sabato 18 febbraio 2012

LASCIATEMI IN PACE

Quando  le maniche mi si infileranno nelle braccia dal davanti,
 come se invece di camicia si trattasse di camìce,
e la stoffa dapprima distesa sulla pancia
si ribalterà con mossa decisa dietro le spalle
quando le odiate collant mi risaliranno dai piedi alla vita
stridenti come gesso sulla lavagna
e un vestito che non mi riconosce coprirà le mie nudità
quando un pettine sconosciuto mi passerà tra i capelli
e un laccio emostatico mi chiuderà la bocca,
strozzandomi



... per fortuna sarò già morta.

Quando terminato il pianto dei parenti
inizierà la processione degli avvoltoi
bramosi di cibarsi delle prime briciole di morte
e mani invadenti mi sfioreranno
misurandomi temperatura corporea e consistenza epiteliale,
scoprendo differenze e uguaglianze tra versione ante e  post mortem
interpretando la mia espressione facciale
addirittura apprezzando la novità
del mio portamento  finalmente composto,

quando quegli stessi avvoltoi
ormai sazi del pasto
si concederanno un digestivo
aprendo il becco adunco per sparare cazzate a raffica
allora risorgerò,
con l'impulso di cacciarli via tutti in malo modo come fece Gesù coi mercanti del tempio,
ma poi mi limiterò a dire loro
pacatamente
che non possono pretendere socievolezza in morte
da una che socievole non lo era nemmeno in vita.

14 commenti:

  1. Mi è stato sempre difficile interpretare a fondo le poesie degli altri, figuriamoci che non sopportavo Leopardi perché, a mio giudizio, era monocorde.
    Soprattutto le poesie essudanti tristezza, soprattutto -anzi innanzitutto- quando a scriverle era un autore-autrice che conoscevo bene e di cui sapevo il tormentoso iter della sua poesia.
    Come in questo caso.
    Sarò obiettivamente obiettivo: mi è piaciuta. Non c'è solo dolore e disperato senso della vita che finirà, certo finirà; ma anche -e questo mi è piaciuto in assoluto- una carica di rigetto della mala sorte, di voglia di combattere, di spaccare tutto e tutti; di sorvolare sulle bassezze dell'umanità bacchettona, baciapile e manichea, che in certe circostanze -qualche volta a un battesimo, qualche altra a un matrimonio, ma è a un funerale che supera se stessa in falsità, triti luoghi comuni e lacrime di finta acqua- affligge tutti i presenti, soprattutto il caro estinto, proponendo e quasi imponendo la sua presenza oltraggiosa. Ma non si possono costoro prendere a calci nel sedere e cacciare fuori, sono purtroppo spesso persone cosiddette -o così considerate- amiche, a volte addirittura parenti anche stretti.
    Forse il caro estinto vorrebbe resuscitare,per cacciarli via lui, ma questo può farlo solamente in una poesia, bella, sonora, ma solamente frutto dell'ingegno e della fantasia.
    Molto bene, ragazza mia: hai scritto una bella cosa ed hai dimostrato ancora una volta a me che avevo ragione a darti una valenza come scrittrice e adesso come poetessa.

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  2. Va beh che siamo in periodo di scrutini e bisogna arrotondare, ma non ti sembra di essere un pò manica larga, oggi? ;) (Il titolo, ad esempio, non va, la prima parte è troppo macabra, infine ho dimenticato la parte finale, dove avrei voluto testamentare che vorrei essere esentata da questo teatrino e ... per favore! bruciata il prima possibile)

    Leopardi era/è il mio poeta preferito, anche perchè Totò, con la sua inguaribile dispersività, riuscì appena a farci sfiorare la poesia del novecento.

    Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la trascrizione dei miei pensieri, cuciti insieme durante le notti insonni che seguivano i giorni passati nella camera ardente di nome raggelante di fatto, e che li abbia meglio spiegati nel commento.
    L'assurdità e la pomposità di alcune espressioni usate durante questi tristi giorni, quali "il caro estinto" da te ricordato(estinto come participio presente del verbo estinguersi? e da quando l'uomo è specie in via di estinzione? non abbiamo forse il problema opposto?) è esemplificativo di quanto il teatrino del post-mortem sia banale ma nello stesso tempo anche irreale.

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  3. Effettivamente il tuo "lasciatemi in pace" mi aveva subito portato alla mente il "lasciatemi cantare" di Totò Cotugno. Ma sono quisquiglie, per riesumare il tuo, e mio, amatissimo Totò. I titoli si possono cambiare i concetti poetici e i contesti poetici se non ci sono non ci sono, e non ce li puoi incollare sopra.

    Leopardi mi stava sul cucuzzolo della montagna: troppo lagnoso, sempre strappalacrime, sempre -troppo- struggente. E chi se ne frega se tutti si beavano di lui: io no.

    Essendo io stesso poeta ho colto immediatamente i tuoi intimi pensieri, le tue riflessioni, nate dal macabro "vestimento della salma". Ma hai assistito a ciò? Non sei scappata? Ti ammiro.
    Io ho assistito a questa cosa indimenticabile, questa ultima violenza fatta sul corpo che più non poteva difendersi di mia mamma. Li avrei ammazzati tutti e tutte le infermiere e i travestitori, sì perché la travestirono da morta, lei che dopo spirata ancora emanava vita, e bada che io l'ho vista alcune ore dopo la sua morte.

    Sorvoliamo pietosamente sulle espressioni di falso cordoglio che tutti ti rovesciano addosso. Pensa che una signora, si fa per dire, arrivò a chiedermi: "Ma lei vive così lontano? Non poteva arrivare almeno a prendersi l'ultimo respiro di sua mamma?"
    Me so aricordato de na canzone che cantava puro Claudio Villa:
    "Me so venuto a pijà l'urtimo respiro, l'urtima parola, l'urtimo addio, o mamma mamma guardime, so io". Era un fijo che stava in galera e ce l'aveveno portato ammanettato sto poro fijo.

    Ciao, me viè da piagne.
    Bella poesia, quanno te rinnova ricordi dolorosi e te rifà piagne, Sirvià.

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    1. Poco tempo fa ho visto un bellissimo film giapponese sull'arte della vestizione del morto.

      Ma qui non è così, e come dici tu ha in sè della violenza.
      Gli uomini sono scappati e siamo rimaste noi donne, però in un attimo di lucidità sono riuscita a cacciare via mia figlia, che di traumi ce ne ha già di suo.
      Adesso che so quanto è brutto questo momento, credo che mi rifiuterò di assistere alla vestizione dei miei genitori.

      Quanto a me, penso che farò come la GRANDE, GRANDISSIMA Vittoria, una mia anziana vicina di casa che vive da sola e che ha in progetto, quella sera che non si sente tanto bene, di andare a letto vestita, così da non far tribolare i suoi figli nel caso dovessero trovarla morta al mattino.
      Dovevi essere qui quando lo raccontava, abbiamo fatto tanto di quel ridere!!

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    2. Anche con la scarpe? Mi ricorda mia nonna Michelina, la mère de ma mère, che diceva di volersi coricare -parola sua, antica- "calzata e vestita", perché di sicuro se fosse morta nel sonno la sue due figlie se la sarebbero data a gambe lasciandola in mano agli estranei, cosa che è successa. Buona profetessa la mi nonna.
      Gli uomini sono scappati? Normale, ma io che "normale" non sono ero lì che controllavo. Il giorno dopo, prima di deporla nella bara insieme a suo fratello, mio zio Aldo, le abbiamo sollevato le vesti e controllato il ventre, per essere sicuri che fosse morta, come lei desiderava noi facessimo. Aveva macchie blu violacee: mamma era morta, mortissima, così l'abbiamo lasciata ai becchini.

      Tu puoi fare come vuoi. Solo una cosa ti consiglio: non farti cremare. Dobbiamo tornare alla terra, non al fuoco annientatore.
      E poi, se fosse vera la storia della resurrezione della carne? Come potresti risorgere? Rimarresti perduta nell'eternità.

      Questa tua risposta a un mio commento l'ho trovata tra i "wrote", per caso, scusa il ritardo.:))

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    3. Non credo alla resurrezione della carne, e comunque la mia carne preferisco metterla sulla brace che lasciare che si decomponga.
      Soffro di claustrofobìa, mi dà fastidio stare con le porte chiuse, cerco di non prendere l'ascensore, solo l'idea di avere un coperchio che mi si chiude sulla faccia mi fa venire un attacco di panico.
      Ecco, credo che dopo morta risorgerò per un attacco di panico, e subito dopo rimorirò per un infarto. :))

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    4. È quello che temo io, per questo pretenderò dai miei figli di fare quello che abbiamo fatto a mia madre.

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    5. Ma come potevamo essere così funerei in quel lontano mese di febbraio? Comunque bella cosa avevi scritto. Soprattutto gli ultimi due versi:
      "Che non possono pretendere socievolezza in morte
      da una che socievole non lo era nemmeno in vita".
      Qualche volta sei di una sicerità eclatante...qualche volta.

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  4. Vorrei commentarla, ma sono di poche parole oggi. Ma non potevo non lasciarti qui la gratitudine, di avermi emozionato un po'.

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    1. Ieri eri di poche parole, e oggi? :)))

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    2. sei SENZA PAROLE come Vasco? E va bene così!
      Ogni tanto un po' di astinenza anche da quelle non fa male, la quaresima delle parole.
      Ho guardato dentro una bugia
      E ho capito che è una malattia
      Che alla fine non si può guarire mai...

      TROPPO VERO!
      Come non mi piacciono i bugiardi!!!

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  5. Perdona il fuori tema e l'invadenza, ma dopo l'insperato successo della mia campagna, siete rimasti in tre o quattro ad avere l'odiosa verifica parole, che nella nuova versione è diventata, credimi, un vero supplizio!! Sii gentile:

    http://zioscriba.blogspot.com/2012/02/cumunicazione-di-servizio-la-nuova.html

    Ciao! :D

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  6. Siamo rimasti in tre o quattro, sì, tre o quattro sfigati!
    Hai tutte le ragioni del mondo zio paperone ... ops zio scribacchione, ma ... non è che non voglio essere gentile, è che proprio NUN CE LA FO'.
    NON CE LA POSSO FARE
    I can't make it
    RIESI MINGA
    Ne comprenez vous?
    Dev'essere un affare di interfaccia, hai presente, la faccia dell'inter quando perde? No, quell'altra, quella di blogger, quando ti fa perdere i commentatori, giustamente stufi di quel capestro di capcha.
    L'ultimo tentativo: lancio un SOS all'amico che mi ha messo su il blog, poi mi arrendo alla dittatura capciana.
    CIAOOOOO

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Parla! Adesso o mai più!