mercoledì 14 novembre 2012

dove le luci non si spengono mai


Puzzo di galleria
freccia di un'auto che s'immette, non s'immette,
sorpasso, non sorpasso, s'immette, non s'immette,
che fèmo amico ti decidi o dobbiamo intavolare delle trattative?

Al centro sociale c'è un posteggio riservato a me, la sera

L'odore incancrenito della città
la mole esagerata di cartelloni pubblicitari vuoti di senso
il solito signore col solito cane

Le luci del grande ospedale rassicurano i passanti così come un faro nel porto rassicura i naviganti


La scia profumata lasciata da un uomo che ha sceso  la scalinata di corsa
e col quale c'è stato un incrocio di sguardi (perchè corri?)
la mia salita a passo veloce
l'umidità della sera autunnale e il buio incipiente
la porta girevole nella cui orbita  ristagna un odore di massa 
l'accesso in questo luogo dove
nessuno è lontano
nessuno è straniero
nessuno è immortale

L'aria calda della hall, con uffici e  negozi alcuni dei quali già chiusi, mi induce a  pensare che quando sarò una pensionata indigente potrò venire a scaldarmi gratuitamente  su queste comode poltroncine


La gente sana e malata e così così sale su è giù per queste scale mobili che non si fermano mai, 
in questo posto dove le luci non si spengono mai,
dove il giorno e la notte non iniziano e non finiscono,
e i giorni sembrano avvolgersi l'uno nell'altro in un vortice di operosità senza sosta,
come se qui vigessero regole diverse,
e mai si potesse abbassare la guardia,
come se questo fosse un fronte di guerra, coi suoi reparti in prima linea,
gli assalti e  la conta quotidiana dei caduti, dei feriti e dei sopravvissuti.

La camera 18 è vuota, approfitto dell'assenza dei due ricoverati per aprire la finestra e far entrare un po' di aria del mondo di fuori.


16 commenti:

  1. Mi hai fatto ricordare un anno di lavoro presso una casa di riposo. Non è la stessa cosa di un centro sociale, ma i vecchi di oltre ottanta, e qualcuna oltre i novanta, mi hanno insegnato qualcosa, anzi parecchie cose, ma la più importante è stata che il tempo scorre lentamente e non velocemente come sempre avevo creduto. Andare da una panchina al sole ad un'altra all'ombra distante solo dieci passi per certa gente è un impresa difficile da valutare per le conseguenze che può avere e i rischi che nasconde. E allora tutto automaticamente cambia, laddove la giornata è divisa in quattro fasi: la prima colazione,poi il pranzo,poi la cena e l'ora di coricarsi. In mezzo qua e là varie piccole cose, come appunto una minuscola passeggiata, l'ascoltare uno che ti legge qualcosa da un libro, spesso un mio collega, tentare di colorare un disegno che un altro, quasi sempre io, aveva preparato, e che ti assiste e ti consiglia con un sorriso aperto -il mio migliore- sulle labbra.
    Alla fine, messi a letto i giovani vecchietti, me ne tornavo a casa con qualcosa dentro che alla mattina non avevo.
    È stata un'esperienza validissima e irripetibile, che auguro a tutti quelli che continuano a correre dietro alla chimera del successo e dei soldoni senza curarsi delle piccole cose quotidiane, come un uccellino che canta e becca il suo cibo, come un fiore sbocciato da poco che cerca di mettersi con la sua parte migliore al sole. Ai miei vecchietti queste cose non sfuggivano mai e sembrava fossero le cose veramente importanti da godere.

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    1. In ospedale il tempo si dilata, e sembra quasi che non abbia nemmeno senso misurarlo, essendo ogni attimo uguale all'altro, ogni ora la copia della precedente e della seguente, ogni giorno un succedaneo dei giorni veri, quelli di prima, quelli di fuori.
      Il tempo si sospende, in qualche modo.
      Ciò che succede nelle case di riposo , alle quali hanno cambiato il nome ma non la triste realtà, invece, non lo so, non l'ho mai provato, e spero di non provarlo mai.

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    2. In una casa di riposo, o come la chiamano adesso, "il tempo si dilata e sembra quasi non abbia nemmeno senso misurarlo, essendo ogni attimo uguale all'altro. ogni ora la copia della precedente e della seguente, ogni giorno un succedaneo dei giorni veri, quelli di prima,quelli DI FUORI".
      Tale e quale, come vedi, e senza la moderazione di Carlo Conti.
      La differenza? In ospedale ci stai per una persona ancora viva, che soffre, che combatte, che speri di portare fuori di lì VIVA.
      In una casa di riposo c'è una persona, quella che ti è cara, che è una sopravvissuta, che apparentemente soffre poco, che non combatte più, che porterai fuori di lì unicamente morta.

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    1. Buon giorno a te cara! Aspetto un post un po' meno angosciante, di quelli che ci strappano un sorriso....e se una sonora risata....ancora meglio!

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    2. Come dicevo a Marina, basta chiedere!
      Di post in bozza ne ho per tutte le tasche
      Vedi se ti va bene quello che ho postato stamane, Ornè.
      A proposito di tasche, sono 10 euro
      5 per la prenotazione
      5 ... di stima
      Con l'opzione "soddisfatti o rimborsati", of course :=)

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    3. Riguardo alla stima ne meriti MOLTI di più! :-D

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  3. Se non avessi il buio e la notte, potrei disintegrarmi.

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    1. la notte come luogo dove depositare le scorie, il buio come alleato per disarmare la mente , il sonno come il caldo abbraccio di un amico ...
      (e il cuscino come la copertina di linus :))
      immagino che non ti piacerebbe vivere in quel profondo nord dove "non tramonta mai il sole" ... nemmeno a me.

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  4. I sentimenti scaturiscono naturalmente sollecitati da una scrittura che mi ha affascinato per proprietà evocativa nonostante la "sintassi chirurgica". Ciao

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    1. Bella la definizione di sintassi chirurgica, Rò.
      Io per natura non ho il dono della sintesi -me lo rimproverava sempre la mia prof di filosofia- ma ne subisco il fascino.
      Mi piacciono gli scrittori che riescono a dire tanto con poco.
      A presto :)

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  5. "nessuno è immortale"
    sono le luci che non si spengono mai a suggerire questi pensieri ...

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    1. Sì certo, dal buio del fuori si osservano le luci del dentro e si pensa: in quella camera qualcuno sta male ... nell'altra un chirurgo sta preparandosi per un'operazione d'urgenza... là qualcuno sta morendo senza urgenza ... lì un essere umano sta nascendo facendo un quarantotto ... là un malato sta pregando, soffrendo, bestemmiando, guarendo.
      Totò diceva che la morte è una livella, anche la malattia lo è.

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  6. bellissimo post! senza farla sentimentale, è toccante e fa pensare Come te :-)

    PS sei l'unica a non guardare nell'obiettivo perché...te ne strafreghi

    L'ho trovato un nuovo blog, grazie

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    1. Hai visto? Basta chiedere!
      Mi fa piacere che tu abbia trovato un post di tuo gradimento
      (Non guardo nell'obbiettivo perchè sono sempre stata la più stordita della famiglia) :)
      Alla prossima Marina

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