martedì 1 gennaio 2013

Luce, che vive in paradiso

Le prime due sere Luce si limita a guardarmi in atteggiamento di paziente e docile attesa  mentre siedo a tavola, in questa piccola sala da pranzo arredata con gusto;
un'attesa che mi guardo bene dal soddisfare, al punto che il signor Leo la convince a tornarsene di là, "chè la signora non gradisce".

Leo è il proprietario dell'agriturismo, coltiva il  podere  insieme al figlio  e intrattiene gli ospiti  con sapienza contadina, cultura, sensibilità e ricercatezza di pensiero e d'eloquio.
Una persona fuori dagli schemi,  della quale ho annusato da subito essenza di autenticità.
Ci racconta la storia di Luce mentre ci serve un ottimo piatto di cinghiale con le olive cucinato dalla moglie nella cucina attigua.
La  madre di Luce apparteneva a suo suocero, ed era un puro bretone, un cane da tartufo strepitoso.
Quando invecchiò, scadendo in produttività, il padrone la mise in un recinto disinteressandosi di lei e dei cani che la importunavano sessualmente. (percepisco nel tono di voce del signor Leo una nota di biasimo  al ricordo del comportamento del suocero)
In codeste tristi circostanze  nacque Luce, o Lucietta come il suo padrone a volte la chiama, una cagnetta intelligentissima.
L'insensibile suocero l'avrebbe annegata nel fiume insieme agli altri cuccioli, come era usanza da quelle parti, e fu così che venne adottata dalla famiglia del genero.
Luce esce ogni sera col suo salvatore e con i figli, tre irrequieti cani da segugio.
Ieri sera c'era plenilunio e l'allegra brigata è stata fuori per buona parte della notte, con i cani che fiutavano le tracce e poi scovavano un gruppo di cinghiali, facendoli allontanare. Il signor Leo ci descrive la bellezza della notte nella macchia con lo stupore dei bambini e delle persone dall'animo puro.
Luce è una piccola e insignificante cagnetta ma non ha nessuna paura dei cinghiali.
Il cinghiale appena sente odore d'uomo si allontana, diventa  pericoloso solo quando è ferito e quando la femmina difende i piccoli. Quella volta che sono stati caricati da una scrofa, il signor Leo non sapendo cos'altro fare ha fatto roteare sopra la testa  i guinzagli dei cani e l'animale è fuggito.
Questa zona  è pieno di cartelli "riserva di caccia", ma gli abitanti del paese sono tutti cacciatori.
Cacciano anche gli istrici, di frodo. 
Il signor Leo  va a caccia, ma solo di tracce e disprezza i cacciatori di istrici.
Il mattino seguente si offre di farci da guida nella parte iniziale della nostra escursione, mostrandoci lo stato di abbandono del podere confinante con la sua proprietà.
Gli ulivi non sono potati, il sottobosco li invade, le olive giacciono non raccolte sui rami o schiacciate a  terra.
I proprietari di questo podere sono dei nobili, eppure o proprio per questo lasciano andare tutto in malora.
Mentre Luce trotterella felice attorno al nostro trio, penso che  per un cane abitare in un agriturismo e soprattutto avere un padrone come questo è come essere in paradiso, o acquisirlo senza dover prima scontare una vita da cani.
Quando il signor Leo ci saluta, dandoci le ultime indicazioni, la cagnetta appare sconcertata e indecisa, come se non sapesse che fare. La lasciamo alle sue perlustrazioni cinghialesche.
Dopo vari chilometri nella campagna toscana, senza incontrare anima viva, (tranne un paio di antipaticissimi cagnetti che rincorrono i nostri piedi abbaiandoci contro fino a quando g. si mette a rincorrerli lui, facendoli scappare a gambe levate) sento un fruscio, mi volto e la vedo. Forse quando si è stancata di fiutare cinghiali si è messa a fiutare noi, e ci ha raggiunti, questa Luce vagabonda.
La sera,  imbaldanzita dalla comune passeggiata mattutina, Luce si prende la confidenza di depositarmi il musetto sulla coscia sinistra, ma  in modo così leggero -si direbbe che mi sfiora-  che non ho il cuore di scacciarla ... almeno  fino a quando m'arriva alle narici il suo profumo d'essenza canina;
a quel punto la guardo negli occhi, lei mi legge nel pensiero e va ad accucciarsi davanti anzi dentro il grande camino nelle cui fauci ardono giorno e notte ciocchi di ulivo e di querce.

18 commenti:

  1. Più che Luce o Lucietta avrebbero dovuto chiamarla Mosè, salvata dall'affogamento.
    Bella questa tua prima storia dell'anno, una storia rurale, tra cinghiali vivi e in padella, segugi e cacciatori di frodo (capirai, te ne vai in Toscana, dove quando nasce un figlio maschio gli comprano lo schioppo ancor prima di averlo battezzato), una storia che mi ha ricordato casa mia -Civitavecchia è ai confini della Toscana, della provincia di Grosseto, e noi andavamo appunto all'apertura di caccia sempre nella provincia di Grosseto o di Pisa o addirittura di Arezzo, e non ti dico che casino tra i nostri cani, tutti segugi di razza e gli spinoni dei Toschi, che sembra nascano dalla pancia della madre insieme al loro spinone- una storia carina, scritta bene come al solito, si vede che sei come il vino, invecchiando migliori.
    Scappo prima che tu mi possa prendere di mira e sparare.
    Buon anno, Silvia e ben tornata.

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    1. Grazie!
      A proposito di vino: il signor Leo ogni sera serviva in tavola mezzo litro di vino rosso prodotto da un vicino di casa - a kilometri zero, si dice-
      Nonostante avesse fin dalla prima cena scoperto con orrore la mia avversione alla bevanda di noè, insisteva ad apparecchiarmi il calice accanto al bicchiere dell'acqua, e alla fine del pasto controllandone la posizione scrollava il capo chiedendomi: Per quante sere dovrò ancora vedere quel calice CAPARBIAMENTE girato?
      Troppo forte quell'uomo, Enzo! Piacerebbe una cifra anche a te!
      Ieri sera ho sentito perfino mio marito che mentre scaricava le foto diceva: mi manca l'ometto!

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    2. Me lo posso immaginare. Anzi mi par di vederlo, sai da dove? Non ci crederai: da quell'avverbio tipico di certi contadini toscani, che magari non hanno studiato molto, ma parlano forbito come pochi che pur studiato hanno, e assai poco appreso.
      Bello quel CAPARBIAMENTE, quasi sublime.
      E sì che conosco una tipa che diceva che quando vede scritto in stampatello si fa venire l'orticaria.:))

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  2. Anch'io avevo una cagnetta vispa che mi metteva il musetto sulla coscia quasi a dire "oh, io son qui, se ti avanza qualcosa, che sia carezza o cibo, io l'accetto volentieri". Purtroppo è morta molti anni fa. Quando la sogno, sogno sempre che in qualche modo è resuscitata ed è tornata tra noi; non sogno mai, chessò, che invece non sia mai morta, credo che il trauma di averla persa sia stato talmente forte che anche nel sogno non riesco a dimenticarmi che è morta.

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    1. Come si chiamava la cagnetta dei tuoi sogni?
      Non ne hai più avute altre?
      Tante persone, dopo aver perso un animale domestico, dicono di non volerlo sostituire, perchè pensano che il rapporto che si creerebbe sarebbe solo un surrogato del precedente rapporto affettivo.
      Un po' come lo stato vedovile: non tutti si risposano.

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    2. Per non rimanerci fregati di nuovo!
      ah ah ah ah ah ah:)))

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    3. Si chiamava Fufetina (da Fufi che era il primo cane che ha avuto mio padre da bambino). Poi altri cani no, solo gatti, ma è solo un caso, il fatto è che ogni volta che ne è morto uno ci siamo detti di non volere altri animali domestici, ma a pensarci bene sono sempre stati loro che capitavano a casa nostra e non se ne andavano (abbandonati lì nelle vicinanze, oppure con padroni che li trascuravano come i nostri vicini). La cagnetta, già adulta, invece me la portò mio zio che viveva in aperta campagna con stalla e tutto, dove i cani vivevano liberi tanto che l'eccessiva promiscuità aveva causato un certo sovrappopolamento.
      Quante che ne avrei da raccontare, come ad esempio il mio primo gatto: io e i miei fratelli stavamo giocando davanti a casa con degli amichetti, e lui comparve così, d'improvviso, non si sa bene da dove. Era un gatto giovane ma non un cucciolo, era un soriano grigio chiaro con le zampe bianche. Mia madre appena lo vide gli urlò "miciarìììììì", lui non se ne andò più via e quello rimase il suo nome. Un giorno tornò a casa in bruttissime condizioni, un cane l'aveva azzannato strappandogli un bel pezzo di carne dalla coscia (si vedeva quasi l'osso!!!). A quel tempo, anche per le nostre precarie condizioni economiche, non pensammo affatto di portarlo da un veterinario, l'accomodammo in angolo e lo accudimmo come meglio potemmo, lui si salvò e col tempo tornò come prima.
      Il mio primo cane invece indovina come si chiamava? Fufi (mio padre era proprio fissato). Povero Fufi, un giorno attraversò la strada per raggiungere mio fratello che scendeva dal pulmino di ritorno dalla scuola, e un'auto lo colpì. Sopravvissuto non so come allo schianto, si rifugiò in mezzo all'erba alta che circondava casa mia, "è andato a morire" pensammo tutti, e per me fu una cosa veramente surreale perché quella sera stessa dovevo fare la "prima confessione" e ricordo che in chiesa pensai sempre a lui: mentre recitavo l'"oh Gesù d'amore acceso", mentre venivo confessato e mentre dicevo un tot di Ave Marie e Padre Nostro. Quando tornammo a casa il cane uscì fuori dalle sterpaglie, aveva un occhio ferito e da quello non ci vide più, ma era vivo e visse ancora a lungo.
      Potrei raccontarti di Pelosina, una gatta dal pelo folto che comparve una sera sul mio balconcino miagolando disperata, la facemmo entrare e lei corse a rifugiarsi nel vano inferiore del mobiletto porta-televisore, quando si ammalò ai polmoni dovemmo fargli l'aerosol.
      Oppure di Miciotta, la gatta che vive ancora con noi. Alla morte del marito, mia zia ha deciso di trasferirsi in un piccolo appartamento in cui sono vietati i gatti, così la sua micia ce la siamo presa noi. Era traumatizzatissima perché la badante russa di mio zio appena vedeva che era un po' sporca le faceva una doccia(!!!), così in casa da noi appena vedeva dei movimenti bruschi faceva dei salti pazzeschi dalla paura. Ora si è tranquillizzata e sta bene, la sera, dopo cena, mi fermo sempre almeno cinque minuti a farmi azzannare da lei (per gioco).

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    4. Carine le tue storie di animali Angiolino!
      Io di animali in casa non ne ho mai avuti perchè mia madre pur essendo figlia di contadini ha sempre avuto paura di tutte le bestie, e poi è un'igienista patologica -tutte fisse che mi ha gentilmente passato-
      però i miei vicini, che non erano mai a casa, avevano un setter nel giardino adiacente al nostro col quale giocavamo nonostante la rete divisoria. Noi correvamo di fianco alla nostra casa e lui correva di fianco alla sua, e ci ritrovavamo nel cortile retrostante, avanti e indietro così fino a quando ci penzolava la lingua a tutti.
      Quando c'era un temporale Gim aveva paura e con i denti rompeva la rete per venire da noi, poi arrivava il padrone e lo picchiava.

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    5. Povero Gim, a me piacciono quasi tutti gli animali, però ho una gran paura/schifo dei pennuti come galline, piccioni, aironi, tacchini etc.

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    6. ssssttttt!!!!
      non farti sentire da mio marito a paragonare un airone con un piccione!!
      fanno rima ma sono diversi come il diavolo e l'acquasanta!

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  3. I cani hanno la sensibilità che non vogliamo avere noi
    è bastato uno sguardo di una sconosciuta per capire che doveva star distante
    Ciao Silvia.

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  4. Però non tutti i cani sono intelligenti come Luce.
    Alcuni sono stupidissimi, come quelli che ti rincorrono abbaiando a più non posso solo perchè stai camminando.

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  5. arf arf bau bau miao blub blub groaaar, insomma, tutto lo zoo ti saluta in coro.

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  6. Uh che bello il racconto.
    Mi evoca i passi, il camminare, l'odore di campagna, quello canino. la convivialità fatta anche di cinghiale colle olive, che lo sappiamo che il cinghiale è un animale molto buono. :)
    Certo che quegli uliveti ormai non più accuditi né curati.
    Da una parte il selvatico e la Natura che si riprenderà quei luoghi, dall'altro solleva domande su questo mondo storto, come dice Corona. Come è possibile che tale ben di dio vada in malora?

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  7. Il cruccio del signor Leo.
    Mi chiedo come possa chiamarsi "agriturismo" un posto dove si privilegia il "turismo" all'"agro".
    E dire che quando ho prenotato stavo per considerare quel podere, poi ho scelto l'altro perchè più economico.

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  8. Stavo pensando ad alcun tentativi di evitare il finto agriturismo tutto turismo e niente agri che cercano di stabilire una quota di reddito aziendale proveniente dall'attività agricola.

    Da una parte i furbi che fanno poco o nulla agricoltura e che vogliono fare turismo senza gli oneri del turismo, così fanno agriturismo farlocco, finto che in realtà è turismo rurale.
    Dall'altra parte esistono aziende agricole i cui redditi sono così bassi che... i proventi dell'attività turistica possono diventare rilevanti se non preponderanti.

    Rimane solo il discernimento dei clienti. Io vado solo in aziende agrituristiche piccole ed effettivamente agricole.
    Risolto il problema, destino parte del mio reddito al sostegno di una buona eco-nomia agricola e a un turismo sostenibile, piccolo e diffuso nell'esistente.

    Ecco ancora una volta che il criterio "a prezzo più basso" non può essere l'unico su cui basarsi.

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  9. tutti quei resort che ho visto in toscana non hanno niente di agri, sono hotel di lusso.
    il podere dove abbiamo alloggiato noi è nato come azienda agricola; si è adattato al turismo nel momento in cui la coltivazione degli ulivi non rendeva a sufficienza per mantenere una famiglia.
    così è anche per quel piccolo podere alle 5 terre, gestito da due vecchietti deliziosi, di cui ho scritto dopo esserci stata e di cui ti lascerò il link appena lo trovo.
    hai ragione, solitamente "piccolo è bello".
    ma dato che il piccolo non può offrire i servizi del grande, solitamente costa anche meno.


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