sabato 31 ottobre 2009

Toro seduto: un conservatore?

Severgnini pubblica, oggi, la lettera di uno snob che si dice annoiato del Dalai Lama. Così mi tocca difenderlo un'altra volta (vedi "lettera aperta a un bilott, di quest'estate)(per quel che può valere la mia flebile voce). Per non ripetermi, anzi, per ripetermi, posto una lettera che avevo scritto l'anno scorso, al Corriere della sera, sempre a proposito della questione Tibet.

12 aprile 2008

TORO SEDUTO: UN CONSERVATORE?
Gentile redazione, vorrei esprimere la mia opinione riguardo la lettera pubblicata giovedi 10 aprile sul Corriere della Sera con risposta di Sergio Romano (“la protesta tibetana, i monaci e la modernità”)
Il signor Giorgio Vergili afferma “Non si può pretendere che la Cina tolleri che una sua regione sia governata da una teocrazia” Alt. Una SUA regione? Il Tibet è diventato una regione della Cina dopo che quest’ultima l’ha occupata militarmente! E poi di quale teocrazia parla, se il Dalai Lama è profugo da 50 anni, e non rivendica l’indipendenza della sua terra ma solo un’autonomia?
La stessa lettera afferma: “Trovo singolare pretendere che, in nome della cultura occidentale, società arcaiche vengano trattate come reperti archeologici da conservare A OGNI COSTO per la delizia dei turisti”
Sono esterefatta! A me risulta che sia la Cina a voler fare questa cosa. Le guardie rosse, nei nefasti anni della rivoluzione culturale, hanno barbaramente distrutto i monasteri , impedito la religione, sottoposto i monaci e il popolo tibetano a torture fisiche e psicologiche. Monaci e lama sono marciti nelle galere. Quando la Cina ha deciso di ricostruire i monasteri, ormai spogliati di ogni bene prezioso, lo ha fatto al solo scopo di attirare i turisti occidentali attratti dalle filosofie e dalle religioni orientali.
Secondo il sig. Giorgio è assurdo che la “cultura occidentale” voglia tutelare una civiltà in via di estinzione. Cosa dobbiamo farne, di questa cultura, secondo lui? Annientarla con una “moderna” soluzione finale? Non si preoccupi il signor Giorgio, lo stanno già facendo. La Cina ha portato il progresso e la modernità, come ogni invasore colonizzatore che si rispetti. Non sapendo più dove metterli , ha portato anche tanti cinesini. Ora anche la ferrovia, per rubare meglio le materie prime.
D’altra parte, era ora di finirla con le offerte ai monaci, il burro nel tè, lo sterco di yak secco usato come combustibile, i pellegrinaggi a Lhasa, le ruote di preghiera, l’altarino del Dalai Lama (vietato) in ogni catapecchia. Oggi i giovani non sono più costretti a stare in casa, la sera, a pregare: ci sono bei negozi, fuori, e tanti di quei bordelli! Viva la libertà!
“La violenta rivolta dei monaci a Lhasa è stata un’insurrezione conservatrice” risponde Sergio Romano.
Voler proteggere la propria cultura vuol dire essere conservatori?
Toro seduto era un conservatore? Finalmente mi avete aperto gli occhi: che senso aveva, in effetti, la cultura degli indiani d’america? Seduti a contemplare stupidi segnali di fumo, o in sella ai cavalli, a caccia di bisonti, e tutte quelle penne sul capo … Per fortuna è arrivato l’uomo bianco, che ha sostituito il calumet della pace con una bottiglia di gin e le frecce con i fucili.
Adesso ho le idee chiare: Toro seduto non era altro che uno stupido conservatore, che voleva proteggere “madre terra”. Arcaico da morire.

mercoledì 28 ottobre 2009

Echi d'infinito


L'anno scorso andai a un concerto di Antonella Ruggiero, che cantava per beneficenza nella chiesa di Montevecchia. Non arrivai in tempo utile per accaparrarmi un posto a sedere, ma riuscii a raggiungere una discreta posizione sulla pedana dell'organo e a trovare posto per i miei due piedi, bastava solo che me mettesssi uno sopra e uno sotto la pedana, e che non li muovessi. Poi arrivò un amico, e il posto per due piedi si ridusse al posto per un piede, perciò ascoltai il concerto facendo finta di essere un trampoliere. Dopo un anno, però, ho dimenticato i formicolii circolatori mentre ricordo benissimo la bellezza e spiritualità della cantante, l'armonia della sua voce, la magia della musica e del luogo, e questa canzone verso la quale quella sera ebbi un improvviso colpo di fulmine.

sabato 24 ottobre 2009

Lettere dal domani

Messa a cuccia dall’influenza, me ne sto a letto a leggere i miei vecchi diari segreti, agende, scartafacci. Quasi una vita intera messa per iscritto. (Cosa succederà ai miei diari dopo la mia morte? Voglio che brucino con me. Ho scritto anche tante di quelle stupidate da morire di vergogna se qualcuno dovesse leggerle) Oggi voglio postare questa pagina, con le lettere di due bambini che oggi saranno adulti (e spero felici)

5 gennaio 1975
Come vedi, è iniziato un nuovo anno. Il 1974 per me non è andato via del tutto, perché di lui mi è rimasto tutto lo scritto delle pagine prima … Ieri ho letto un libro che mi ha prestato Bianca la mattina, ma non ho fatto fatica a leggerlo tutto perché è un insieme di lettere, piacevoli da leggere. Si intitola “lettere dal domani”. Ora te ne scrivo le più belle, però con la macchina da scrivere, così impiego meno spazio delle tue preziose pagine

Sassari, una bambina di dieci anni
“Oggi è Natale e io sono a letto ammalata e non posso vedere fuori la gente che va alla Messa e non posso vedere neanche l’albero di Natale con tutti i lampioncini colorati che hanno fatto sulla piazza del paese. Mi hanno portata sopra una sedia vicino alla finestra e sono rimasta lì tutto il giorno a guardare fuori. Proprio quando ero triste dal cielo sono incominciati a cadere dei fiocchi di neve e i tetti delle case sono diventati tutti bianchi e allora io mi sono molto meravigliata perché al mio paese la neve non cade quasi mai. Poi sul davanzale della finestra si è posato un passero e ha lasciato con le sue zampe tante orme a forma di croce sulla neve. Allora ho pensato che tutte quelle piccole croci erano i piedini di Gesù che era venuto a trovarmi per Natale.”

Copenaghen (Danimarca) un bambino di dieci anni
“qui nell’istituto sono molto buoni i miei amici e mi raccontano sempre tutto quello che mi accade attorno ma io so che a volte non è vero e che lo fanno per farmi essere allegro. C’è un bambino che mi racconta sempre tante cose descrivendomi il colore dei fiori del giardino, il colore dei muri delle case e mi dice com’è la gente che passa per strada. Ora il mio mondo è così come lui me l’ha descritto. Ma ora quel bambino non c’è più perché è andato in un altro ospedale lontano dalla città. Prima di partire mi fece stringere nella mia mano il filo di un aquilone e mi raccontò che l’aquilone era rosso e giallo e che era salito tanto alto che quasi non si vedeva più. Oggi mia madre mi ha detto che anche quel bambino era cieco come me e allora ho pianto.

martedì 20 ottobre 2009

Il fondo del barile

Considerata la mia “malavoglia” nel pensare a nuovi post per il blog, ho pensato di usufruire delle scorte, come si fa nei periodi di crisi: capiterà che posti cose vecchie, di qualche mese, qualche anno, qualche decennio. Attenti alla data, dunque. Che ne dite del mio primo “pensierino”, scritto a matita, con lettere sghembe? O delle mie poesie da adolescente inquieta? E le lettere d’amore? A parte gli scherzi, è vero che spesso i pensieri infantili sono migliori di tante elucubrazioni mentali adulte. (Qualche anno fa nel solaio dei miei ho scovato un quaderno dei temi svolti alle scuole elementari, da mia sorella, la cui lettura si è rivelata addirittura esilarante) (per non parlare di suo figlio, mio nipote, che per prepararsi alla prima comunione ha scritto dei pensieri quasi impensabili per la sua giovane età)
Per ora, comincio a fare un po’ di ordine nel p.c. (vi è un tale disordine, il mio già citato prof lo definirebbe BIBLICO), nei cassetti e nei libri. Prima di possedere il mio ormai inseparabile notebook , ho lasciato pensieri e appunti su vecchie agende, avanzi di quaderni reduci dalla carriera liceale dei figli, fogli isolati che fuoriescono dalla famosa pigna di libri sul comodino. Devo avere qualcosa anche nell’agendina della borsetta. Insomma, raschierò il fondo del barile.
Vedrò di trascrivere, tagliare, incollare, pepare e salare, aggiungere un ingrediente segreto, dare una grigliatura finale, infornare, infine servire alla tavola del blog. Fatemi sapere se qualche piatto puzza di muffa, ha un sapore rancido, o pare risciacquatura di piatti.

sabato 17 ottobre 2009

Loro non ti abbandonano mai


Forse sono tornata al mio unico vero fedele amore, il libro, che ultimamente avevo trascurato per il blog, un amante passeggero. (mi sono un po’ stufata, del blog, si era capito?)

martedì 13 ottobre 2009

Non possiamo saperlo

Ho terminato di leggere una biografia di Natalia Ginzburg.

domenica 11 ottobre 2009

addio monti

Colazione, Messa, edicola, papi, bucato, e.. caspita, che bella giornata, meteorologicamente parlando. Vale la pena di stare in casa a smazzarsi in cucina? Al diavolo l’arrosto, e ce ne andiamo al Monte Barro. Il Barro mi è simpatico perché:
non è molto distante e quindi accetta le improvvisate dell’ultimo momento, come oggi.
Mezza giornata è sufficiente per andare in auto all’eremo, raggiungere la vetta a piedi, rimanerci quanto basta e tonare.
Ho tanti ricordi di gioventù: i tornanti sono gli stessi di oltre trent’anni fa, quando un amico fresco di patente non sapeva che doveva “ritornare” il volante; risento le risate incoscienti di me e mia sorella che ridiamo come pazze invece che scappare a gambe levate da quel pericolo viaggiante; ma dove è finito il muretto sul quale dipingemmo un murales sulla natura? Posteggiamo all’eremo dove trascorsi una settimana di lavoro ecologico. Ricordo il lavoro di pulizia dei boschi, di giorno, e il senso di meraviglia nell’osservare il panorama, di notte: il silenzio, il buio, i rumori quasi paurosi della natura facevano apparire la vita là in basso, riflessa nelle luci intermittenti, così lontana, sorpassata, quasi oscena da tanto era forte il contrasto. Momenti magici che ti convincevano che volevi bene a tutti.
Imbocchiamo il sentiero che porta in vetta e alla croce , meta di tante gite in compagnia.
La vetta non è una gran vetta, sarà 1000 metri, ma è pur sempre una vetta, e pur nella sua modesta altezza, in quanto a panorama non ha niente da invidiare alle vicine e più altezzose montagne. C’è un grande sasso, che mi aspetta, poco sotto la cima, il mio sasso fedele. Il monte Barro divide i tre laghetti del triangolo lariano dal lago di Lecco, è lì in mezzo come un papà che bada ai tre figli piccoli (che stanno vicini, quasi tenendosi per mano) tenendo d’occhio nello stesso tempo anche quello grande che non vuole mischiarsi con i marmocchi. Una decina di anni fa l’hanno traforato, questo monte sul quale sono seduta, per fare la superstrada Milano Colico.
La vista spazia su un territorio che amo: le montagne (Il Resegone le Grigne, la Valcava), il lungo e sinuoso fiume Adda, le colline, il campanone della Brianza, il santuario, i laghi, i prati, i boschi, i nostri paesi. Non manca proprio niente, a confronto di certi territori piatti: pianura, pianura, pianura, oppure mare, mare, mare, o collina, collina, colllina… che palle!
Alle mie spalle, la città di Lecco, esagerata come tutte le città. Se non avesse le montagne che la fermano, dove arriverebbe ?
Stamattina i laghi lariani mi appaiono un pochino noiosi, con quella forma circolare, e anche Il loro colore ha qualcosa di plumbeo, addirittura il lago di Annone sembra quasi avere delle macchie oleose, sulla superficie. Oggi il sole sembra prediligere l’Adda, che qui ogni tanto si restringe formando i laghi di Olginate Garlate e Lecco: i raggi giocosi e il vento creano un effetto luccicante sulle acque, che sembrano una distesa di asfalto appena buttato, da quanto brillano.
Come aveva ragione Lucia, a piangere lasciando Pescarenico:
“Addio/ monti sorgenti dall'acque- ed elevati al cielo/ cime inuguali/ note a chi è cresciuto tra voi/ e impresse nella sua mente/ non meno che l’aspetto de' suoi familiari/ torrenti- de' quali si distingue lo scroscio/ come il suono delle voci domestiche/ ville sparse e biancheggianti sul pendìo/ come branchi di pecore pascenti/ addio!/ Quanto è tristo il passo di chi/ cresciuto tra voi/ se ne allontana!//”
...Rannicchiata nel mio sasso, scaldata dall'ultimo sole della stagione, con la ninna nanna del Manzoni, mi sono addormentata.

mercoledì 7 ottobre 2009

Ci vuole serietà


L’altro giorno la radio mi informa che Berlusconi sorvolerà le zone alluvionate. Peccato che PRIMA abbia sorvolato sulla prevenzione e sulla politica ambientale.
Ieri sento, sempre dalla radio, che D’Alema non era presente in aula al voto sullo scudo fiscale perché “Nessuno gli aveva detto che era importante” Non credevo alle mie orecchie. Era il primo giorno della sua carriera politica, no? Un remigino , poveretto. Che qualche vecchio del mestiere lo prenda per la manina, gli faccia vedere dove sono i gabinetti. Andreotti , pensaci tu!
Stamattina sfoglio un giornale locale e vedo un articolo della Michela Vittoria Brambilla. Che avrà mai da dire la neo-ministra di non ricordo cosa? Scrive sulla possibilità, per i cani e i gatti di casa, di raggiungere punte di longevità inaspettate. Caspita. Un intervento illuminante.
Stasera mentre cucino ascolto la “zanzara” di radio 24: si parla di un deputato del P.D. (meno conosciuto di D’Alema )che non era presente in aula perché “tanto lo scudo sarebbe passato lo stesso” . Sarebbe come se un medico si rifiutasse di curare un malato terminale perché tanto deve morire. Questi politici dell’opposizione devono essersi messi d’accordo: “Dai, proviamo a ragionare con il …. Chissà che esca qualcosa di più proficuo che ragionare col cervello” Altro che scudo fiscale, qui c’è lo scudo della materia grigia.
Mentre riordino la cucina Cruciani invita quel “grande personaggio” di Tinto Brass a dire la sua sulla questione Polansky. A un certo punto non ascolto più e mando una mail furiosa, cercando di non dire parolacce (ma non riesco del tutto)
“Cruciani, stasera il suo modo di condurre la trasmissione è stato osceno tanto quanto le cazzate dette da Tinto Brass. Non può invitare un personaggio che sa benissimo cosa dirà e poi FARE FINTA di stopparlo, che tanto si è capito lo stesso tutto quello che ha detto: che lui di notte violenta minorenni (è una battuta? dire che è di pessimo gusto è un complimento), che le leggi non vanno rispettate, che una tredicenne è matura e cosciente delle sue scelte, che lui è solito divertirsi con la sodomia condita con vaselina, e poi ho chiuso le orecchie, perchè una povera donna deve pur difendersi dalla violenza delle parole e dei contenuti. E poi lei Cruciani si salva il c...o dicendo che non è d'accordo. Ma l'ha invitato, sapeva cosa avrebbe detto, l'ha fatto sentire a tutta Italia, e sa quanti perversi malati di mente gente squilibrata ascoltano Tinto Brass e non il suo disaccordo? Ognuno può dire la propria, lei sostiene, ma io aggiungo che LEI non può dare il microfono a tutti. Non sempre sono d'accordo con lei, ma stasera ha perso tutta la mia stima.”
Che fare, per finire la giornata? Non mi resta che ubriacarmi, per dimenticarla. Virtualmente, of course, con una canzone ascoltata stamattina per caso mentre andavo al lavoro.
Il titolo della canzone è: ci vuole serietà. Vi assicuro che non lo sapevo, quando ho deciso di postarla, tanto che ho chiamato mio figlio per cercarmi lo you tube. E' stato quando ha inserito il nome su google che mi sono detta: bè allora era proprio la canzone giusta.
(il figlio ha commentato che posto cose diseducative)

domenica 4 ottobre 2009

London, again London

(Piccoli inconvenienti della due giorni a Londra) 1. Cosa hai voglia di fare, giunta all’hotel dopo un’ora di viaggio da casa all’aereoporto, un’ora di attesa prima dell’imbarco, due ore di volo, altre due ore di pullman e mezz’ora di tube? In effetti, ti accontenteresti di poco: fare la pipì in un bagno non pubblico e lavare via tutto lo sporco accalappiato da mani e viso durante il viaggio. Alla reception dell’hotel, invece, c’è un’altra coda da fare, prima che ci consegnino la chiave elettronica e il buono per il breakfast dell’indomani. “… And day after tomorrow? “ (E per dopodomani?) Chiedo, ignara di ciò che mi aspetta. Stramaledetta domanda, la prossima volta la farò dopo aver fatto pipì. Wait a moment. Il moment si trasforma in a few minutes , poi c’è la consultazione dello chef, e mentre gli innocui desideri di un momento fa si trasformano in pura utopia, passano altri moments e altri minutes, prima del terrible responso: in their system there isn’t our prenotation for the second night. Nel loro computer non c’è la nostra prenotazione per la seconda notte, e, quel che è peggio, la prova dell’avvenuto pagamento. Il voucher che mostriamo serve a noi ma non allo chef, (comincio a odiarlo, questo fantomatico chef) che vuole il fax dell’agenzia. Dobbiamo telefonare a quest’ultima dicendo di mandarlo entro domani mattina, nel caso esso non arrivi siamo obbligati a pagare, salvo poi rivalerci su quegli imbelli. Tutto questo casino mi viene comunicato in un inglese very quickly. Chiedo alla tipa di ripetere il tutto very slowly, e lei, paziente, gentile e slowly, mi ripete varie volte il tutto, ma il risultato non cambia. Quando traduco a G. il piccolo problemino, lui comincia a inveire in italiano, mentre io balbetto nel mio inglese da sopravvivenza: che abbiamo pagato on line, che non abbiamo il numero di telefono dell’agenzia, che se anche dovessimo spedire una mail, dubito in una celere risposta, visto che l’ultima volta ho dovuto sollecitare per ottenere un riscontro, che l’unico numero di telefono che ho è a pagamento, e chissà quanto ci farebbero spendere prima di non darci risposta. Alla fine di questi inutili tentativi di comunicazione la tipa, evidentemente mossasi a compassione per il mio evidente stato di scoramento o allertata dalla reazione poco anglossassone di G., prova a chiamare il numero a pagamento, e fallito il tentativo ci consiglia di provare con la mail. Abbiamo il laptop? Il laaaptooop?? Intuisco sia il portatile, ma che diavolo di nome è laptop??? No, abbiamo deciso all’ultimo momento di lasciarlo a casa, IL LAPTOP, perché sui commenti dell’ albergo, visionati giusto alle 5 di stamattina, ce n’era uno che lamentava il furto di P.C. e macchina fotografica. Ma questo non lo diciamo, alla signorina, per non dare l’idea che sia nostra intenzione vendicarci dell’inconveniente e infangare il buon nome dell’hotel, che a prima vista sembra più che rispettabile. Alla fine seguiamo il suo consiglio: all’angolo della street c’è un internet point e spenderemo solo un pound, ci rassicura, ma mentre lo raggiungiamo prendiamo la decisione che piuttosto che sprecare i due giorni a stressarci per questa cosa, rovinandoci la vacanza, siamo disposti a pagare il già pagato. Non sono mai entrata in un internet point , e questo è a rischio di capitombolo per una terribile scala a chiocciola che porta downstairs. Mi viene una voglia matta di sbirciare lo you tube del mio vicino, ma l’urgenza della situazione e un’occhiataccia di G. mi inducono a non perdermi via e concentrarmi sulla mission impossible. Dal laptop sconosciuto (per ottenere una stramaledetta chiocciola, ho dovuto schiacciare di tutto, su quella tastiera) invio all’agenzia una mail TUTTA MAIUSCOLA, (il massimo della web-maleducazione) con oggetto urgentissimo, tono perentorio e finale minatorio. L’ultimo atto consiste nell’allertare il figlio, spedirlo a casa dicendogli di controllare la posta, poi ce ne andiamo a fare i turisti e fuck tutto il resto. Insomma, basta prenderla con filosofia. Dopo aver preso questa decisione giungiamo a Westminster e ci distraiamo talmente tanto a osservare estasiati il big ben e il parlamento, che dopo un po’ troviamo sul cellulare 5 chiamate perse, da casa: dopo aver immaginato una sequela di insulti arrivarci via telepatica, ricontattiamo il figlio furente, che manda un’altra mail furiosa all’agenzia … e il fax arriva. Mannaia!! Questo è stato solo il primo inconveniente, vi risparmio gli altri (che non hanno raggiunto tale livello di drammaticità, per fortuna)

venerdì 2 ottobre 2009

london is charming

London is as great as Great Britain’s history, as harmonic as English language, as charming as a gentleman.

Londra è grande come la storia della Gran Bretagna, armonica come la lingua inglese, affascinante come un gentiluomo.

Non mi ero preparata a questo incontro, volevo la sorpresa. Di Londra possedevo solo sparute e vetuste reminiscenze scolastiche-letterarie: Jack lo squartatore, i beefeaters che nutrono corvi dalle ali tarpate, le guardie immobili con quel terribile cappello in testa, the Union Jack, gli autobus doppi e le cabine del telefono rosse. Un po’ poco.

Seduta in ginocchio in senso contrario alla guida nell’ultima fila del pullman che ci portava dall’aereoporto alla città, vedevo Londra scorrere come su un nastro trasportatore. Monumenti che mi ricordavano qualcosa scivolavano via prima che potessi azzardarmi a nominarli, e a scanso di figuracce me ne stavo zitta. Ma poi ho visto un grattacielo e ho allertato G.“Girati, guarda quel grattacielo a forma di supposta. Non so cosa sia, ma è famoso”. Con questa frase ho inaugurato la mia scoperta di Londra. Che non mi ha delusa, come spesso succede quando non ti crei delle aspettative.

Poi leggendo la guida ho scoperto che non ero la sola a soprannominare i grattacieli: c’è la grattugia, l’uovo, l’occhio, la scheggia di vetro.

Ho scoperto anche che il grattacielo -supposta che ha inaugurato la mia scoperta della città è un grattacielo ecologico. (Ecco la ragione inconsapevole del mio feeling.)

Ma la cosa che mi è piaciuta di più è stata una scritta posta sulle scale che portano in cima a St. Paul’s Cathedral: please mind your head. (per favore fai attenzione alla tua testa). Istruttivo. Se non funziona più quella, tutto è perduto.

P.S. Lode al sindaco Ken Livingston che non ha avuto paura di profanare il suo cognome, evocativo del gabbiano Jonathan , eliminando i piccioni da Trafalgar Square