Domani tuo padre deve iniziare una terapia di lasix in
endovena.
Dopo peripezie degne di indiana jones sei riuscita a
contattare un infermiere disposto a venire a domicilio a pagamento, ma ti serve
la medicina, che il tuo medico tutto il tempo che aveva d'ammalarsi, va a
scegliere proprio oggi.
Devi procurarti ad ogni costo la ricetta entro
stasera, perchè domani è sabato e i medici di base non lavorano e l'infermiere
arriva alle 9 e devi prima passare in farmacia a comprare quelle malefiche
fiale.
Devi assolutamente essere nell'ambulatorio del
sostituto prima dell'orario di chiusura, che alla linea disturbata del telefono
hai capito essere le 20.
Sono le 19 e 30, piove ed è buio; il navigatore non
prende il satellite, poi lo prende ma ti manca il numero civico, hai il
cellulare senza credito, trovi la via, chiedi dove sta l'ambulatorio del
doc ai pochi passanti frettolosi e infreddoliti, alle macchine in
procinto di parcheggiare, ai lampioni spenti, e nessuno che si mette d'accordo,
nemmeno su un punto, manco avessi chiesto di formare un governo.
Chi ti dice che hai sbagliato paese (figurarsi!), chi
ti chiede se non hai visto un ponticello (con questo buio?), un ragazzo nero ti
vuole spedire nell'ambulatorio che sai bene non essere quello giusto,
dato che l'ultima volta ci sei stata a fare il tagliando (è così che le mie
colleghe chiamano la visita dal gin)
ti imbatti perfino in uno che chiama
"collinetta" una salitina (un altro ragazzo nero) (ma quanti neri ci
sono in questo posto?), mentre due vecchietti (bianchi) fuori
dall'osteria sostengono che devi tornare indietro e non ascoltare i neri -che
non capiscono un cazzo-
... Senza dimenticare chi ti fa i fari perchè ingombri
e chi ti chiede: "il dottor cheeeeee????"
Alla fine lo trovo: un attimo dopo aver avuto paura di
scoppiare in un pianto isterico, un attimo prima che la cosa si verificasse.
Nella sala d'attesa il navigatore buttato a malo modo
in borsa decide di emettere suoni disarticolati.
Taci tu, che non mi sei servito a niente, gli
urli, e poi tiri un sospiro di sollievo, ma di questo te ne accorgi solo adesso.
a volte mi chiedo chi farà tutto questo per me, quando sarò vecchio .... (un vecchio egoista ovvio)
RispondiEliminase oltre a immaginare un futuro da vecchio egoista vivi un presente da giovane egoista ...
Eliminatemo che non ci sarà nessuno a prendersi cura di te;
se invece oltre a immaginare un futuro da vecchio altruista vivi un presente da giovane altruista,
temo che sarà lo stesso!
dai scherzo
(però neanche tanto)
beh, di mio padre ho parlato nell'ultimo post che hai commentato....ti capisco, sai?
RispondiEliminaMmmm ... ne dubito, dato che hai detto che tuo padre sta bene, almeno fisicamente.
EliminaNon è facile capire il livello di stress legato all'assistenza di genitori non più autosufficienti, anzi, finchè non provi è impossibile.
Indiana Jones avrebbe cambiato mestiere...
RispondiEliminacome dicevo a francesco, la vita di figlio a volte è veramente dura.
Eliminaci sono momenti in cui vorresti cambiare mestiere, abdicare alla tua condizione di figlio.
Mi riporti indietro ai miei verdi anni, quando ho dovuto lottare una notte intera passando da ospedale a ospedale di Roma, in tutto otto (in lettere maiuscole perché si legga bene OTTO)ospedali distribuiti dentro Roma, a fianco di un vecchietto amabilissimo che guidava un'ambulanza e mi diceva cosa dovevo dire all'accettazione. Non lo voleva nessuno. Ora ricordo di avere preso per il collo un medico di guardia del San Giovanni, di essermi spaccato una scarpa prendendo a calci un muro, quella notte, dalle 23 alle 5 del mattino siamo approdati al San Camillo e con una serie di bugie ho piazzato la mia merce.
RispondiEliminaPapà non è morto quella volta, ma dieci anni dopo, ma io di quella notte da incubi non mi sono più dimenticato. E come potrei?
Non è questione di "quella volta che".
Elimina"quella volta che" la recuperi, te ne fai una ragione.
Di "quelle volte" ne potrei riempire un libro titolato "al pronto soccorso con papà": ci starebbe perfino ad hoc un racconto (PULP)(piacerebbe a mozzz) di "quella volta che" si tagliò la coscia con una circolare, arrivando a un centimetro dal tendine solo perchè miracolosamente la lama si inceppò nella stoffa dei pantaloni;
in quell'occasione ebbi a che fare con un paio di medici -quello del pronto soccorso incompetente e puzzolente, quello di reparto meno straccione ma assai più cafone, che sulla pelle di papà ne combinarono peggio di bertoldo!
quello fu un ricovero allucinante, per tante ragioni impossibili da scrivere.
ma come dicevo, non è questione di "quella volta che".
è questione di quotidianità, capisci?
Cavolo se capisco! Io quella quotidianità con mio padre l'ho passata direttamente accanto a lui (e a mia madre che soffriva quanto e più di lui) per oltre dieci anni, e indirettamente, stando al telefono quasi ogni sera, da casa mia, Torino o Milano o Treviso che fosse, fino a un epilogo straordinariamente veloce, troppo veloce, che non auguro a nessuno.
EliminaNulla c'è di peggio che assistere impotente al declino di un uomo che hai visto fortissimo e imbattibile, e non poterlo minimamente aiutare.
mio padre non l'ho mai visto fortissimo e imbattibile, tutt'altro.
Eliminal'ho sempre visto ... come la personificazione della esasperazione o della contraddizione: prepotente con mia madre, ma allo stesso tempo dipendente; generoso e affettuoso con noi figlie, ma con momenti di impulsività e imprevedibilità; idealista e irrazionale; temerario fino all'incoscienza; in perpetuo stato di precarietà sul versante emotivo.
Insomma, mi ha dato tanto, ma non certo un senso di sicurezza.
Lo descrivi bene, come se tu avessi davanti agli occhi gli aspetti imprevedibili e irrazionali di un altro padre, magari adottivo, che potrei essere io. Nei miei aspetti "non positivi", mi ci riconosco:
Eliminaprepotente e in fondo dipendente -come ogni marito- con la madre dei miei figli; generoso e affettuoso, ma dal loro punto di vista, qualche volta impulsivo e certamente imprevedibile, sempre, ma questo è il vantaggio dell'essere artisti, non c'è monotonia accanto a me; temerario sì ma non fino all'incoscienza, soprattutto se la temerarietà potesse coinvolgere altre persone a me care; assolutamente non precario sul versante emotivo, ma solidissimo.
Allora? Sono forse da considerare un debole perché sono riuscito a rimanere me stesso fino a oggi, o non piuttosto uno dei pochi che ancora è degno di chiamarsi uomo su questo pianeta per quella identica ragione?
E lui, con la sua precarietà è da considerarsi un debole?
Forse parli così perché non hai un altro padre, magari manesco, magari menefreghista. Capita di vedere il meglio fuori di casa propria e di non accorgersi di avere a disposizione una buona cosa, magari snobbata perché per abitudine nemmeno te ne sei accorta.
Tientelo così com'è, che poi comunque lo rimpiangerai.
Se il dottore mette fuori una insegna lo fa a spese sue
RispondiEliminama siccome la maggior parte sono di braccino corto
non lo fanno mai
e pensare che portano a casa circa 6000 euri al mese,
un paio di cento per una insegna gli ci scapperebbero.
a dir la verità l'insegna c'era, sul cancello del palazzo, ma come potevo vederla dalla strada? l'ho vista solo quando mi sono fortunatamente fermata proprio lì davanti per chiedere a delle signore che stavano uscendo dalla casa di fronte.
Eliminaepperò hai ragione: ricevono un lauto stipendio e si lamentano anche.
adesso non ho capito come è andata a finire quella proposta della reperibilità festiva ... in niente, come al solito, temo.
risolta nel modo più facile non la vogliono fare
Eliminaquesta è gente che ha voluto anche l'idennità per il lavoro al computer
anche molti altri lavoratori non vorrebbero certe novità, ma gliele fanno mandare giù con l'olio di ricino.
Eliminaè che certi lavoratori sono più uguali di altri.
In queste occasioni, come hai ben descritto,ci si sente impotenti: affidati alla fortuna,alla casualità o alla fortuna di trovare persone che facciano bene il loro lavoro.Magari si potesse scegliere di non avere bisogno nei week end e nelle festività... speriamo che passi la sacrosanta reperibilità 24 su 24.
RispondiEliminail 15 agosto del 2011 mia cognata telefonò alla guardia medica per mio suocero che aveva un forte mal di orecchie.
Eliminail medico le disse che non poteva uscire e avrebbe dovuto portarlo in sede.
mia cognata fece resistenza, dicendo che l'anziano camminava a fatica, ma non ci fu verso. così lo portammo io e mio marito.
al nostro arrivo il medico si materializzò sulla soglia dell'ambulatorio, come se ci stesse aspettando, e alla vista della deambulazione del soggetto non trovò di meglio che apostrofarmi con un: "stia attenta, lo tenga!"
"pirla, hai capito perchè ti chiedevo di venire a domicilio?" gli risposi.
(ovvio che glielo dissi col pensiero)
Complimenti perché sei stata davvero una Indiana Jones, altroché.
RispondiEliminaSei incappata pure nel conflitto razziale! XD
Bhe, ora come va?
Moz-
male!
Eliminaoltre a non perdere liquidi, rompe.
di giorno rompe e dorme, di notte rompe e parla.
mia mamma è esaurita, non dorme da settimane e oggi le abbiamo preparato il letto nell'altra camera.
Mh cazzarola...!
EliminaBeh dai, tenete duro!
Moz-
Secondo me se lo metti davanti ad un qualsiasi telegiornale si alza e corre davanti a montecitorio, altro che lasix, gli piscia in testa tanta di quell'urina che per qualche annetto è a posto. Ciao Si, tieni duro, un abbraccio.
RispondiEliminaavrei dovuto portarlo davanti al tribunale di milano ieri, come lui portava me da piccola.
RispondiEliminatengo duro, non c'è alternativa.
Ah ... abbraccio!
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