Percorrere a piedi quelle strade lungo il fiume da lui tanto amato è come attingere sostanze nutritive dalle mie radici.
Il sole negli occhi mi costringe a camminare a testa bassa, senza tuttavia perdere i punti di riferimento del passato.
Nelle acque del fiume si riflette la lunga e severa sagoma della filanda dove nonna Emma si sfiniva, come se tre figli e un bambino a balia non bastassero ad ammazzarla di lavoro.
Quando morì di fatica e di miseria aveva solo 31 anni. Di lei conosco solo il viso, ritratto a carboncino in modo magistrale da un orfanello degli artigianelli che i suoi genitori avevano accolto in casa.
In centro paese c'è il castello dove in tempo di guerra stazionava una guarnigione militare e dove papà, primogenito e orfano di madre, con il padre in Germania, andava a prendere l'avanzo della minestra. Suo nonno Andrea diceva che era buonissima.
A nonno Andrea ogni tanto capitava di dover salvare -o ripescare- dei disperati che cercavano la morte nelle acque del fiume, che in quel tratto era infido. “Nem a negà” si dicevano, questi disperati, e non sempre erano parole dette tanto per dire.
Non so dove fosse stato posizionato il tavolo sul quale adagiarono un giovanotto ripescato dal fiume ancora vivo, rimase su quel tavolo fuori casa un giorno o due prima di morire; papà diceva che dopo quel fatto quando andava al gabinetto gli prendeva la paura perchè passando da quel posto se lo vedeva sempre davanti.
Percorro il burg di tater dove papà si nascose per la vergogna quando fu bocciato in quarta elementare, presumibilmente per il comportamento, e arrivo alla casa sul fiume di suo cugino Rico.
Rico nacque con una malformazione cardiaca che non gli impedì di fare il pescatore ma, secondo babbo, gli precluse il matrimonio, e dato che papà considerava il celibato una disgrazia, questo cugino gli faceva pena e ogni volta che andavamo a trovare il nonno al ritorno dovevamo fermarci per un saluto anche da lui; in realtà si trattava solo di un saluto dal finestrino della seicento direttamente alla finestra della sua casa, che dava sulla strada, o alla barca.
Qui c'è la corte dove papà abitava con i nonni e le zie materne prima di trasferirsi nell'ex filatoio, lì la finestra dalla quale si buttò per sfuggire all'ira della zia Rosa, che non voleva lasciarlo leggere.
Grande protagonista del paese è il ponte, che non ha perso la sua bellezza nonostante abbia compiuto cent'anni. Fu percorrendo quel ponte per andare alle quarant'ore che babbo si beccò una pallottola nel polpaccio, sparata a caso da fascisti che stazionavano sull'argine. Il cavallo davanti a lui stramazzò al suolo, papà si salvò. Forse fu in quel momento che decise di non andare più in chiesa e diventare comunista.
Ancora un po' di strada -un tempo sterrata ora asfaltata- ed ecco la strana casa di papà, il famoso Toffo, tanto amato e tanto odiato. La struttura del filatoio è rimasta intatta, anche l'edicola della Madonna inglobata nel muro e i tre scalini che portano all'ingresso.
Manca il nonno Luigi seduto sulla panchina fuori casa, il suo sorriso riconoscente per la nostra visita domenicale e le galline che entrano in casa insieme a noi, starnazzando.
Il fiume non si è ancora stancato di correre nonotante siano passati 50 anni.
Su quella piccola ansa fuori casa lo zio Umberto ci insegnava a far rimbalzare i sassi scegliendo quelli più piatti. Un giorno un fotografo di cartoline ci fece una foto mentre raccoglievamo margherite.
Al ritorno allungo la strada per passare dalla casa del dottor Losa, un caro amico col quale papà litigò di
politica per tutta la vita. Negli ultimi anni, quando non guidava più, mi
mandava a portargli ceste di ciliegie o di primizie dell'orto, che preparava
lui stesso con un senso estetico degno di una natura morta caravaggesca.
Negli anni degli scandali berlusconiani papà gli aveva fatto leggere alcune mie lettere aperte e lui si era molto complimentato con me, pregandomi di recapitargli altri futuri scritti.
Mi piacerebbe salutarlo, ma è ultranovantenne e temo di disturbare.
Negli anni degli scandali berlusconiani papà gli aveva fatto leggere alcune mie lettere aperte e lui si era molto complimentato con me, pregandomi di recapitargli altri futuri scritti.
Mi piacerebbe salutarlo, ma è ultranovantenne e temo di disturbare.
Pericolose queste incursioni nel passato, almeno per me. Ricordo che quando ero piccolo accompagnai mia nonna a Laveno a rivedere la sua casa in riva al lago... un flash back continuo povera nonna.
RispondiEliminale galline che ti vengono dietro quando entri in casa fa molto, ma molto casa di campagna in estate...
La casa del nonno era casa di fiume più che di campagna.
RispondiEliminaErA una casa cosi disagiata che a un certo punto Le tolsero l'abitabilità.
Le galline entravano perfino in cucina.
Te ne stavi lì seduta sulle ginocchia di babbo a bere alcolici e tutto a un tratto una gallina fin troppo intraprendente ti volava sopra la testa!
Bel post (che suona come bel posto)
RispondiEliminaAhah è vero. È davvero un bel posto, mi piacerebbe viverci. Gli scarrafoni miei stanno cercando casa, speriamo la trovino lì!
RispondiEliminaSe penso alla vita dura che facevano queste persone, noi al confronto siamo dei principi! Ed era solo ieri!
RispondiEliminaVero, Sara. Le nonne a quei tempi... sentirsi magari dire da un figlio: mamma, ho fame! e non avere neppure un tozzo di pane per lenirla.Come sempre i tuoi post, cara Silvia, mi destano una marea di ricordi malinconici addolciti dal tempo e dalle condizioni di privilegio che viviamo, nonostante lo sfacelo di cui purtuttavia ci lamentiamo attualmente.
RispondiEliminaSarà ha ragione, era solo ieri che si moriva di miseria, di guerra, di stenti, di lavoro duro. Purtroppo i testimoni viventi se ne stanno andando e si farà fatica a crederci.
RispondiEliminaMi piacerebbe intervistare i vecchi, fare dei video testimonianza, ce l'ho in mente da tempo ma non lo faccio mai.
Guido, perché non racconti i tuoi ricordi? Sarebbe bello condividerli !
RispondiEliminaCiao Silvia e piacere di conoscerti :-) Grazie x essere passata dal mio blog, torna quando vuoi, sarai sempre un'ospite gradita ^_^
RispondiEliminaA presto e buon anno <3
La zia Consu
...mi è parso di passeggiare assieme a te in paese...vedere e salutare le persone che hai descritto ...
RispondiElimina@semola
RispondiEliminaGrazie, lo prendo come un bellissimo complimento al post.
Buon anno@@@@
@Consuelo
RispondiEliminadomani proverò a cucinare i tuoi ravioli di patate!