venerdì 13 maggio 2011

... e le stelle ci stavano a guardare

La luce se ne sta andando alla chetichella, ma quando passa il testimone alla luna ella è già lì da un pezzo, col piglio deciso e un pò prepotente di un amante impaziente e il viso luminoso circondato da un velo rosa evanescente. Mi tocca abbandonare la lettura,  poggiare il libro sul balcone, avvolgermi nel plaid caldo verdone regalo graditissimo delle mie amiche e chiudere gli occhi. Sonnecchiare rannicchiata al chiarore di una mezzaluna, con il freddo che  entra negli spiragli del caldo verdone, mi riporta al senso di libertà che ho provato ogni qualvolta ho dormito  all'aria aperta, nel sacco a pelo, con  il cielo al posto del soffitto,  un falò a darmi calore, la luna a fare da  abat-jour .... e le stelle che ci stavano a guardare.

La prima volta fu con i miei amici storici, la notte di Pasqua, in cima alla collina. 
Freddo e nuvole, umidità ed entusiasmo per la novità, i rumori  del bosco, e quel misto tra paura e sfida alla paura tipico dell'adolescenza. La luce del fuoco illuminava a intermittenza il volto di A., mentre  le  mani che strimpellavano le corde della chitarra erano nell'ombra. 
Al momento della nanna i ragazzi si offrirono di fare i turni per la cura del falò, e noi ragazze tirammo su fino al naso la cerniera dei sacchi a pelo. Al mattino, all'apertura della stessa, mi accorsi di aver dormito con un millepiedi.
E poi nelle ferie del 1980, io, G. e un amico al quale dovevamo dare un passaggio fino a Parigi. Dopo un giorno di viaggio non ci eravamo ancora arrivati, alla metropoli, perciò ci fermammo a dormire in un campo coltivato. All'alba fummo svegliati da un contadino trafelato, che in un francese che nessuno conosceva cercò di dirci -o così capimmo noi- che eravamo dei pazzi, perchè c'era in giro uno sgozzatore. (il gesto era inequivocabile) (ci credetti  per anni, ora penso che volesse solo minacciarci: che non vi venga in mente di dormire qui anche stanotte!)
E quella volta  in viaggio verso le marche, quando ci fermammo a dormire in spiaggia a Rimini, col sottofondo della risacca ad accompagnare il sonno consumato su dei comodissimi lettini,  levando le tende all'alba per non correre il rischio di venire malamente cacciati. 
La sera seguente invece passammo la notte in un parco pubblico sopra Urbino, dove -mi fu riferito al mattino-  si svolse  un bell'andirivieni di spacciatori per buona parte della notte.
E faccio un passo indietro per quella volta in montagna, estate 1979, con il gruppo speleo, avevamo piantato le tende ma qualcuno disse dài chi dorme fuori con me? e così facemmo, con le acque del fiume a fare da colonna sonora, sotto un cielo che perdeva le stelle, ma io non le vedevo perchè mica nel sacco a pelo ti porti gli occhiali, però c'era un ragazzo gentile -non ricordo chi- che mi avvisava e mi diceva: esprimi un desiderio!! .. e io lo esprimevo, ed era sempre quello.

6 commenti:

  1. Non amo particolarmente i sacchi a pelo, troppo scomodi. Ricordo di averne fatto uso solo una notte, a Piazza San Marco, proprio sotto il campanile, che una volta venne giù. Quando lo venne a sapere mio zio, che abitava in un bell'appartamento del Sestriere di Castello, per un pelo non mi metteva le mani addosso.

    PS: Quando esprimevi quel tuo desiderio senza occhiali si trattava per caso di questa invocazione:
    "Dio buono, ti prego, fammi passare la voglia di sacco a pelo"?

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  2. Il sacco a pelo profuma di canfora e di avventura,e non è passato molto tempo dall'ultima infilatura: a luglio di due anni fa, in campeggio in una valle svizzera: faceva così freddo che mi ci infilai vestita; volevo tenermi addosso anche il piumino ma così non si chiudeva la cerniera.
    quindi temo che non hai indovinato a proposito del desiderio ;)

    A saperlo, dello zio!!
    Gli avrei chiesto ospitalità quella sera che io e mia sorella, 15 e 16 anni, ci trovavamo a venezia, con due sacchi a pelo e zero grana.
    il nostro progetto iniziale era di dormire in stazione, ma cambiammo idea alla vista di certi brutti ceffi.
    All'imbrunire vagavamo in quel della giudecca senza sapere chefaredoveandare, quando, di lontano, scorgemmo ....
    :))))

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  3. Penso che fosse d'estate, anno 1978 più o meno. Mio zio era sempre a casa sua in Calle del Forner del Sestriere Castello. Vi avrebbe ospitato, bastava che tu gli avessi detto che trenta anni dopo, più o meno, avresti diventata amica del suo nipote prediletto.
    Ma che diavolo andavate a cercare sulla Giudecca? Chi avete visto? Foste state in inverno avrei pensato a un pinguino. Già, i veneziani chiamano la Giudecca l'isola delle foche, per il freddo che ci fa nei mesi invernali e per il ghiaccio.
    Vi è sicuramente andata meglio, vagabonde.

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  4. Riflettendo bene il tuo desiderio di quella sera di stelle cadenti in assenza di occhiali avrebbe potuto essere:
    "Dio buono, fa che sto pirla la faccia finita e mi lasci dormire".
    Potrebbe essere, Yedidì?

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  5. Ci hai azzeccato, ma come hai fatto? Abbiamo avvistato veramente un pinguino! Un pinguino femmina, per la precisione.
    Una rassicurante, disponibile e generosa pinguina, che ha ospitato in convento due anime perse, alla modica cifra di ... un'offerta.
    Tenera suorina!

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  6. A Sacca Fisula! Certo che ci sono le pinguine, anche grassottelle. Allora poi avevano le gonne antiche, fino ai piedi (mi piacevano di più di quelle di adesso, assolutamente impersonali); con quelle sembravano proprio pinguini.
    Ciao.

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