mercoledì 26 agosto 2009

il gran campanaro


Che mal di piedi. Mi sono abrasata tre dita … Dopo la doccia vi ho spalmato della crema di calendula. Non ho portato le infradito, e sono costretta a mettere quelle brutte ciabatte di gomma chiuse e rigide.
Stamattina abbiamo preso l’ovovia, come da programma. Il cielo, dopo il brutto tempo di ieri, si è sbarazzato di ogni più piccola nuvola. There aren’t any clouds (IN THE SKY). Il biglietto della berghbannen è scontato per la “festa am berg” (festa della montagna): 12 euro invece che 19 ( lo sapevamo già, per quello abbiamo programmato questa gita oggi)
Dalla stazione a monte , l’Adler Loungue, (o Cimarossa?) (o è la stessa cosa?) a 2600 metri, si ha una visuale a 360 gradi di tutte le cime sopra i tremila e dei due ghiacciai più alti dell’Austria, il Grőβglockner (gran campanaro) e il Gross … qualcos’altro. Sulla terrazza del ristorante stanno preparando gli strumenti per il concerto della banda, e sui tavoli aggiunti all’ultimo momento nel prato noto la lista dei prezzi bene in vista: una birra da 0,5 litri costa 3 euro, una coca cola 2… in Italia, prezzi così modici li troviamo forse solo al circolo delle acli. Ieri abbiamo mangiato una grigliata di carne per due persone -ma era talmente abbondante che sarebbe bastata per tre - con 30 euro compreso il bere.

Dopo la classica foto di noi due con sfondo ghiacciaio (bravo, quel tipo, ha fatto delle belle inquadrature, alla faccia della diffidenza di G.) parecchie indecisioni (la costruzione della nuova funivia ha sballato le indicazioni dei sentieri sulla cartina) e la consultazione con stranieri per capire cosa c’è scritto su un cartello posto davanti al sentiero (fare finta di niente è molto rischioso: e se ci fosse scritto: attenzione, toro scatenato nei paraggi?) finalmente imbocchiamo un sentiero in costa, credo sia il “panoramaweg”, perché abbiamo il gran campanaro a destra (sempre più vicino) e l’altro ghiacciaio sulla sinistra. Ha chiamato F., in viaggio di ritorno da Viareggio: “Certo che se non vi chiamo io … dove siete?...” “Stiamo camminando su un sentiero tra i due ghiacciai più alti dell’Austria” “Caspita, allora siete belli lontani”
Arrivati a un rifugio scegliamo una nuova meta, a un’ora e trenta di cammino, un certo “Blauspitze”, tanto per non scendere subito. Titubanti per il fatto che è contrassegnato da un puntino nero, che sospetto voglia dire “sentiero alpinistico”, cerco di estorcere informazioni da una tipa, che capisce l’inglese ma mi risponde in tedesco: mi pare di capire che il sentiero è stretto, quindi chiedo, a gesti, se è a rischio vertigini, se è dangerous (parola inglese, francese o tedesca? E vorrà dire quello che credo, cioè pericoloso? Bho!), e lei mi risponde “no, no” con gesti rassicuranti. Mi pare perfino di capire che concluda, in inglese, “allo blauspitze ci vanno tutti”. Ci accingiamo a salire mentre nuvole sfilacciate salgono da valle e ci vengono incontro, raffreddandoci il sudore. Dopo una mezz’ora di salita appare una croce. E’ la stessa che vediamo dal balcone di casa, posta su quello spuntone di roccia talmente irto che non l’avevamo neanche lontanamente considerata come una possibile meta? Non è molto lontana, ora, e la sua vicinanza ci attira, ma il sentiero per arrivarci è esposto, attrezzato con scalini di pietra e chissà quali altre diavolerie da far sudare le mani al solo pensarci. Le persone che lo stanno percorrendo sembrano appoggiare i piedi sulla lama di un coltello. Via, via, non facciamo gli spiritosi, non è roba per noi: G. soffre di vertigini e io non ho equilibrio. Desistiamo, e altri malcapitati con noi. Chissà se la tipa aveva davvero detto che allo Blauspitze ci vanno tutti, o se aveva in mente di eliminare un paio di italiani dalla faccia della terra. Torniamo a Kals a piedi, non abbiamo voglia di prendere l’ovovia anche se il ritorno è compreso nel prezzo. La discesa è molto ripida, sono mille metri di dislivello. Quando il sentiero entra nel bosco G. sente odore di funghi e vi sparisce. Quando fa così ho sempre paura che si perda nel bosco come Pollicino e sto lì a scrutare nel verde fitto fino a che ricompare, questa volta con un bottino sufficiente per la cena di stasera. Fantastichiamo su come mangiarli , incitati dalla fame (abbiamo mangiato solo un panino per pranzo, perché ci eravamo rimpinzati con il fruhstuck)
Ieri ho preparato il sugo coi pomodori dell’orto portati da casa, ormai troppo maturi per essere portati nel “sacco da montagna”, oggi cucino i funghi e infine mangiamo una pasta alla boscaiola che più fresca di così.

martedì 25 agosto 2009

il sacco da montagna

Ieri siamo andati nella valle dove avremmo dovuto trovarci se non avessi sbagliato posto e abbiamo prenotato un appartamento per altri 4 giorni , perché al Gasthof Edelweiss è scaduto il tempo. Mentre tornavamo a St.Jacob, la macchina ha cominciato a fare le bizze. Chissà se ci riporterà a casa prima di fare kaputt, o se ci lascerà a piedi, dovremo chiamare il carro attrezzi e farla riparare nonostante il suo prossimo destino di rottamazione e spendere tutti i soldi che abbiamo cercato di risparmiare.
Mentre la macchina faceva le bizze è scoppiato un temporale di quelli che ringrazi il cielo di non essere in montagna, su un sentiero che diventa scivoloso, con la prospettiva, magari, di dover attraversare quel tale ruscelletto che al mattino aveva l’aria tanto simpatica ma che il temporale può avere trasformato in un ostacolo invalicabile.
La nuova casa si chiama Haus Charlotte ed è una tipica, bellissima casa tirolese, di cemento fino al primo piano, e poi ricoperta di legno fino al tetto. Noi abiteremo lì, sotto il tetto. Adoro le mansarde.
Davanti alla casa c’è un piccolo e lindo parco, un fazzoletto di prato verde delimitato da alberi, panchine e una fontana. Sopra la fontana c’è un sassone e sopra di esso si erge uno spilungone tutto bianco. Ha un buffo cappello in testa, indossa un lungo pastrano, un braccio impugna il fucile ed è abbassato lungo il fianco, mentre l’altro, alzato al cielo, impugna una bomba a mano. (G. sostiene che è una fiaccola). Si chiama Stefan Groder e non so chi sia, forse un patriota? (c’è un pannello che lo spiega, ma io non so il tedesco)
Il nostro appartamento, pulito e funzionale, ha un grande balcone colorato di gerani dal quale si ha la visuale di tutta la valle: davanti a noi c’è un prato a strisce di verdi diversi a seconda dello stato della falciatura, poi dove termina il prato inizia il bosco, infine le catene di montagne come sfondo e … e quel cielo che sarà ogni giorno di un azzurro incredibile (oggi invece è nuvoloso).
Due comodissime sdraio ti invitano a passare la giornata qui, a leggere scrivere e ascoltare la musica, invece che scarpinare. G. , infatti, si è piazzato lì a sbinocolare e fotografare, mentre il temporale incombe.
Io mi sono preparata una tisana, ho messo la tuta e mi sono messa a leggere, anch’io sul balcone, ben protetto da travi maestose, mentre la pioggia scende furiosa.
Finora non sono riuscita a leggere come speravo: forse ero troppo stanca o forse non avevo una postazione comoda per farlo o forse non ho portato il libro giusto. Mentre camminavo, i giorni scorsi, mi è venuta voglia di rileggere “lessico familiare” di Natalia Ginzburg. (era quello, il libro giusto?) Quando racconta delle vacanze che trascorrevano in montagna, scrive che il padre e i fratelli partivano al mattino, “col sacco da montagna sulle spalle
Domani prenderemo la funivia per avvicinarci al Gran Campanaro, la montagna più alta dell’Austria, col suo bel ghiacciaio. Dalla stazione a monte faremo un sentiero panoramico e poi scenderemo, a piedi, al paese, col “sacco da montagna” sulle spalle.

venerdì 21 agosto 2009

“Il cielo è così azzurro, così calmo…”


Scoprire che hai sbagliato a prenotare il Gasthof, scambiando una località per un’altra, e farci una risata.
Rischiare di marcire nelle segrete austriache, come Silvio Pellico, dopo che G. ha causato un corto circuito nell’appartamento, con delle iniziative azzardate.
Ma dopo si recupera:
- Un’escursione a tre laghetti ingentiliti da delicati eriofori, appena sopra c’è una croce, ci andiamo? Chiacchierare con sconosciuti, in cima a questo “horndle”, che forse vuol dire corno, in un misto di italiano-tedesco-inglese, dopo che un fantomatico cameramen ha accettato di farci una foto … “Another one”?
Al ritorno, vedere un gheppio che fa lo spirito santo, una sagoma immobile, come un crocefisso tra le nuvole e il cielo, e poi giù in picchiata, sul prato, ad artigliare l’ignara preda. Solo tre colori, nella foto: bianco, azzurro, verde. Peccato che tutte le foto di questa gita si bruceranno, il giorno dopo. Per quanto tempo, ci chiediamo, rimarranno dentro di noi? E dire che G. ha rischiato di finire in ammollo, per l’autoscatto sul lago, e il cameramen tedesco l’ho visto per un attimo precipitare dall’horndle, mentre indietreggiava a prendere l’inquadratura…
- Una camminata chilometrica lungo il fiume, che senza badare a te se ne va per i fatti suoi, “ in direzione ostinata e contraria” rispetto alla nostra; osservare le cascate pensando al destino definitivo, obbligato e un po’ angosciante di tutta quell’acqua; prolungare la passeggiata e arrivare in un posto dal vago effetto Alaska, non so neanche io perché. Tornare a casa in autostop (grazie, camperisti biellesi) per arrivare in orario a un appuntamento con amici.
- Un’ escursione a un rifugio dal nome impronunciabile e irricordabile con allungamento non previsto per raggiungere un lago 300 metri più su, (ma non avevamo detto che ci fermavamo qui?) nelle cui acque gelate immergere i piedi stanchi, con immediato effetto rigenerante. Seduti su un sasso, nel lago, accorgersi di quanto sia inconsueto vedere nuvole cumulose emergere dal prato, e correre a prendere la macchina fotografica lasciata sulla riva, prima che il sole riappaia e dia un effetto controluce.
- Salite da sudare e discese da far lamentare le ginocchia.
- L’azzurro del cielo è da morire, il verde scuro del bosco rassicurante, o angosciante, a seconda dello stato d’animo del momento, quello più chiaro dei prati, invitante, da sdraiarcisi, e il bianco delle nuvole, da perdercisi dentro. Il cielo colore azzurro incredibile sarà una costante di tutta la vacanza, ricordandomi, ogni giorno, i versi scritti da un poeta nella cella della prigione: “il cielo è così azzurro, così calmo…”
-Scrivere sul balcone vista prato-bosco-montagna, alle sette di mattina, per una improvvisa crisi di astinenza, mentre G. prepara la colazione.
Il primo dei tre obiettivi della vacanza è raggiunto, complice il bel tempo.
Per gli altri, debacle su tutta la linea. “Le mie prigioni” sono tutte nella mia mente.

sabato 15 agosto 2009

Dura, la vita del blogger

Stanotte alle 4 il mio dormire è stato interrotto dal rientro di mio figlio e l’incazzatura che ne è seguita mi ha fatto perdere il sonno. Non so con quale volo pindarico, a un certo punto mi sono messa a pensare al farmaco RU 486 e alle polemiche che ne sono seguite. Da quando mi sono improvvisata blogger , mi capita di trasformare un pensiero che evapora in un pensiero da scrivere, anche nei momenti più impensati. L’incipit del post mi stava venendo bene: “ Giuliano Ferrara si strappa le vesti per la RU 486. Miseria, non è proprio un Bronzo di Riace! Che qualcuno lo rivesta, per favore.”
Divertente , ma un po’ cattivello. Da scartare. Non sopporto i comici che fanno le battute sui difetti fisici delle persone, dato che è una delle poche cose di cui uno non ha colpa. Lo stesso giornalista, però, pratica l’ autoironia (e la cosa gli fa onore) definendo la sua trasmissione su radio 24 “Parliamo con l’elefante”; ragion per cui potrei anche pensare di non censurare, per il momento, la battuta.
Mio marito, che ha un radar che lo sveglia quando la moglie non dorme, mi pone la fatidica domanda: “A cosa stai pensando?...” “… A Giuliano Ferrara” gli rispondo prontamente.
Peccato che l’effetto esilarante della risposta sia vanificato dal fatto che lui non colleghi subito il nome alla persona, anzi lo scambi per Giuseppe Cruciani, addirittura.
Vabbè, perché vi ho detto questa scemenza? Perchè ho pensato che quando una blogger arriva al punto di pensare al Ferrara, di notte, vuol dire che è esaurita.
Spero, in montagna, di trascorrere la giornata camminando fino a indolenzire i muscoli delle gambe, spero di riuscire ad avere pensieri leggeri e positivi, spero di dimenticare l’amato-odiato blog. La sera dopo una doccia togli-fatica voglio dedicarmi a una buona lettura e per finire sprofondare in un sonno senza idee, come quello di un bambino felice che ha giocato tutto il giorno. Spero di sognare Heidi, Peter, Nebbia, Fiocco di Neve e, al massimo, il buon vecchio nonno.

(il titolo del post l’ho copiato dal titolo di un libro di un autore che amo molto, David Lodge (“dura, la vita dello scrittore”)

giovedì 13 agosto 2009

inizia il conto alla rovescia

Meno uno, infatti.
Il primo giorno di ferie mi sono svegliata presto, verso le sei e trenta, ma sono rimasta a letto a dormivegliare fino alle otto. Colazione, poi in edicola, a comprare il giornale per papà, e poi a portarglielo. Mamma sta cucinando per un battaglione, per festeggiare il compleanno del suo primo nipote. Dopo averla minacciata che se cucina altra roba guai a lei, vado all’ufficio postale, ma senza documenti, perché non mi sono ricordata di riprendere, da mamma, la borsa dimenticata ieri mattina. Ho in mano un cartellino giallo di convocazione e mi dicono di aspettare. Chiedo se per caso servono i documenti, nel qual caso andrei a prenderli . Poco dopo mi informano che occorre anche la presenza del marito, e il tutto viene rimandato a sabato. Torno a casa, chiamo mia sorella che mi aveva cercata, stendo i panni anche se è nuvoloso, infine decido di andare dal medico a “ripetere” le ricette per papà, mamma, marito.
Mi incammino a piedi, senza ombrello nonostante il nuvolo sia diventato minaccioso. Dopo cento metri, comincia a piovigginare, ma non ho nessuna voglia di pentirmi e tornare indietro a prendere l’ombrello: quando si prende una decisione, bisogna portarla a termine, no? Costi quel che costi. Le gocce sono incerte e si fermano, concedendomi il vantaggio che si dà ai perdenti. Affretto il passo, ma poco prima del traguardo la pioggia mi annulla lo sconto e in men che non si dica grosse gocce belle decise mi bagnano i capelli, il terriccio bagnato della strada sconnessa mi entra dai sandali e le bermuda di jeans si riempiono di macchie scure a pois, con immediato e terribile effetto ventosa. Al diavolo la teoria del costi quel che costi, la prossima volta prendi l’ombrello (sussurra una vocina)
Entro nell’ambulatorio bagnata quasi fradicia, affrontando gli sguardi incuriositi dei numerosi pazienti con un inutile quanto necessario: “Piove!”. Con tutta ‘sta gente, farò in tempo ad asciugare.
Mi immergo nella lettura del bellissimo libro portatomi appresso in uno zainetto (“Che tu sia per me il coltello”), ma le chiacchiere non mi permettono di concentrarmi. La mia vicina di sedia sta parlando di controlli e assistenti sociali con la dirimpettaia, e conclude: “Io voglio adottare un figlio, non lo voglio comprare!” (… maccheccavolo….)
Non faccio in tempo a rimettermi dallo choc, che la prima paziente uscita dallo studio si mette a raccontare che le avevano dato sei mesi di vita e invece è ancora qui, e racconta del suo coma, di come è bello di là, del suo rapporto con Dio, di come è cambiata dopo il cancro … Santo cielo! Cosa succede stamattina?
Di solito in questi posti si sente parlare di cose molto più banali, non certo di bambini venduti ed esperienze estreme … Come riprendere la lettura? Anche il PC del medico fa le sue bizze, è lento come una lumaca, ma a mezzogiorno finalmente posso raggiungere casa di mamma. Mi cambio per togliermi l’umidità (ma di chi è questa maglietta? Non mi entra nemmeno un braccio) e pranziamo. Nel frattempo sono arrivati i miei figli e mia sorella, con la famiglia. Mi spupazzo il nipotino nato da poco: un tipino a posto, per niente frignoso, di poche pretese: un po’ di latte della mamma, qualche coccolina e si addormenta nel bel mezzo di una cagnara indescrivibile (sono arrivati altri cuginetti) .
Il festeggiato accende 9 candeline rosa (poco più che mozziconi, reduci di tutti compleanni di tutti i nipoti dei nonni, rigorosamente festeggiati in questo tinello) sulla crostata, anche se compie 21 anni ed è maschio, cantiamo tanti auguri a te, le piccoline soffiano, poi si fa il bis di candele e canzoncina perché deve soffiare anche il festeggiato. Sgrido mio papà perché mangia in continuazione, facciamo una provata di pressione collettiva, offriamo la torta e i pasticcini alla vicina di casa con badante, i bambini escono in giardino e vogliono convincermi a giocare a “ce l’hai” , ma mio figlio mi avverte: “ TU non sai COME È il loro “ce l’hai”
Mi salvo con un provvidenziale: “Servo il caffè e poi arrivo”, naturalmente poi non mantengo la promessa.
Se ne saranno accorti?

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

(è il finale della poesia di ieri, il sabato del villaggio) (Impareggiabile Leopardi)

martedì 11 agosto 2009

Il più gradito giorno

Forse il giorno più bello di tutte le ferie è l’ultimo giorno di lavoro.
Ricordate la poesia “ Il sabato del villaggio”?

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.


Leopardi sosteneva l’affascinante tesi che il sabato fosse meglio della domenica, perché la speranza dell’attesa è meglio di ciò che ci aspetta poi nella realtà. La gioia della domenica, nella quale tanto si è sperato, viene in realtà rovinata dal pensiero dell’indomani.

L’ultimo giorno di lavoro, venerdì 31 luglio, dopo aver sbrigato alcune incombenze ho messo in ordine gli scaffali, buttato quaderni vecchi, fogli inutili, fermagli arrugginiti, gomme morsicchiate, pezzettini di gesso inservibili; ho spolverato, pulito le mensole, lavato e asciugato contenitori: ho cercato di fare cose che mi lasciassero libera la mente, perché l’ultimo giorno di lavoro lo si trascorre con la testa già lontana, salutando i colleghi, chiedendo loro dove trascorreranno le vacanze: insomma, cazzeggiando, se possibile, il più possibile. Al momento della timbratura in uscita, ci si saluta come se non ci si dovesse vedere per chissà quanto tempo.
… E invece, col primo giorno di ferie comincia il conto alla rovescia. E’ il conto alla rovescia più bastardo che ci sia, va veloce come un razzo .



(il mio prof di italiano, il grande Salvatore Giujusa, la declamava 100 volte meglio )

lunedì 10 agosto 2009

Che noia



Ho riletto l'ultimo post e mi è venuta la nausea. Basta parlare di politica, basta. Non ne posso più, forse negli ultimi tempi le ho dato troppa attenzione. Per fortuna lunedì prossimo parto, vado in montagna. Ho bisogno di uscire da questa noia. Ho bisogno di aria pulita, che mi ossigeni il cervello. Il fatto di andare in un paese dove non capisco un’acca della lingua, poi, mi piace troppo. Non sei costretta a fare conversazione con nessuno. Non ti arriva all’orecchio nessuna stupidaggine.Parli solo quando ce n’è effettivo bisogno, poche parole con quel poco inglese che so. Spero non arrivino nemmeno i canali televisivi italiani. Una bella disintossicazione è proprio quello che ci vuole. G. mi ha regalato un notebook e lo porterò, ma senza la chiavetta internet mangiasoldi a tradimento. Il blog è quindi sospeso da lunedi 17 agosto fino al terribile 31 agosto. Durante questa settimana posterò qualcosa di diverso. Cronache di vita quotidiana, poesia, attimi fuggenti, musica, non so. Vi va?

domenica 9 agosto 2009



Home, un film per salvare il nostro pianeta



Negli ultimi cinquant'anni l’uomo ha modificato gli ecosistemi della Terra più rapidamente e profondamente, che in tutta la storia dell’umanità. Prima della fine del secolo, questo sfruttamento smisurato avrà esaurito la quasi totalità delle risorse naturali del pianeta! L'umanità non ha più di 10 anni per invertire la rotta. E’ per lanciare un grido d’allarme e sensibilizzare ognuno di noi, che esce oggi 5 giugno, nella Giornata mondiale dell’ambiente, il film Home di Yann Arthus-Bertrand, prodotto dal noto regista Luc Besson. Il film esce contemporaneamente in tutto il mondo, e su tutti i media: cinema, televisione, Internet, Dvd. Un fatto senza precedente nella storia del cinema. Dopo il successo mondiale del suo libro “La terre vue du ciel” venduto a 3,5 milioni di esemplari, il noto fotografo francese ha girato dall’elicottero, splendidi immagini del nostro pianeta: 54 paesi, 120 siti e 500 ore di girato. I fiumi africani, le cascate amazzoniche, le barriere coralline, contrastano con i grattacieli delle grandi città, e le zone più popolate e povere del pianeta come i bidonville del terzo mondo. La singolarità del film risiede prima di tutto nella sua diffusione massiccia istantanea, e nel fatto che è distribuito gratuitamente, senza copyright. “I profitti di questo film non si conteranno in milioni di dollari, ma in milioni di spettatori” spiega Arthus Bertrand. François-Henri Pinault presidente del gruppo del lusso parigino PPR, che ha sponsorizzato l’operazione, sostiene che “La natura umana non è disposta a rinunciare al suo benessere. Bisogna consumare diversamente, non consumare di meno”. Da vedere il trailer sopra.

Pubblicato da Christian a 21:08 0 commenti


TRATTO DAL SITO FUTURIX

sabato 8 agosto 2009

CHI SARA’ MAI?

E’ un soggetto ambizioso, può ottenere risultati brillanti. Ha un sentimento grandioso di sé, si considera unico e ha un gran bisogno di essere amato e ammirato dagli altri. Si considera speciale, meritevole di ricevere un trattamento diverso e ogni critica appare a lui insopportabile (altre volte invece è del tutto indifferente ai giudizi).
La sua vita affettiva è superficiale e i rapporti che instaura sono fragili. E’incapace di provare empatia, i suoi slanci sono superficiali e suonano falsi. Nei rapporti interpersonali è manipolatore e tende a sfruttare.
E’ invidioso e svaluta gli altri e le loro realizzazioni; il bisogno di approvazione e ammirazione da parte del prossimo è talmente importante da rendere fragile la sua autostima e da portarlo facilmente alla depressione: ogni minima ferita narcisistica è causa di forte stress che affronta con risposte affettive inadeguate (depressione e/o aggressività).
E’ un soggetto che affronta con particolari angosce l’invecchiamento.

Chi sarà mai? No, non è lui. Cosa andate a pensare.
E’ la descrizione di un disturbo della personalità: il disturbo narcisistico. Ma il peggio è il decorso (tende alla cronicizzazione) e la prognosi (sono consigliate le psicoterapie dinamiche anche se i risultati sono davvero modesti)

Miseria! Se il Chi sarà mai cronicizza, e non ci sono cure, che ne sarà di noi? Ci verrà qualche disturbo della personalità anche a noi, vedrete.
Attacchi di panico al momento del tg? La fobia specifica? Disturbi del sonno? Quello schizoide, caratterizzato dal ritiro sociale? La depressione maggiore?
E pensare che non avremo nemmeno i soldi per andare dallo psichiatra!!

venerdì 7 agosto 2009

Chiediamo solo un pò di rispetto

Uff, che iattura, la Lega. Adesso vuole che vicino al tricolore sventolino 20 bandiere regionali. Mi chiedo se ci sia davvero qualcuno a cui frega qualcosa di queste cose.

La Lega è come lo “scassapalle” che c’è in ogni classe: se non dice la sua scemenza e non fa la sua cazzata quotidiana, ha paura di perdere il titolo di buffone della classe.

Ma anche dietro a una cazzata c’è un perché, e io ho formulato due ipotesi:

1. Tattica diversiva: La lega vuole distrarre l’attenzione degli italiani e dei loro elettori dal fiume di soldi che il governo si sta apprestando a elargire a piene mani al Sud. Vi rendete conto: dopo anni di Roma ladrona , partito di protesta e bla bla vari , sono pronti a riversare denaro frutto dei sacrifici di cittadini onesti nel mare dello spreco di cui ogni giorno si sente parlare, con scandali di cui nessuno rende mai conto.

2. Proposta risultante da cazzeggiamento estivo pre-ferie: sono gli ultimi giorni di lavoro per i parlamentari, che volete, mica si può tirare fuori dal cilindro proposte di legge per affrontare un settembre di crisi economica. Mica si può mandare in vacanza gli italiani con certe preoccupazioni. Meglio parlare d’altro. Secondo me, a questo scopo i nostri governanti hanno approvato alla chetichella un decreto legge d’urgenza per non fare uscire il sei a quella lotteria del cavolo. Così durante questo agosto i telegiornali potranno parlare del sei e gli italiani potranno distrarsi parlando di cosa farebbero in caso di vincita. (La lotteria è il nuovo oppio dei popoli?)

Quando volete cazzeggiare, cari parlamentari, fatelo: non dovete chiedere il permesso a nessuno, tra l’altro. Potete andare alla buvette, leggere il giornale, chiacchierare, andare in bagno, usare il telefonino.
Fate tutto quello che volete, ma risparmiateci certe proposte di legge, abbiate un po’ di rispetto per la nostra dignità di cittadini.

giovedì 6 agosto 2009

Un detenuto prodigio

« Da cinque anni torna a casa la sera, dalla moglie e dalla figlia, e di giorno lavora. È un uomo assolutamente tranquillo che fa il marito, il padre e il lavoratore nell’associazione di volontariato "Nessuno tocchi Caino" »
Di chi staranno parlando? Del candidato al Nobel per la pace? Di un personaggio del libro Cuore? Della versione adulta di Pinocchio? E chi è che parla? La fata turchina?
No, sono parole di un avvocato, e il cittadino modello da lui descritto è stato uno dei terroristi più sanguinari nella storia d’Italia, condannato a 8 ergastoli. Una brava persona, direi.
Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva, ex bambino prodigio, figlio di papà, a diciotto anni aveva già una fedina penale lunga un chilometro.
A militare sottrae dalla polveriera 144 bombe a mano e viene definito “personalità abnorme” dallo psicologo militare.
A vent’anni spara a Roberto Scialabba, operaio elettricista di 24 anni, mentre è seduto su una panchina, poi lo finisce con un colpo alla testa. E’ il suo primo omicidio, fatto per divertimento, ma poi deve averci preso gusto, perché a breve ne seguono molti altri: un geometra di 24 anni, vittima di uno scambio di persona, un poliziotto di 19 (gli serviva il suo mitra), un magistrato che indagava sui movimenti eversivi di destra … 13 omicidi, ha commesso, senza contare la strage di Bologna, per la quale è stato condannato, anche se lui si proclama innocente. (Ma chi crede a un assassino?)
Quanti anni di vero carcere ha scontato? Venti? E quali segni di ravvedimento e pentimento ci sono stati, per concedergli la libertà condizionata ora diventata definitiva?
Forse, in carcere ha fatto il detenuto-prodigio: è riuscito ad ottenere sconti di pena impensabili per altri detenuti della sua risma. Ma è pur sempre un assassino pluriomicida.
Io non sopporto l’associazione nessuno tocchi Caino, perché non ha nessun rispetto per il diritto alla giustizia di Abele.

domenica 2 agosto 2009

Lettera aperta a un bilòtt

Dopo cena, mentre riordino la cucina, ascolto sempre la trasmissione “la zanzara”, su radio 24. Chiudo la porta della cucina per isolare il resto della famiglia da questo mio spazio privato e per poter alzare il volume della radio, altrimenti il rumore delle stoviglie non mi permette un attento ascolto della trasmissione. Mi piace la conduzione di Cruciani, anche se a volte mi fa incazzare e gli tiro un cucchiaio di legno.
Venerdi sera un politico ospite della trasmissione affermava che si era fatto due palle così ad ascoltare il Dalai Lama, non ho capito in quale occasione, e che quest’ultimo dopo averlo annoiato per due ore gli aveva anche chiesto i soldi; “Ma me lauri, per vech i danè”, è stata la conclusione dell’arguto ragionamento.
Ma adesso gli rispondo io, a questo tizio, con una lettera aperta:
“ Al politico Nonsochisia che l'altra sera ha offeso il Dalai Lama trattandolo alla stregua di un qualunque blateratore in cerca di quattrini, vorrei dire che il giochetto di prendere in giro i PURI DI CUORE è vecchio, volgare e fin troppo facile. Certo, fa audience e fa ridere, rende anche popolari, un menù ghiotto per certi politici di basso carisma. Ma mi ricorda tanto il bullo che diventa leader della classe tormentando il più debole e scatenando l’ilarità generale.
Il Dalai Lama é il capo spirituale del buddismo, una delle religioni più importanti del mondo, ed é in esilio da quando la Cina ha invaso la sua terra, il Tibet, distrutto i suoi monasteri, torturato e ucciso migliaia di tibetani. Non é in giro per affari o per turismo. Da cinquant’ anni cerca sostegno alľ estero per aiutare la sua gente. Di sicuro preferirebbe appoggi politici piuttosto che quattrini, ma nessuno stato si metterà mai contro la Cina.
Cosa vorrebbe, il signor Nonsochisia? Che il Dalai Lama si mettesse a lavare i vetri della sua auto di lusso, come un qualsiasi extracomunitario? O a zappare la terra per guadagnarsi il pane? Cosa penserebbe se il Papa fosse scacciato dal Vaticano e un buddista lo esortasse ad andare a guadagnarsi la pagnotta?
Ci credo, che il tale si sia annoiato ad ascoltare Sua Santità. Una persona che ragiona in questo modo non è all'altezza di recepire discorsi diversi da quelli “da bar”. Ma bar di infima categoria.
E visto che il tipo mandava odore di lega e alla lega piace tanto il dialetto, voglio salutare il signor Nonsochisia con un’ esortazione: "Desmett de fa la cumedia, bilott!!".

P.S. Per chi volesse saperne di più su questo STRAORDINARIO personaggio, ho scelto questi due filmati. Guardateli e poi ditemi se Sua Santità non vi trasmette grande serenità, nonostante la tragicità della questione tibetana.