giovedì 13 agosto 2009

inizia il conto alla rovescia

Meno uno, infatti.
Il primo giorno di ferie mi sono svegliata presto, verso le sei e trenta, ma sono rimasta a letto a dormivegliare fino alle otto. Colazione, poi in edicola, a comprare il giornale per papà, e poi a portarglielo. Mamma sta cucinando per un battaglione, per festeggiare il compleanno del suo primo nipote. Dopo averla minacciata che se cucina altra roba guai a lei, vado all’ufficio postale, ma senza documenti, perché non mi sono ricordata di riprendere, da mamma, la borsa dimenticata ieri mattina. Ho in mano un cartellino giallo di convocazione e mi dicono di aspettare. Chiedo se per caso servono i documenti, nel qual caso andrei a prenderli . Poco dopo mi informano che occorre anche la presenza del marito, e il tutto viene rimandato a sabato. Torno a casa, chiamo mia sorella che mi aveva cercata, stendo i panni anche se è nuvoloso, infine decido di andare dal medico a “ripetere” le ricette per papà, mamma, marito.
Mi incammino a piedi, senza ombrello nonostante il nuvolo sia diventato minaccioso. Dopo cento metri, comincia a piovigginare, ma non ho nessuna voglia di pentirmi e tornare indietro a prendere l’ombrello: quando si prende una decisione, bisogna portarla a termine, no? Costi quel che costi. Le gocce sono incerte e si fermano, concedendomi il vantaggio che si dà ai perdenti. Affretto il passo, ma poco prima del traguardo la pioggia mi annulla lo sconto e in men che non si dica grosse gocce belle decise mi bagnano i capelli, il terriccio bagnato della strada sconnessa mi entra dai sandali e le bermuda di jeans si riempiono di macchie scure a pois, con immediato e terribile effetto ventosa. Al diavolo la teoria del costi quel che costi, la prossima volta prendi l’ombrello (sussurra una vocina)
Entro nell’ambulatorio bagnata quasi fradicia, affrontando gli sguardi incuriositi dei numerosi pazienti con un inutile quanto necessario: “Piove!”. Con tutta ‘sta gente, farò in tempo ad asciugare.
Mi immergo nella lettura del bellissimo libro portatomi appresso in uno zainetto (“Che tu sia per me il coltello”), ma le chiacchiere non mi permettono di concentrarmi. La mia vicina di sedia sta parlando di controlli e assistenti sociali con la dirimpettaia, e conclude: “Io voglio adottare un figlio, non lo voglio comprare!” (… maccheccavolo….)
Non faccio in tempo a rimettermi dallo choc, che la prima paziente uscita dallo studio si mette a raccontare che le avevano dato sei mesi di vita e invece è ancora qui, e racconta del suo coma, di come è bello di là, del suo rapporto con Dio, di come è cambiata dopo il cancro … Santo cielo! Cosa succede stamattina?
Di solito in questi posti si sente parlare di cose molto più banali, non certo di bambini venduti ed esperienze estreme … Come riprendere la lettura? Anche il PC del medico fa le sue bizze, è lento come una lumaca, ma a mezzogiorno finalmente posso raggiungere casa di mamma. Mi cambio per togliermi l’umidità (ma di chi è questa maglietta? Non mi entra nemmeno un braccio) e pranziamo. Nel frattempo sono arrivati i miei figli e mia sorella, con la famiglia. Mi spupazzo il nipotino nato da poco: un tipino a posto, per niente frignoso, di poche pretese: un po’ di latte della mamma, qualche coccolina e si addormenta nel bel mezzo di una cagnara indescrivibile (sono arrivati altri cuginetti) .
Il festeggiato accende 9 candeline rosa (poco più che mozziconi, reduci di tutti compleanni di tutti i nipoti dei nonni, rigorosamente festeggiati in questo tinello) sulla crostata, anche se compie 21 anni ed è maschio, cantiamo tanti auguri a te, le piccoline soffiano, poi si fa il bis di candele e canzoncina perché deve soffiare anche il festeggiato. Sgrido mio papà perché mangia in continuazione, facciamo una provata di pressione collettiva, offriamo la torta e i pasticcini alla vicina di casa con badante, i bambini escono in giardino e vogliono convincermi a giocare a “ce l’hai” , ma mio figlio mi avverte: “ TU non sai COME È il loro “ce l’hai”
Mi salvo con un provvidenziale: “Servo il caffè e poi arrivo”, naturalmente poi non mantengo la promessa.
Se ne saranno accorti?

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

(è il finale della poesia di ieri, il sabato del villaggio) (Impareggiabile Leopardi)

2 commenti:

  1. devo averlo già detto! Ma è sempre possibile ripeterlo: "il fine giustifica i mezzi"

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  2. bè ..dipende da quali sono i fini e quali sono i mezzi. i fini devono essere nobili e i mezzi non devono essere sproporzionati rispetto ai fini, se no non vale...

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