi capricci ma sentirsi anche protetto.
Ottimo!!! E Da oggi anche io parlerò di quello... là..
RispondiEliminaIl lì lo avvicina troppo, meglio quello là!!!
Buon tutto!
mirco
Ma mi accorgo solo adesso che c'è anche la foto del tuo papà! Ma c'è stata fin dall'inizio? Fa'che mi sono rincoglinita di brutto anch'io!
RispondiEliminaE quella alle sue spalle sei tu o una tua sorella?
@mirco, pensando agli ultimi sforzi intestinali parlamentari mi viene in mente una battuta che andrebbe bene per il tuo bel blog: leggi ad personam? e se le chiamassimo leggi della mentula?
RispondiElimina@ ornella, non sei rinco, la foto l'ho inserita ieri sera, in verità cercavo una di lui nell'orto, in mezzo ai suoi amati pomodori, ma nel mio attuale p.c. ho trovato solo questa, che sostituirò appena troverò l'altra. bye!
(quella seduta sul bracciolo del divano sono io)
Penso alle volte che con mia sorella prendiamo in giro mio padre per quanto parla.
RispondiEliminaPenso a mio padre che si è fermato alle elementari e a me, al secondo anno di Italianistica, forbita e ricercata come solo i puristi della Crusca sanno essere.
Penso, inevitabilmente, a come il mio registro si abbassi quando entro in contatto con lui.
E non mi rendo conto, che c'è un'empatia che supera confini diastratici e diafasici.
Grazie per aver immortalato un momento che anch'io vivo nella mia quotidianità, ché con la giusta distanza si riescono, al solito, a focalizzare meglio i contorni.
Welcome!
RispondiEliminaGrazie per essere passata, causticamente passata dal blog. Così giovane e scrivi già così bene? Porcaccia la miseria! Non so cosa siano i confini diastratici e diafasici, ma mi informerò. Bellissima l'ultima frase.
E' proprio vero che i maschi assomigliano alle madri e le femmine ai papà!
RispondiEliminaChe bello, comincia popolarsi questo blog! Accogliamo bene la nuova venuta, capito Iaco? :-)
non dice "uomo pallido", ma "viso pallido".
RispondiEliminavolevo dirti che, anche se sono arrabbiata e non ti parlo xkè non penso sia giusto essere sempre trattata in quel modo, ti voglio bene lo stesso... non potrei non volertene..
Anita
Me so riperso quarcheccosa, mannaggia! Avello saputo che basta da mette la frotrogafia da vecchio che tutti te se coccoleno ve ce mettevo la mia. Ma adè mejo de no, sinnò scappeno tutti dar blogghe mio. Ah Ornè, che vor dì mo sto "a capito Iaco? Voresti dì che io a questa, com'é che se chiama? ah sì "causticamente" (ammazza aho!) nun je devo da dì che certe parolone se le deve 'ncartà e portà a casa sua? Che se crede che er greco se l'è studiato solo lei? Allora, ciumachella mia, vojo esse bbono e te lo dico in italiano, pe mejo dì lo spiego a Fuma:
RispondiEliminasi tratta delle variabilità linguistiche. Quelle parole sono formate dalla preposizione greca "dia", attraverso + topos, in greco luogo, in latino stratus, e poi dalla parola greca phasis, che significa attività linguistica.
Allora diastratica è la differenziazione legata alla classe sociale (padre licenza elementare lei dottissima universitaria); diafasica è la differenziasione in rapporto alla capacità di comunicazione, al ruolo nella stessa e all'argomento.
Sei d'accordo "causticamente"? Mi fa tenerezza quando una fanciulla in fiore, impastata di dottrine, non riesce a liberarsi dei paroloni che deve usare quotidianamente mettendo in crisi la plebe. So stato bbono abbastanza Ornè?
Ah Fuma, ma che te stai a piagne e 'ncazzà! Ma nun l'hai letta la dichiarazzione d'amore de la tu fija? Che belle parole che t'ha detto, e nun fa finta de gnente, peqquelle te ce devi mette a piagne. E poi, lassetelo dì, che ber nome javete dato tu e G. "Anita" un nome antico e bellissimo.
Quarche vorta me sorprenni, stavorta tanto peddì.
Sai Anita, nella vita ci sono alcuni momenti in cui i ruoli tra genitore e figlia si invertono, come quando la tua mamma accompagna il suo papà. Con le tue tenere e salutari parole hai dimostrato di essere tu, in questo frangente, materna con tua madre, e lei in questo periodo ne ha un gran bisogno. Non sai quanto mi ha commosso il tuo commento ed immagino che la tua mamma abbia capito, come non mai, d'avere una figlia sensibile e matura.
RispondiEliminaOrmai mi capisci alla perfezione, Iaco! Ecco, un po' di ironia è più che sufficiente!:)
RispondiEliminaiaco, quando parli in romano (o romanesco?) verace sei troppo iacoso.
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