E' la luce abbagliante a imporre questo silenzio inconsueto, interrotto solo dal lamento sommesso di neve compressa da scarponi impietosi?
Guarda quegli ulivi imbiancati, sul terrazzamento: se ne stanno lì, muti, irrigiditi dal freddo e immobili, vestiti a puntino e disposti in file ordinate come un esercito davanti a un generale, rassegnati e anestetizzati come soldati prima del macello.
In cima al costone la vista spazia verso le cascine incastonate tra i boschi della collina.
E' un momento di fermo-immagine in cui tutto, perfino il respiro, sembra cristallizzarsi in un'immobilità di morte, anche solo apparente.
E' un momento che dura molto più di un attimo, il tempo per pensare che non sto guardando una cosa reale, ma un quadro protetto da un vetro.
Vorrei metterci anche il mio essere, in quel dipinto di natura in stato di morte reale o apparente, puntino rosso disperso in una distesa di bianco a contrastare una scala di grigi, ma che direbbe il pittore?
Poi c'è
-un movimento improvviso, il volo di una cornacchia
-dei rumori, una slitta che scivola dal pendìo rincorsa dall'abbaiare festoso di un cane,
-tracce di vita vissuta, orme di fagiano e di lepre.
La lepre deve essersi sdraiata nella neve, prima di rituffarsi nelle sterpaglie, è rimasta la silhouette del suo corpo adagiato e delle sue lunghe orecchie.
Grazie per questi momenti che mi è sembrato di vivere e respirare in prima persona: hai saputo condividere, con parole e immagini, una rara e preziosa magia.
RispondiEliminaUn saluto e un abbraccio.
Grazie a te del passaggio;
Eliminala magia però non era così preziosa, sembrava anzi l'opera di un mago inquietante.
Come dire, a volte sei sopraffatto da emozioni alle quali non sai dare il nome: è difficile auto-capirle, figurarsi poi condividerle. Ci ho provato, però!
"Sto guardando un quadro protetto da un vetro", vestita di rosso, come Chaperon rouge. Bellissima immagine. Questa è la Silvia che preferisco, la bucolica, la georgica, quella che riesce a sentire armonie nascoste inaccessibili a tanti; quella che annusa odori che poi riesce a descrivere e a farti sentire dentro le narici anche a te.
RispondiEliminaHo pensato: che bello se fosse sempre così tranquilla, in contemplazione della natura, ma la vita è fatta anche di tante altre cose, che non restano sospese tra il fogliame dei cipressi, a disposizione dei gufi notturni e degli uccelli diurni. La vita è fatta da tante "fetenzie", ma tu potresti almeno provare a far diventare buone cose anche le schifezze.
Ne avresti la capacità. È dal nostro primo "casuale" incontro che ti ripeto che potresti tranquillamente scrivere racconti e romanzi.
Mi sembra di ricordare che la prima domanda fosse: "scrivi libri anche tu?"
Quindi, ammettilo, che avevo visto giusto.
Un gran bel pezzo, Silvia.
Immergendoti nella natura dai sempre il meglio di te.
Complimenti per la "rara e preziosa magia", come la chiama appropriatamente Nik.
Anche lui se ne intende ed è sicuramente d'accordo con me.
Bravo hai centrato il nocciolo del post, ma non quello che c'era dietro l'immagine del quadro protetto da un vetro: non tranquillità, non contemplazione, ma solo un freddo senso di estraniamento e di distacco al quale non so dare un nome e una spiegazione.
EliminaCome vedi, ne ho ancora da fare di strada prima di potermi chiamare scrittrice.
Grazie comunque, i massaggini dell'ego fanno sempre un gran bene. :)
la prima domanda fu: "scrivi anche libri?" ... (ottima memoria, c'è solo un pronome in più)
Ti sei vista riflessa nella profondità che dava il vetro. L'unico dei miei maestri di pittura, Maurizio Vallarino, sosteneva che ogni quadro andrebbe visto dietro un vetro, per misurarne la profondità dell'anima. Aveva ragione: prova a vedere delle copie della Gioconda senza vetro e ti accorgerai della differenza.
EliminaVolevi intendere e lasciare intendere un'altra cosa? Cosa? Il distacco dalla vita, dal reale. Lo abbiamo tutti noi che abbiamo sensibilità elevata, prima o poi. È il senso dell'infinito immanente su ciascuno di noi, che altri non sentono, ma solo alcuni eletti.
Io, quando sono solo in un paesaggio simile a quello che ha ispirato te, mi sento come dentro un igloo, sotto una campana di vetro, come se il cielo fosse una parete da poter toccare con mano e tutto ruotasse vicinissimo a me e alle mie mani protese. Il bello è che io SONO VERAMENTE in grado di toccare questo soffitto di cielo e queste pareti di alberi e di montagne, perché mi trasfigura nella natura, torno alle origini, alla mia creazione, alla creazione di tutto.
Sai scrivere, Silvia; solo hai interpretato male il tuo sentire; capita a volte e sono gli altri a notarlo, sempre.
Ci sono volute 48 ore per capirlo, ma alla fine ce l'ho fatta: il distacco dal reale non era una forma di ipersensibilità, ma semplicemente il rifiuto ad accettare il problema reale che mi trovo ad affrontare.
EliminaVoler entrare nel quadro era desiderio di cristallizzarmi come quegli ulivi, di immobilizzarmi, per essere in qualche modo esentata dal prendere delle decisioni la cui responsabilità incombe su di me come un gigante.
Fa piacere avere a che fare con persone intelligenti, e le 48 ore di carica non sono un guaio, tutt'altro, rivelano un accanimento nel voler capire.
EliminaL'ho ampiamente spiegato in una mail, che non so se hai letto: esattamente quel che hai capito tu. Siamo tutti restii ad accettare la vita per quello che è e per come ci piomba addosso, allora ci costruiamo un guscio protettivo, un igloo, una corazza sotto cui star tranquilli. Capita di saperlo, cioè di farlo consciamente, ma per lo più avviene inconsciamente.
Guardando la freddezza di una natura gelida e grigia -non dimenticare il grigiore- hai visto la stessa come un quadro distante da te, ma ti sei immedesimata nel quadro.
Uno psicologo saprebbe dare un nome di sicuro a questa trasfigurazione, io no: ci arrivo diritto perché, come ti ho detto nel precedente commento, capita anche a me.
Continuiamo a vivere sereni in questo mondo di aguzzini in virtù dei nostri igloo. Ce li costruiamo da soli, ciascuno a propria dimensione, dai più semplici, come mia figlia Stefania, ai più complessi come me e te.
Complimenti per la sagacia: mi onora, vuol dire che non trascuri le parole di un vecchio katerpillar e ci rifletti su.
È un piacere sentirselo dire.
Cara Silvia scusa per il blu e del piccolo carattere del mio post sulla Sardegna, ma gli incerti del mestiere mi fanno fare anche questo come usare il blog di Soffio. Il tuo pezzo è bellissimo
RispondiEliminaBuona serata
da Civetta Canterina
Se sei già arrivata a un atto di hackeraggio quale soffiare la foto a soffio,
Eliminadirei che come neofita blogger impari in fretta! :))
Ciao e grazie!
Il silenzio della neve è davvero magico...
RispondiEliminaCiao Ernest
RispondiEliminail fatto che tu venga a commentarmi pur sapendo che a me è scappata la voglia di passare da te ti fa onore!
Sei una persona intelligente, ma questo lo sapevo già.
A proposito del silenzio della neve, anni fa dopo una passeggiata sulla neve scrissi un pezzo mai pubblicato di cui ti riporto il finale
Sarebbe bello che nevicasse ogni tanto anche nella nostra mente.
Dare un’ossigenata ai nostri pensieri, una ripulita alle meschinità, un’imbiancata alle cattiverie; vedere le cose sotto un’altra luce, notare particolari mai considerati. Soprattutto, mettere il silenziatore al nostro inutile chiasso.
Hai scritto un testo di magia, Silvia. La magia della neve che è acqua in cristalli. E' forse sta tutto lì, in questi cristalli.
RispondiEliminagrazie Alberto
EliminaBentornata Silvia.
RispondiEliminaA risentirci a presto.
Bentornato anche a te aquila,
Eliminaalla prossima allora
Sei stata brava ad evocare l'estetica intensa dell'inverno.
RispondiEliminaHa un fascino che semplicemente adoro.
grazie walking man!
RispondiEliminaSei bravo ad aprire la porta di vecchi post dimenticati ...
piace farlo anche a me con i blog che visito, perchè odio l'usa e getta :)
Beh, l'etichetta "la mia terra" non può che essere un'irresistibile attrazione per me. Grazie a te.
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