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Impiastrarsi le mani fino a quando la farina il latte il burro il lievito e lo
zucchero rinunciano al proprio ego e si arrendono all'amalgama trasformandosi
in un qualcosa di diverso e di migliore rispetto all'essenza originaria della
propria individualità;
impastare fino
a quando il tutto diventa uno e quell'uno è una meravigliosa palla arrendevole,
morbida elastica e profumata come piace a me.
Questo impasto
di oggi è così arrendevole da non imprimere alcuno sforzo ai muscoli
delle mie braccia, che fanno il loro lavoro cantando;
è così morbido
da ricordarmi la sensazione tattile che si prova ad accarezzare la pelle
di un bimbo;
così profumato
da indurmi a prendere la palla tra le mani e appoggiarla più volte al naso per
sentire l'odore degli ingredienti che hanno perso il loro aroma originario per
acquisirne uno comune, diverso, più completo, più buono.
Impastare l'
incipit di una futura delizia, dialogare con cenerentola immaginando la principessa
che ne verrà fuori, baciare un ranocchio pensando al principe.
Impastare
pensando ai fatti miei, un occhio all'orologio per ringraziare la palla con 15
minuti di coccole garantite e due occhi alla portafinestra, con la solita
collina e il ciliegio nudo, forse morto.
Sul balcone,
stamani G. ha suddiviso gli avanzi dolciari della festa di laurea in due
contenitori, per ovviare alle intemperanze di un uccello -non ricordo quale-
che prevarica un suo simile –non ricordo quale-
Al termine
delle coccole appoggio la palla nella ciotola e la lascio al caldo per un paio
d'ore, a riposarsi un po’.
Quando sarà al
massimo dell'entusiasmo, così gonfia da tendere i muscoli del canovaccio, le
darò gli ultimi ritocchi, delicatamente, e infine la sistemerò in forno.
Pregusto già da
ora il profumo che riempirà la casa, un profumo che mi ricorda antichi pomeriggi
domenicali passati a fare dolci con
papà.
Sarò certamente degenere, mai io compro tutto già bell'e fatto! :-)
RispondiEliminameglio per te, hai più tempo per fare cose più interessanti.
Eliminala mia è una questione di imprinting: credo di aver imparato cosa fosse una gastronomia solo in età adulta.
tutt'ora, se porti mia madre al ristorante, ti calcola in tempo reale il costo del tal piatto partendo dai singoli ingredienti.
ti dice: io a questo prezzo ne avrei preparate dieci porzioni!
insomma ti fa scappare la voglia di mangiarlo.
brava, scrivi anche un bel post in cui dici che stirare ti rilassa.
RispondiEliminagià fatto!
Eliminalo scrissi anni fa, è nelle bozze.
se non ricordo male iniziava così:
"stiro. stiro pile di camicie, e guai a chi me le tocca."
Anni fa pubblicai un post sulle mani delle donne. Poi continuai e qui siamo in altro ambito, bello bello.
RispondiEliminaRicordi quella rivista, "mani di fata"? L'ho sempre odiata perchè ho sempre odiato i lavori di cucito e affini che mi venivano appioppati da piccola, con l'unico risultato di farmi sudare le mani e combinar mega pasticci.
EliminaCredo che non ci siano differenze di genere x y nelle abilità manuali ...
pensa agli artigiani, categoria nella quale ci metto anche gli artisti ...
anche adesso che non siamo più ai tempi di artemisia gentileschi e del suo padre padrone, vedo più artisti maschi che femmine ... o mi sbaglio?
Da piccolo passavo ore a guardare mia nonna che impastava l'impasto per le "pizze di pasqua", una vera leccornia. Lei dopo metteva tutto l'impasto in un recipiente di ceramica molto capace (mi pare da 25 litri) ed allora io e mio fratello eravamo delegati a sparare pugni sopra l'impasto perché sembra che quel metodo aiutasse la pasta a salire. Io ci facevo i sogni pensando a dove sarebbe potuta arrivare salendo. Rimaneva un intera notte coperta da una coperta di lana molto spessa e l'indomani mia nonna, che era una cuoca diplomata, la tagliava in pezzi, la metteva dentro gli stampi e la portava al vapoforno. Lì un lavorante ci passava sopra un pennello imbevuto nell'uovo, compresa la chiara, che dava la brillantezzaalle pizze come fossero state laccate. L'odore che emanavano valeva da solo l'intera fatica.
RispondiEliminaLasciami dire che a questo punto mi vengono in mente gli impasti dei colori coi media per farli diventare semisolidi, impasti che quasi tutti i pittorelli fanno aiutandosi con una spatola e che Iacoponi ha sempre fatto con le mani, per entrare nella materia, per creare come dal suo corpo e dal suo sangue. È una sensazione meravigliosa. Questo capita anche con gli acrilici, che aiutati dalla pasta diventano a tutto corpo anche sulla tela e meglio su cartoncino. Ne ho spedito poco tempo fa uno tutto sull'azzurro ad una persona amica. Quel quadro, che è uno dei meglio usciti dalla mia bottega e che io amo in modo particolare, è stato dipinto non con pennelli né con spatole, ma distribuendo gli impasti, uno tenerissimo e uno più duretto, sulla superficie bianca del cartone col palmo della mano destra. Ci ho veramente messo dentro del mio.
Impasto, impasto, impasto. Cjhe bella parola.
E' una bella parola sì, ma gli ingredienti si devono amalgamare, altrimenti l'impasto diventa un impiastro. E quando gli ingredienti non vogliono saperne di amalgamarsi per incompatibilità di carattere o di altro ...non c'è mano maschile femminile o santa che li possa convincere.
EliminaLe pizze di pasqua di tua nonna dovevano essere delle cose da far risorgere i morti!
E quel pungiball che scaricava le emozioni negative ... ti servirebbe anche ora che è passato del tempo!
Queste pizze di pasqua mi intrigano, proverò a cercare la ricetta.
Io alludevo agli impasti di colore. Lì conosco tutti gli ingredienti e le esatte quantità. Non ho problemi. Se l'amalgama funziona per lungo tempo, diciamo quattro anni, laddove si è trovato sempre una valorosa pezza da mettere ad ogni frattura di impasto, mi sembra che la logica dica che gli ingredienti magari stanno un po stretti o larghi ma l'imüasto regge, purché non sia sempre la farina ad essere aggiunta; magari ogni tanto un'aggiuntina di acqua o di un rosso d'uovo farebbe bene. Non ti pare?
EliminaQuel pungiball non scaricava emozioni negative (avevo sei anni Silvia e non c'era proprio niente di negativo in me) ma gioia. Mi servirebbe adesso un po' di quella gioia, credimi.
La ricetta era a base di farina 00, un chilo; quattro uova; un pizzico di sale, ma proprio una punta; poco zucchero, forse 50 grammi; anice in polvere, una ventina di grammi;
finocchio seccato, altri venti grammi; 50 grammi di cannella. Mi pare tutto. Ma tu controlla: pizze di pasqua a Roma e provincia.
Scusami, avevo dimenticato un ingrediente importante. Nonna ci metteva la gioia di vederci così contenti, me e mio fratello, che la facevamo diventare matta per tutto l'anno, se ne dimenticava perché ci vedeva allegri e contenti, e cercava di aumentare la nostra felicità. Non era una santa mia nonna, ma applicava alla lettera il principio evangelico "ama il prossimo tuo come te stesso".
EliminaIo l'ho rettificato: ama il prossimo tuo più di te stesso. Infatti io non mi amo.
Chi non ama sè stesso non può nemmeno amare gli altri
EliminaIo non mi amo esattamente in questo momento. Ho imparato ad amare da piccolo da mia madre e non ho mai dimenticato come si fa. Si capisce che mi amo, ma ci sono momenti come questo che mi darei calcio nei denti. Mi affido alla mia capacità di inventiva, vedrai che risuscito.
EliminaMolto bello il tuo post, pieno di sensazioni, odori e ricordi.......
RispondiEliminaEmi
Grazie emi :)
EliminaTu sei la blogger che fa quelle belle foto vero?
Ecco, ce ne voleva una tua, al posto della prima trovata sul web.
Il singolo che prende la forma del tutto. Sa un po' di resa, ma in fondo anche l'acqua prende la forma del recipiente. E mica bevi il recipiente.
RispondiEliminaE' una cosa che viene bene in ambito culinario.
RispondiEliminaIn quello antropologico è molto più difficile.
La persona sedano non vuole rinunciare alla sua sedanilità per mischiarsi con la persona carota e la persona cipolla, e così la società deve accontentarsi di un ragù senza soffritto ... insapore.
Post bellissimo. Se impasti come scrivi, invidio coloro ai quali il tuo impasto, uscito dal forno, delizierà le loro papille gustative.
RispondiEliminaMa graaaazie Guido!
EliminaIn effetti nessuno si è lamentato quel giorno di quel che è uscito dal forno :)
Tutti questi post di cucina, ma io non so mica se crederti o meno
RispondiEliminaFacciamo così, se tu mi invii una o due fette della tua prossima creazione io poi ti ricompenserò inviandoti un po' di camicie da stirare :-)
Credici.
RispondiEliminaProponi quel che si chiama uno scambio equo :)
equo e solidale !!!!!! :-)
EliminaPiù solidale che equo!
EliminaApoteosi estetica, celebrazione di spirito e sensi.
RispondiEliminaUh che meraviglia! :)
Prima o poi comprerò pure io un forno come si deve a casa...
perchè, che forno hai?
RispondiEliminaquello da campeggio o quello ad alcool?
Ora "viaggio" con un microonde combinato (con griglia) che, seppur molto buono come prestazioni e qualità ha, come tutto questo generi di forni, fortissimi limiti.
EliminaAspetto con l'acquisto perché lo vorrei fare contestuale a farmi fare la cucina e per questo
Aspetto di finire di pagare il mutuo (ancora qualche anno), visto che ho progetti quasi... "deliranti", ahaha, ovvero di una cucina fatta come voglio io da un maestro artigiano delle mie parti che fa delle cose pazzesche ma non così a buon mercato, diciamo.
Insomma il forno lo dovrò sistemare nel contesto della nuova cucina (quella attuale è provvisoria).
Il forno a microonde lo uso solo per la colazione, per riscaldare piatti pronti, per sciogliere burro o cioccolato, ma quasi mai per cuocere, a parte alcune verdure al vapore, nel caso me ne serva una piccola quantità.
RispondiEliminaIl forno elettrico lo uso per il pane, le torte salate, la pizza alta.
Ho poi un terzo fornetto, un marchingegno artigianale assolutamente fuori norma che uso per pizze "modello pizzeria" e piadine.
Insomma, ho di che divertirmi :)
Sei triplicemente ri-fornita! :)
EliminaQuesto post mi sembra molto ben amalgamato. L'hai impastato che è una bellezza :O
RispondiEliminaAl
Pistacchio di gugol!
RispondiEliminaCiao, grazie!
Ma perchè commenti come anonimo invece che come pistacchio, che è più simpatico?
ricordo un tempo lontano in cui facevo la pasta del pane per i panini della domenica ... c'è una teoria sullo sviluppo della civiltà in base alla manipolazione della pasta ... non so quanto sia vera ma è cmq affascinante
RispondiEliminaNon ho ben capito su cosa si basi questa teoria, ma tant'è.
RispondiEliminaPuoi sempre tornare alle buone vecchie abitudini: anch'io non facevo più l'autoproduzione di pane da tempo, e adesso ho ricominciato.
Mi hai dato un'idea, potrei fare del pane alla salvia in cassetta per stasera ... ora vedo.
p.s. ma dove eri finito?