domenica 27 marzo 2011

certi momenti

Ieri  mi è venuta in mente questa canzone di Bertoli, che recita non credo alla vita pacifica non credo al perdono.
Mi è venuta in mente perchè sul blog del mio amico Vix si parlava di perdono .
Si parlava di chi perdona cose imperdonabili,  ci si chiedeva se questi perdonatori della prima ora fossero sinceri, e, nel caso lo fossero, se potessero soffrire di una qualche malattia mentale. Ci si chiedeva se fosse gente che non sa quello che dice dicendo di perdonare quelli che non sanno quello che fanno, oppure ... oppure semplicemente persone speciali, una sorta di marziani, di alieni dei normali sentimenti.

Credo che non si possano affrontare certe questioni con i vangeli in tasca,  credo che a certe domande non corrispondano necessariamente  risposte giuste o sbagliate,  ma solo altre domande, come una catena di sant'antonio.
Perdonare non significa dimenticare, ma non provare rancore per chi ti ha fatto del male. 
Non so come sia possibile, forse ci si può riuscire se l'offensore è una persona alla quale vuoi bene, perchè amor omnia (... o quasi omnia) vincit,  ma come fare con un estraneo? Perchè un estraneo mica lo ami, e allora con cosa lo vinci? Io non credo al diktat: porgi l'altra guancia.
Solo su una cosa non ho dubbi: che il perdono sia una parola abusata e un concetto  violentato.  Capita di sentire  giornalisti che chiedono: ma lei, perdoni, sì, lo sto chiedendo proprio a lei, a lei che le hanno ucciso il marito un minuto fa, che fa, ha intenzione di perdonare? (intenzionale) Perdona? (presente) Perdonerà? (futuro) Perdonerebbe? (condizionale) avrebbe perdonato? (condizionale passato) ....  
"Fottiti!" (imperativo)

Capita anche di sentire o leggere che  l'interessato abbia chiesto perdono. Mi chiedo se abbia senso, se sia un gesto di umiltà o di arroganza, se non sia un modo per lavarsi comodamente la coscienza nel calice della vittima, o una strategia per impietosire i giudici e ottenere uno sconti di pena. 
E che cavolo, se sei veramente pentito lo fai sapere, e che sia finita lì: perchè  devi costringere la vittima a risponderti, caricandola di un ulteriore fardello?
Pèntiti,  sconta  il tuo castigo,  vedi se riesci a perdonare te stesso, e poi, se proprio, puoi cominciare a pensare di chiedere qualcosa alla persona offesa.

Poi, non lo so, ma alla fine di tutti i pensieri mi rimane il dubbio che il perdono non sia  una cosa che si può dare o non dare, una merce di scambio, bensì una questione che devi risolvere con Dio ... oppure,  se ritieni  che Dio sia  morto e crepato, con la tua coscienza . Gli altri, forse,  non c'entrano, sono solo un surrogato.

16 commenti:

  1. Il problema del perdono non me lo pongo nemmeno. Come dici "soavemente" tu si può perdonare una persona cui si vuole bene o molto bene (amor omnia vincit), giammai chi ti ha trucidato mezza famiglia, tanto più se trattasi di un estraneo con cui hai avuto anni di diverbi.
    In questo caso no si perdona e basta. Si può solamente sperare che il tempo possa diluire l'odio che si accumula immediato al momento della sofferenza più forte. Sperare in senso cristiano, perché odiare il prossimo fa star male e non produce nessun frutto buono.
    Per quanto riguarda i giornalisti che, immerso il punteruolo nella piaga, lo girano dentro per farne fuoriuscire sangue più fresco, per quelli ho un solo epiteto:
    vigliacchi.
    "Vuole perdonare? Perdonerebbe? Perdonerà?"
    Danno la misura della miseria umana in cui la nostra società è caduta.
    Si cerca audience a ogni costo, a costo di ogni altrui dolore.
    È questo che mi fa schifo, e soprattutto il fatto che il mio sentimento di schifo e di orrore non cambierà proprio un brutto niente.

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  2. Potremmo cominciare a boicottare programmi sciacalli che si basano su questi fatti di cronaca nera.
    Ieri o ieri l'altro, durante la pubblicità di un film di Pupi Avati trasmesso su rai tre, facendo zapping mi sono imbattuta nella ... cosima, mi pare, o forse cosimo è il marito... insomma la grassa moglie dello zio di Avetrana.
    Bè, quando l'ho riconosciuta ho cambiato canale.
    In un altro zapping mi sono trovata i guanti della piccola yara, inquadrati a oltranza.
    I genitori non avrebbero il diritto di chiedere SILENZIO STAMPA anche dopo, secondo te?

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  3. Tutte le trasmissioni che marciano sul macabro e che fanno dell'orrore pan per i propri denti sono assai lontane da qualsiasi logica civile. E non si tratta soltanto di rispetto per quelle povere famiglie lacerate dal dolore, ma a mio avviso, di senso etico-morale nei confronti dell'intera comunità. Che poi, forse, questo è il minor male della nostra povera Italia!
    Ciao, buona giornata

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  4. @ VERONICA
    Scusa il ritardo, ma ho avuto una settimanaccia.
    Posso chiederti come sei arrivata sul blog?
    Posso dare una sbirciata al tuo?
    Posso augurare Buona settimana a te?
    CIAO

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  5. Ciao Silvia! Sono rimasta molto colpita dal nome del tuo blog, che ho trovato leggendo il tuo profilo e scoprendo parecchie cose in comune!
    Così sono entrata e che dire... mi piace come scrivi e mi piace ciò che scrivi! Davvero, è un piacere "leggerti".
    E ovviamente sei la benvenuta, anche se sono una neofita ed il mio blog è appena nato!
    A presto!

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  6. Grazie Veronica, buona lettura e auguri per il tuo neo-blog, al quale mi affaccerò di tanto in tanto!

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  7. Il perdono è un atto che segue la com-prensione.
    La com-prensione, il prendere con sé il contesto che portò all'evento.
    Osservarlo con gli occhi, capirlo con la testa e abbracciarlo col cuore.
    Poi puoi iniziare a sentire se c'è il perdono.
    Ma è un processo personale lungo. E spesso non si arriva alla comprensione perché non hai il cuore e l'anima del vissuto.
    E allora il perdono blaterato verbalmente non diventa che un atto formale vuoto.

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  8. La com-prensione è necessaria ma non sufficiente per raggiungere il perdono.
    Posso comprendere di testa ma non perdonare di pancia.
    Ci vuole anche la com-passione, che è poi il tuo "abbracciare col cuore"

    Capita raramente, ma ci sono certi momenti in cui i tuoi pensieri non fanno una grinza.
    Ma sono rari!

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  9. Penso che non si possa comprndere di testa. Di testa puoi capire, ma se manca vissuto capisci ma non com-prendi.
    Mi permetto quindi di riformulare la tua frase.
    Posso capire di testa ma non perdonare di pancia.
    Quando c'è la com-prensione hai capito con la testa e perdonato di pancia (o di cuore, se preferisci anche se la pancia è emotiva, il cuore è semplicemente grande e anemotivo).

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  10. Te pareva.
    Era troppo bello!
    Il momento è svanito, come è giusto che sia data la sua qualità intrinsecamente fuggente, e walker ha ricomiciato a stra-parlare!

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  11. Silvia, non capisco. Cosa avrei scritto di straparlante?

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  12. fai le pulci a ogni parola virgola e spazio dopo la punteggiatura!
    ti scrivi il tuo devoto-walker personalizzato!
    Non c'è nessuna differenza tra comprendere e capire, cazzarola!

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  13. No, a meno che uno metta tanti di quei puntini sulle i da non vedere più la i ma la retta che ci sta sopra!

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  14. Gli inuit e altri popoli che vivono nei pressi dell'antartico hanno decine di termini per indicare le decine tipi di neve e ghiaccio. Perché per essi è importante indicare il tipo di neve/ghiaccio precisamente.
    In quei puntini (non poi così piccoli) c'è la differenza.

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  15. Chiaro, anche perchè se sbagliano tipo di ghiaccio sono caxxi!
    "Vai a pescarmi un merluzzo nel ghiaccio X, dice la moglie al marito.
    Lui, che quel giorno ha in testa una belen-inuit, non ricorda le indicazioni della moglie e va invece dritto dritto nel ghiaccio Y,
    dove cade nel buco finendo per far compagnia ai merluzzi.

    (.. o forse la moglie gli ha detto vai nel ghiaccio y, apposta)

    Questa cosa degli inuit me l'aveva già detta un mio antico, antichissimo commentatore, Andre ... chissà che fine ha fatto!
    Era carino, non come te che sei uno scassamaroni!
    A parte le battute,
    lo sai come dovresti chiamarti invece che uomo in-cammino?
    uomo im-possibile!

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