martedì 25 maggio 2010
i fantasmi operosi di savogno
Sto imparando a postare filmati e questa è una prima prova, realizzata con le foto dell'escursione di sabato. Forse un pò troppo lungo, sicuramente il finale è un pò brusco. Faremo meglio la prossima volta.
I miei polpacci al momento della scarpinata-via-scalinata non hanno brontolato, ma ora mi chiedono: quanti cavolo sono i gradini che portano in quel paese di pietra? C'è da dire che tra domenica e lunedì hanno avuto momenti di pietrificazione anche loro. Ieri sera ho cercato su google: 2886, se non ricordo male.
Ma quello che mi ha colpito di più è stata la definizione di Savogno come "paese fantasma". Non so se lo sia stato in passato, sicuramente ora non è così. Altrimenti vorrebbe dire che i fantasmi sistemano le balconate di legno - di legno i balconi, di pietra le case-, abbelliscono una scala di sassi con vasi di fiori, mettono cibo sulle mangiatoie, allevano asini e capre. Ascoltano la radio dentro case che dall'esterno immagini invitanti per la frescura che trattengono, appendono cartelli della serie "attenti a quei due", lasciano in giro secchi da muratore. Certo che per pensare di vivere anche solo saltuariamente in un paese dove per arrivarci devi fare migliaia di gradini bisogna essere un pò dei fantasmi, in senso di leggerezza delle membra e delle abitudini.
Non si vede l'incuria dell'abbandono, a Savogno, e non si respira la cappa della solitudine. Solo rumori di risveglio sommesso, come un fantasma che ritorna in vita in punta di piedi, si guarda intorno incredulo, soffoca uno sbadiglio, prova a emettere la propria voce disperdendo echi che subito la natura d'intorno assorbe.
Il fantasma di un paese che ritorna a vivere.
Ciao Pimpa
RispondiEliminabellissime immagini e bellissima atmosfera che si respira anche attraverso il video
un saluto
ciao e grazie
RispondiEliminaCiao Pimpa,
RispondiEliminaio in quel paese non potrei viverci, perchè c'è da fare tanta strada per arrivarci.
Però, una volta lì, potrei pensare di rimanerci per sempre.
Ero enne, adesso ho cambiato casa. Appunto.
nicbellavita, sibillino il tuo commento, ma lo capirò, prima o poi, forse, mai, chissà....
RispondiEliminaciao
Reduce da una pessima avventura, apro il tuo blog e ci trovo questo post su un paese fantasma. Sembra fatto apposta: se mi fosse andata un po' peggio avrei potuto andarci ad abitare io in questo Savogno; ad ascoltare la colonna sonora di Cristoforo Colombo e a contare i 2886 scalini dove ti si sono marmorizzati i polpacci.
RispondiEliminaLo farò la prossima volta, quando la buena suerte mi avrà abbandonato, perché tutti quegli scalini preferisco farli volando piuttosto che saltellando sulle punte.
Ciao iaco, che piacere risentirti, spero che la tua pessima avventura sia stata niente più che un inciampo in un gradino e che ora tutto si sia risolto per il meglio.
RispondiEliminae come canta Bruce Springsteen
… stay hard, stay hungry, stay alive if you can
(Tieni duro continua a desiderare, resta vivo Se puoi)
Ho riletto con calma il tuo bellissimo post.
RispondiEliminaC'è vicino Bracciano (Roma) un paesetto, che è rimasto come forse era una settantina di anni fa: ci sono solo vecchietti, ad estinzione.
Ci andavo spessissimo, quando stavo laggiù. Adesso chissà quanti pochi vecchietti saranno rimasti.
Pensa le porte delle case col legno lavorato a mano, come ai bei tempi antichi.
Le cose che oramai abbiamo dimenticato, come la penna col cannello e col pennino che si infilava e che ti sporcava sempre le mani, colla boccetta dell'inchiostro col tappino di sughero; come la posta con i francobolli, scritta a mano, magari con quella penna, oppure -ancora meglio- con una penna stilografica Aurora.
E le vecchie care cabine telefoniche coi telefoni a gettoni? Sentire il clik delle monete che cadevano dentro quasi ogni secondo -se stavi lontano- e magari ricevere una telefonata da una voce amica che desideravi tanto sentire, andarsene via dopo un po' per mancanza di monete, e restare ad aspettarla poi per una mezzora inutilmente, magari perché non aveva trovato le monete giuste. A me sembrava che la voce da quei telefoni arrivava più calda, più squillante.
Sono quelle cose che magari ti arrivano in un momento in cui sei proprio abbacchiato e giù di fisico e di morale, e che il morale -almeno quello- te lo rimettono in ordine.
Proprio vero: il nostro mondo, quello dei vecchietti impenitenti era molto, molto, molto più romantico di questo qui.
anche la mia prima penna stilografica era un'aurora, me l'hai fatto ricordare tu, grazie, me ne ero proprio dimenticata.
RispondiEliminabello il tuo accenno alle cose dimenticate, non poi del tutto, per fortuna, se c'è ancora qualche nostalgico che le usa, e che scrive l'incipit di una lettera descrivendo la sensazione tattile del foglio e della penna e assaporando in anticipo il piacere che proverà il destinatario di questo antichissimo mezzo di comunicazione, che speriamo non si estingua mai