sabato 22 ottobre 2011

LO CHIAMERÒ ESKIMO –perché me lo ricordo così-

(PRIMA PARTE)


Lo chiamerò Eskimo, perchè me lo ricordo con indosso l'eskimo, perchè ERA un tipo da eskimo e perché erano gli anni della gucciniana “Eskimo”. 


L’eskimo ce l’avevo anch’io, ma lo portavamo per motivi differenti: lui come divisa politica, io come cappotto. 
O meglio: lui da borghese, chè sua madre gliel’avrebbe bruciato, io da proletaria, chè mia madre me l’aveva comprato dal suo fidato venditore ambulante solo dopo averne apprezzato l’economicità e la praticità. 
Per dirla alla Guccini, l’autentico eskimo era il mio:  
un eskimo innocente, dettato solo dalla povertà. 
Ma a quei tempi non glielo dissi, perchè lo capii molto più tardi. 
  
Eskimo era lo studente più in vista dell'intera cittadina: sempre in prima fila nei cortei, col megafono, e poi alle assemblee studentesche, col microfono, e dovunque si potesse fare un po’ di sano casino comunista.
Ce lo trovammo in classe in terza o in quarta, esule dal liceo classico (o forse cacciato). 
Venne a sedersi  alla mia destra, nell’ultima fila, che era poi la sede della nostra cricca, da noi pomposamente chiamata la  comune insurrezionale
In realtà, di rivoluzionario avevamo solo il nome, poiché il nostro scopo principale era semplicemente:
Poterci fare i cazzi nostri senza essere eccessivamente disturbati dalle lagnanze dei prof” 
(così recitava il primo articolo dello statuto, redatto dalla scrittrice del gruppo, che non ero io)
Eskimo si inserì d’ufficio in questo club esclusivo composto da pochi eletti, sopportando perfino il fatto che in esso fosse stato ammesso -pur con debita riserva, essendo sempre sul punto di esserne radiato- un biondo ciellino con una barbetta da capra, gli occhiali come fondi di bottiglia e la faccia da seminarista. 
L’unica cosa bella che ricordo di questo pretino in fieri era il suo modo di sorridere, franco, e così spontaneo da coinvolgere l’intero viso.  
In questo era molto più carino di  Eskimo, che invece di ridere sghignazzava a singhiozzo come una iena; nel suo sorriso, poi, non c’era mai solo divertimento, perchè riusciva a infilarci  di tutto: da un accenno di sfottimento a  una smorfia di disprezzo totale.

Il mio Mario Capanna era orbo come una talpa, dichiarava di non poter fare a meno degli occhiali neppure a letto, puzzava di fumo, sosteneva di avere il fegato a pezzi e aveva un padre tuttodunpezzo, col quale ovviamente era in costante stato di lotta dura senza paura.
La nostra fu una convivenza di banco per lo più litigiosa ma con un sottofondo affettuoso,  anche se non l'avremmo mai ammesso. (L'affetto, intendo)
Pensandoci ora,  credo che il 99 per cento della popolazione scolastica femminile  mi invidiasse questo compagno di banco, primo perchè era il classico ragazzo Niente-Affatto- Bello-Ma-Che-Piace, secondo perchè era un leader nato, terzo perchè nella mia scuola i maschi erano merce rara come  galli in un pollaio!
Eskimo era fumatore, bevitore, cannatore, trasgressore, contestatore, affabulatore … e logorroico. (Mi spiace d'aver rovinato la rima, avrei potuto terminare l'elenco con "parlatore", ma quando uno è PROPRIO logorroico non c’è rima che tenga)
(Mi era venuto anche un altro aggettivo, questa volta in rima, ma sarebbe una supposizione non suffragata da prove). 
Oh …  dimenticavo! Terribilmente egocentrico!
Ma chi non lo è, a quell'età? 
Io ero una maestra, di ego.

Fine prima parte

11 commenti:

  1. Io portavo il montgomery, come una conquista sociale. Non avevamo ancora i jeans ma avevamo tolto le cravatte come forma di protesta -eravamo alla fine degli anni 40 e si vedevano in fondo arrivare lemme lemme i 50, perché il tempo non correva, andava piano piano- mai stato negli ultimi banchi, mai sospeso, mai bocciato, una sola volta rimandato a settembre in mate e storia.
    Ma non ero un secchione, grazie a Dio, solo apprendevo in fretta r ricordavo poi tutto per l'intero anno. Una dote che non ho più, la memoria di ferro.
    Non eri al classico? Ma in che scuola stavi?

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  2. Al classico? Stai scherzando?
    Al classico mi ci volevano mandare i miei genitori, ma dato che era solo PER FARMI USARE I LIBRI DI MIA SORELLA, ed evitare di comprarmene di diversi, io mi rifiutai, e che cavolo.
    Perciò mi iscrissi alle magistrali: la scuola del meno, la chiamava il mio grande prof Totò.

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  3. Ah ah ah! Sei maestra?! Noi andavamo a farci la ragazza alle magistrali. Pensa tu che io sono stato circondato da maestre.
    Mia mamma non lo era ma lo faceva coi figli, insegnandoci perfino a scrivere i temini e a fare le operazioni di aritmetica.
    Zia Giulia era maestra elementare.
    Mia cognata Lidia è maestra in pensione.
    Una cugina di 1° grado maestra.
    La mia prima ragazza, Anna O., maestra; la seconda, Maria Luisa A., maestra.
    Non se ne poteva più.
    Stavo per fidanzarmi con Agnese P., anche lei maestra.
    Insomma una vera inflazione.
    Ma a che servono tutte ste maestre?
    sto scherzando, lo so a cosa servono.
    Ciao :DDD

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  4. Simpatica Silvia
    un saluto:-)
    forte questo post ... e già... dal sorriso di una persona si possono capire molte cose ...

    gli anni della contestazione (parlo del 1977 e d'intorni), sono anni "molto pittoreschi" ricchi di personaggi originali ed irripetibili che si ricordano piacevolmente e con un pizzico di nostalgia:-)

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  5. Ciao Paolo, ci si rivede.
    ... Non solo dal sorriso, ma da tutto il corpo, non credi?
    Hai presente la bellissima FISIOGNOMICA di Battiato Best?
    Dal taglio della bocca se sei disposto all'odio o all'indulgenza ... (è terribile, mi viene in mente la santanchè!)
    Il video è osceno, quindi ti consiglio di ascoltare ma non guardare, d'altra parte la versione live aveva un pessimo audio.
    Sono contenta che ti piaccia Eskimo, perchè ho faticato a scriverlo.
    Ti aspetto per la seconda parte, allora!

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  6. IACOPONI PRENDINGIRO!
    Mi conosci da due anni e non sai che lavoro faccio? hai dimenticato i post
    testa-rapata
    anna anima strappata .. e pelle di pesca che non trovo più?
    In realtà hai ragione a non capire di che lavoro si tratti, pensa che ancora non l'ho capito io, che lo faccio da 29 anni!

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  7. Sei di coccio? Il lavoro che fai lo so, ma la mia domanda era: che scuola hai fatto? Per il sostegno mi pare che adesso in Italy occorra una laurea da tre anni.
    Non so ma sta roba dei tre anni mi fa pensare alla mia fanciullezza e al mercato del pesce a Civitavecchia. Ci andavo con mia madre.
    "Me dà sta cernia, giovenò" diceva mamma.
    "Bella signò, è la più mejo. Jela peso. So tre chili signò"
    "Troppo, semo matti! Ammè me basta 'n chiletto, che ce fo coll'antriedue, nun ce l'avemo er gatto"
    Che bella stagione infinita.
    Ero gelosissimo di mia madre.
    Lo so che non c'entra col post, ma che ci vuoi fare? Io so accussì.

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  8. Istituto Tecnico Industriale, per sbaglio, perchè avevo appena tredici anni ed i miei amici si erano iscritti lì.. i miei insegnanti volevano che mi iscrivessi allo scientifico... avevano ragione loro! Io ero all'opposizione, la mia era la città dei Boia chi molla ed uno come poteva stare solo all'opposizione... ora che ci penso... è da quando sono nato che sto all'opposizione :-))

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  9. All'istituto tecnico ci andava uno per cui avevo una super cotta. quell'istituto era considerato una scuola quasi più difficile del liceo.
    Boia chi molla al grido di battaglia non era un motto di destra? Vuoi dire che c'era predominanza di fascistoidi? di quale città parli? e i sinistri dov'erano?

    In ogni caso stare all'opposizione non è cosa poi così pessima, se non altro trattasi di un gran bel metodo anti-claustrofobia ... :)

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  10. Sono di Reggio Calabria Silvia e, non molti anni prima c'era stata la rivolta di Reggio capoluogo, una vera rivoluzione dettata dalla voglia di riscatto dell'intera città, la sinistra non ebbe il coraggio di schierarsi, anzi condannò! La destra fascista dell'MSI invece cavalcò l'onda portando dalla sua parte diverse generazioni di reggini che al motto "boia chi molla è il grido di battaglia, contro il sistema la gioventù si scaglia" modificatrono per sempre l'essere di un'intera città!

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  11. Vedi vedi: Reggio Calabria.
    Caro Nino P. avresti fatto la felicità di un reggino DOC grande amico mio, Mario Monoriti, che sosteneva essere quella reggina la migliore gioventù. Era di destra,MSI come me, che alla Sapienza di Roma andavo a far botte coi compagni di notte per le strade della capitale.
    A la faccia de chi ce vò male!

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