davanti al tribunale, da piccola

Si spacciava per strumento di correzione, in realtà era uno strumento di tortura. 

Mi riferisco agli apparecchi dentali degli anni 70.
Quel mostro rosa solo apparentemente innocuo, che un ignobile adulto senza nome e senza faccia ti aveva ficcato in bocca a tradimento e che ti impediva una normale vita di relazione.
Odiavo lui, il gesso, le impronte, la saliva, i conati, qualsiasi oggetto estraneo che violentava il mio stretto palato, le mani dei dentisti ma anche  i loro piedi, gli odori, e  l'intero istituto stomatologico dove papà portava me e mia sorella allo scopo di far mettere un po’ di ordine tra le fila dei nostri  denti anarchici.
Che rimasero comunque storti, forse perché a un certo punto mia madre, esasperata dalle mie continue richieste di non procedere, mi fece scrivere una "liberatoria" nella quale dichiaravo la mia ferma intenzione di non mettere più piede  in quel posto e mi impegnavo a non recriminare, una volta raggiunta la maggiore età, sul fatto che i miei genitori non mi avessero obbligata a suon di sculaccioni a curarmi quei maledetti denti.
“Vedrai che quando sarai grande te la prenderai con me!” diceva.
L'istituto stomatologico aveva un’ottima fama e vi incontravamo persone provenienti da tutt'Italia, alcuni con una tale devastazione orale da non sapere più a che santo rivolgersi.
Papà ci portava lì perché il centro era convenzionato con la Pirelli e quindi non pagavamo niente.
Fortunatamente non ha mai preteso che esprimessimo entusiasmo, né per la relativa vicinanza logistica del “sancta sanctorum” né per la gratuità delle cure.
Per arrivare all'inferno passavamo davanti a un edificio che mi sembrava enorme.
Papà mi aveva detto che era il tribunale, dove i giudici processavano la gente; ogni volta che lo vedevo mi prendeva una sorta di timore: chissà, forse stringevo più forte la mano di papà, che aveva quel modo tutto suo di tenerti per mano.
E niente, questo ricordo mi è sovvenuto alla mente ieri, quando  ho visto quella gentaglia davanti al tribunale.
Immagino che in bocca avranno tanti bei denti dritti, dato che i ricchi mica vanno in giro coi denti storti come me, che nemmeno posso incolpare mia madre per via di quel documento che ancora conserverà in qualche cassetto.