martedì 1 dicembre 2009

E' longilineo, come piace a me

E' longilineo, come piace a me. Quando lo incontro, sembra non chiedere altro che rimanere nel suo guscio, ma è sufficiente il tocco delicato delle mie dita per convincerlo a uscire, anche se gli piace mostrarsi ancora avvolto su se stesso, raggomitolato come un gattino che dorme nella sua cesta. Liscio, (si è appena sbarbato?), delicatamente profumato, docile come un agnellino, si lascia plasmare a mio piacimento. Mi si concede tutto, senza risparmiarsi, pur sapendo che sarà solo per una volta. Esteticamente non è il meglio che la piazza può offrire, ma ho sempre preferito l'affidabilità e la fedeltà alla bellezza. Nonostante all'inizio faccia tanto il misterioso, in realtà odia il romanticismo ed è di una razionalità esasperante, ma rassicurante come lui non c'è nessuno. E quando già mi sono dimenticata di lui, porta a termine la sua missione, fino a morire.
Se gli oggetti potessero aspirare alla condizione di santità, io lo farei santo, subito. Tutte le donne dovrebbero farlo santo, perchè è più utile della lavatrice e più salvavita del salvavita.

domenica 29 novembre 2009

La mia passione, prima parte

LA MIA PASSIONE PER LA LETTURA-
prima parte
-Piccole donne (eppure eravamo bambini!)-

Da dove cominciare? Se inizio dalla notte dei tempi, credo che il libro clou della mia infanzia sia stato “Piccole donne”, della Alcott.

venerdì 27 novembre 2009

Il mister dice, Orwell risponde

Il mister dice che il conflitto con la magistratura può portare a una guerra civile. Vi immaginate? L’esercito dei Berluscones (capeggiati da Bossi che brandisce la spada di Alberto da Giussano) contro l’esercito degli antiberluscones (che impugnano “il foglio” e procedono in ordine sparso incitati dalle urla scomposte di Tonino). E lui, LUI, il re, che dico, l’imperatore, il Carlo Magno, il Napoleone, il più … ,più …, più .. della storia, in nome del quale tra poco si meneranno fendenti a destra e a manca, dov’è? A “utilizzare”? A farsi spiegare come funziona questa nuova moda dei trans, mica di farsi scappare l’ultima novità e lasciare che si divertano solo quelli di sinistra? A trattare banali questioni di soldi -pochi spiccioli per la spesa- con quell’ingorda di Veronica? A studiare le carte dei processi con lo spilungone? A scrivere un SMS minatorio a quel traditore di Fini? Non si sa, dove sia. L’hanno chiamato, ma non risponde. Urge la mia sfera di cristallo. Abracadabra, dove sei Silvietto? Eccolo: è su Krypton, a fare rifornimento di superpoteri, perché ultimamente la sfiga lo perseguita. Sentite, dallo spazio sta incitando i suoi con una supervoce: “Avanti; Savoia! O con me o contro di me! Boia chi molla al grido di battaglia! Si salvi Sansone e muoiano tutti i filistei! Avanti, Calderoli, che fai? Con quella faccia da strangolatore che ti ritrovi, te la fai sotto? Adesso arrivo io e vi metto tutti a posto,razza di fannulloni!” Nel frattempo, l’esercito degli antiberluscones, che fa? Niente! Assolutamente niente! Temporeggia!! Tonino per la rabbia ha gli occhi fuori dalle orbite, Marco non si toglie quel sorrisetto sardonico nemmeno in un momento in cui non c’è niente da ridere, Massimo non vuole sporcarsi la polo, Pierluigi ha freddo, Michele fa finta di pensare, e il popolo, appunto, il popolo, che fa? LEGGE!Legge i giornali comunisti! Legge invece che combattere!! C'è una stupida che sta leggendo George Orwell: "La via più rapida per porre fine a una guerra è quella di perderla"
... Quando arriva Superman e vede la situazione, intima: “Fermi tutti! Con quei cretini di sinistra non c’è neanche gusto a fare la guerra!”

foto da wikipedia: lapide di George Orwell

martedì 24 novembre 2009

Guerra contro noi stessi

Quest'estate ho postato about un pericolo ambientale che incombeva sulla mia terra . Ma avevo in mente di riparlarne, se non altro perchè uno scritto sull'argomento, dimenticato nel p.c., voleva venire alla luce. Ne approfitto ora, per onorare la riapparizione del trio "Zardoni, Saccardi, Ornaghi", illustri membri del comitato"No al pozzo", senza i sacrifici, le competenze e l'entusiasmo dei quali non avremmo mai vinto la battaglia. (A proposito! Un trio di grazie!)
Battaglia che ora dovrebbe proseguire in una guerra al nostro stile di vita, una guerra contro noi stessi, perchè è troppo comodo aspettarsi tutto dagli altri ed essere i primi a tirarsene fuori.
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sabato 21 novembre 2009

Che ce ne frega, a noi?

Che ce ne frega a noi se una è conciata così male da non trovare niente di meglio che sposare il mostro del circeo? Ai tempi di mia mamma, nella Brianza bigotta, se una donna "si parlava" con un uomo che non frequentava la chiesa, in famiglia succedeva il finimondo. (vero, mamma?)
Ai miei tempi, se uscivi con un tipo coi capelli lunghi, la mamma perdeva il sonno mentre papà istituiva il coprifuoco serale. (per fortuna non è stato il mio caso, i miei erano abbastanza all'avanguardia)
Di questi tempi, invece, una tizia qualsiasi può addirittura vantarsi di aver conquistato il "cuore" (quale ??) di un pluriassassino recidivo. A quanto pare è sparito il perbenismo dei tempi andati, ma forse è sparito anche il buonsenso: dei mass media, naturalmente, che si sono buttati sulla notizia come avvoltoi. Se stesse zitta, quella sfortunata, e non angustiasse il mondo con le sue scelte private. (che poi non venga a lamentarsi con noi se viene sgozzata dall'anima pura). Se stessero zitti, i giornalisti di radio e carta stampata. Se la televisione non facesse sedere in poltrona cani e porci, a raccontarci le loro porcate e sommergere il nostro salotto di spazzatura.

giovedì 19 novembre 2009

Basta cemento



Totale ammirazione per Domenico Finiguerra, egregio Sindaco che non svende il proprio comune per fare cassa, ma guarda al di là dell'orticello e si preoccupa del futuro del territorio che sta amministrando: un futuro dove non è carino che figli, nipoti, discendenti trovino solo cemento.

martedì 17 novembre 2009

gli uomini non cambiano



Dedico questa canzone dell'indimenticabile Mia Martini a tutte quelle donne che sacrificano la propria vita a un uomo che non le merita.

domenica 15 novembre 2009

Gli Animali e il Freddo

"Gli animali si preparano in modi diversi ad affrontare il freddo. Molti animali da pelliccia infoltiscono il pelo. Alcuni uccelli infittiscono le penne, mentre altri, che non potrebbero sopportare il freddo invernale, partono per i paesi caldi: rondini, luì, gruccioni, non trovando più gli insetti di cui si cibano, migrano verso sud. A Primavera torneranno.
Alcuni animali selvatici dopo aver mangiato abbondantemente per accumulare il grasso necessario alla sopravvivenza, cadono in letargo, cioè dormono in una tana fino a primavera.
Gli insetti si rintanano nella terra o si nascondono nella corteccia dei tronchi"

(tratto da un quaderno di scuola)

E noi umani, come ci prepariamo all’inverno?Da parte mia, per prima cosa tolgo dall’anfratto del camino la cesta dei giornali, sotto la quale soggiace il fantomatico cartellone “Qui si firma contro i pozzi della morte”, ricordo dell'incubo ambientale che collegherò per sempre a questa strana estate. Lo butto, sperando non serva davvero più, sposto un antico vaso da notte elevato alla funzione di contenitore cancelleria, libri quaderni astucci fogli e il solito casino, un vassoio di pomodorini dell'orto che vorrei da verdi diventassero rossi, pulisco, metto gli alari e il parafiamme …
E accarezzo l’idea di futuri pomeriggi domenicali da passare sul divanetto nuovo, davanti al camino acceso, con un buon libro in mano e una tisana fumante sul bracciolo. Perchè, come scrisse Flaubert,

"...cosa c’è di meglio infatti che stare la sera
con un libro accanto al fuoco, mentre il vento
batte sui vetri, e la lampada arde?"

Non partirei mai per un paese caldo, come fanno alcuni uccelli. La stagione fredda mi piace, perchè mi offre una scusa valida per rintanarmi come un mammifero in letargo nella mia tana e nascondermi come un insetto nella rassicurante corteccia del mio io.
(E perchè non cominciare da quest'oggi, visto il tempo piovigginoso e le tenebre che incombono?) (marito spedito a far legna nel bosco, come nelle fiabe)

sabato 14 novembre 2009

"E così vorresti fare lo scrittore?"

"E così vorresti fare lo scrittore?"
di Charles "Hank" Bukowski

venerdì 13 novembre 2009

I miei scartafacci scolastici

Mi piacerebbe postare qualche pagina tratta dai miei scartafacci di scuola, indubbiamente meno noiosi dei miei “diari segreti”: ma cosa sono questi scartafacci? Nient’altro che semplici quaderni senza pretese estetiche che iniziavano con i migliori propositi (diligenti appunti) , ma dopo qualche pagina cominciavano a soffrire di qualche distrazione (frase latina scritta a caratteri cubitali, tradotta, commentata e calata nella propria vita, … ma il resto della spiegazione dove si era persa?) per poi continuare a tergiversare in una specie di parabola dell’attenzione discendente e infine terminare in modo indecoroso (scambi di insulti col compagno di banco, cronache della domenica, lamentele sui prof, vani progetti di rivolta in famiglia..)
…. O vi ho rotto l’anima con le mie reminiscenze?

giovedì 12 novembre 2009

Vivi, e non stufire più


Nel caos primordiale dei miei scritti, che nel vano tentativo di riordinare ho solo amplificato, arrivando alla conclusione che l’ordine non fa per me, ho trovato due foglietti ripiegati e volanti, scritti a mano, pieni di cancellature, graficamente e intimamente sofferti, non datati, risalenti a un giorno imprecisato di quest’estate. Li ho copiati e poi, non convinta del contenuto, ho cambiato rotta e ho aggiunto una conclusione diversa, che in quel momento lì non avrei nemmeno preso in considerazione, perché non sarei riuscita ad essere così severa con me stessa.

"A volte mi prende una tale stanchezza di vivere. L’insostenibile pesantezza del vivere.
Come quando vai in montagna e a un certo punto ti senti esausto, le gambe pesanti come sasso, il fiato corto, il battito del cuore nelle orecchie, il sudore caldo che ti si spalma sul corpo stanco.
Il rifugio è un puntino lontano, su in cima, pare irraggiungibile. “Non ce la farò mai”, pensi.
Invece, ti prendi una pausa, ti bevi un tè caldo, quello davanti a te ti incoraggia, quello che incroci mentre scende (beato lui) ti dice una pietosa bugia (“ma sì, una mezz’oretta e siete arrivati”)… e così, piano piano, passo dopo passo, arrivi alla meta. E solo allora capisci che ne è valsa la pena.
Vivere è leggermente più complicato che fare un’escursione. Anche perché chi ti assicura che alla fine della faticata ci sarà un rifugio accogliente, un laghetto con gli eriofori, una vista incantevole, un prato dove sdraiarsi e godersi un meritato riposo?"

… La verità è che, anche quando diciamo che siamo stanchi di vivere, il più delle volte lo diciamo solo per farci compassionare, tanto è vero che la morte ci spaventa da morire. (Ma come fanno, quelli che si suicidano, a non morire di paura e di orrore, prima?)
Vivere o morire? Verrebbe da chiedersi: non c’è una terza opzione? No, che non c’è.
E allora mi dico: Vivi, lascia vivere e non stufire più.

lunedì 9 novembre 2009

cartoline dall'infanzia

I grandi pianti, la rabbia, e tutti in fila per bere quello schifosissimo uovo crudo su cui la suora fa un buchino, la puzza di riso bianco e la fuga strategica da quell’asilo che odio e contro il quale vinco la prima battaglia della mia vita,
La tranquillità dei corti pomeriggi invernali, a fare i compiti al tavolo della cucina mentre mamma con gesti conosciuti e sicuri trita sul tagliere, con la mezzaluna, la verdura dell’orto, e il profumo di sedano e prezzemolo riempie il piccolo locale,
Le corse al cancello incontro a papà che torna dal lavoro, l’odore di pelle e di treno della sua borsa , nella quale trovi, ogni giorno, una piccola sorpresa: caramelle, mandarini, un giornaletto,
La spensieratezza delle lunghe ore estive, pomeriggi interi a giocare in mezzo alla strada, fino a che un eccesso di vivacità fa compiere alla palla una parabola fuori controllo, accompagnata dal nostro sguardo sconsolato e da coloriti scongiuri affinché la traiettoria non termini nel curatissimo giardino del mio scorbutico vicino di casa, che ce l’avrebbe restituita solo dopo accurata mutilazione,
L’appuntamento quotidiano con il furgone del prestinaio e del lattaio,
La competizione con una sorella maggiore più brava, più capace e più amata di me (o così almeno credevo),
La gelosia verso le sorelle più piccole,
L’amore esclusivo per il mio papà,
L’odio per la severissima maestra che mi provoca una persistente “tosse nervosa”,
La prima dichiarazione d’amore sussurratami all’orecchio dal mio compagno di giochi: “Se ci tieni al Milan ti amo” ,
La 600 bianca stracarica di famiglia numerosa, sulla quale non puoi né parlare né ridere né fare casino perché papà “sta guidando”,
Le spese azzardate di papà e le arrabbiature di mamma,
I soldi che finiscono e le mance sequestrate per tamponare la falla,
La sensazione di libertà che mi dà andare in bicicletta, il terrore nel momento in cui perdi l’equilibrio e capisci che l’attimo dopo cadrai, grattuggiandoti sull’asfalto,
Le galline personalizzate nel pollaio (tra le altre, la mia Caterina Caselli e la Marisa Sannia di mia sorella) che muoiono di vecchiaia, perché papà non trova il coraggio di “tirargli il collo”, la loro sepoltura nel’orto,
I profumi culinari della domenica: di bollito a pranzo, di dolci che cuociono nel forno al pomeriggio, e per finire di pizza a cena, l’unico pasto della settimana consumato in “tinello”, con la partita di calcio come sottofondo,
… E tanto altro (compreso il dolce aroma della barba delle pannocchie, nel campo di granoturco dove cerchi rifugio giocando a nascondino, in quell’ora magica che va scolorandosi nell’imbrunire, e chi ti trova più?)

domenica 8 novembre 2009

Foglie d'autunno


Dopo Messa, vado a comprare il latte al distributore automatico della fattoria, per risparmiare ma più che altro per solidarietà con l'allevatore al quale la centrale paga un litro di latte al prezzo di un litro di acqua. Mi porto la bottiglia vuota, per riciclare.
L'aria è grigia di pioggia fresca, e la strada nel bosco, disseminata di foglie colorate, mi rimanda un senso di felice disordine. Una vera e propria invasione di foglie, allegre come la casa dove c'è un bambino, variegate come la vita che si specchia nella camera di un adolescente, irruente come una nuova amicizia, un nuovo amore.
Allo stesso tempo, però, i colori dell’autunno, mutevoli e cangianti, assomigliano al mio umore di questi giorni.
Invece le foglie che si appiccicano all’asfalto bagnato, con effetto ventosa, sono come quei pensieri invadenti e molesti che senza chiedere permesso aderiscono alla mia mente, con quel terribile effetto viscido che rischia di farmi perdere l’equilibrio che faticosamente sto ricostruendo.

giovedì 5 novembre 2009

Uno sguardo al crocifisso

Quando non sapevi più a che santo votarti, quando sul registro c'erano ormai solo poche caselle di voto orale vuote, e la tua era una di quelle, quando manco avevi portato il libro, e la testa era rimasta sul cuscino, e il cervello una tabula rasa, e la voce afona di quelle cose, e ... "Carelli, alla lavagna!" .. . Un attimo di pura disperazione, un'occhiata d'intesa ai possibili suggeritori, e ... uno sguardo al crocifisso, perché no. Non ti sarebbe servito a niente, perché non sapevi niente, e Gesù era muto, o forse aveva altri guai in corso, ma male non te ne sarebbe venuto.
E' quello che penso, ancora adesso. Che male può fare un piccolo crocefisso sul muro di una classe? Quando andai a colloquio coi prof dei miei figli, al liceo, rimasi sconcertata nel vedere che sui muri delle aule non erano più appese le classiche polverose vetuste cartine geografiche, la tavola degli elementi e le solite noiosità, ma poster di vips.
“Il crocifisso, invece, no, giammai!” Hanno sentenziato otto persone della Corte Europea (pensavo che un nome così altisonante non dovesse occuparsi di questioni di lana caprina, invece…) Offende la sensibilità ... ma di chi, ma “de che”? Dei ragazzi che da ogni parte che si girano vedono e sentono e leggono di sesso e violenza, che non si scandalizzano più di niente perché ormai è tutto lecito, dei ragazzi abbagliati fin da piccoli dal falso splendore dei centri commerciali, avvelenati dalla cultura del dio denaro, bombardati da una miriade di informazioni, confusi da messaggi contrastanti, impauriti dagli allarmi sulla sicurezza, sulle malattie, sul terrorismo, resi fragili dall’incertezza per il loro futuro , depauperati delle risorse naturali del pianeta , ora angosciati perfino …. dall'influenza, (che è sempre stata un’alleata stagionale degli studenti impreparati)
… Che male può fare, a questi ragazzi, un crocifisso? Il male glielo abbiamo fatto e glielo facciamo noi adulti, con le nostre idiozie, non prendiamocela col povero crocefisso.

sabato 31 ottobre 2009

Toro seduto: un conservatore?

Severgnini pubblica, oggi, la lettera di uno snob che si dice annoiato del Dalai Lama. Così mi tocca difenderlo un'altra volta (vedi "lettera aperta a un bilott, di quest'estate)(per quel che può valere la mia flebile voce). Per non ripetermi, anzi, per ripetermi, posto una lettera che avevo scritto l'anno scorso, al Corriere della sera, sempre a proposito della questione Tibet.

12 aprile 2008

TORO SEDUTO: UN CONSERVATORE?
Gentile redazione, vorrei esprimere la mia opinione riguardo la lettera pubblicata giovedi 10 aprile sul Corriere della Sera con risposta di Sergio Romano (“la protesta tibetana, i monaci e la modernità”)
Il signor Giorgio Vergili afferma “Non si può pretendere che la Cina tolleri che una sua regione sia governata da una teocrazia” Alt. Una SUA regione? Il Tibet è diventato una regione della Cina dopo che quest’ultima l’ha occupata militarmente! E poi di quale teocrazia parla, se il Dalai Lama è profugo da 50 anni, e non rivendica l’indipendenza della sua terra ma solo un’autonomia?
La stessa lettera afferma: “Trovo singolare pretendere che, in nome della cultura occidentale, società arcaiche vengano trattate come reperti archeologici da conservare A OGNI COSTO per la delizia dei turisti”
Sono esterefatta! A me risulta che sia la Cina a voler fare questa cosa. Le guardie rosse, nei nefasti anni della rivoluzione culturale, hanno barbaramente distrutto i monasteri , impedito la religione, sottoposto i monaci e il popolo tibetano a torture fisiche e psicologiche. Monaci e lama sono marciti nelle galere. Quando la Cina ha deciso di ricostruire i monasteri, ormai spogliati di ogni bene prezioso, lo ha fatto al solo scopo di attirare i turisti occidentali attratti dalle filosofie e dalle religioni orientali.
Secondo il sig. Giorgio è assurdo che la “cultura occidentale” voglia tutelare una civiltà in via di estinzione. Cosa dobbiamo farne, di questa cultura, secondo lui? Annientarla con una “moderna” soluzione finale? Non si preoccupi il signor Giorgio, lo stanno già facendo. La Cina ha portato il progresso e la modernità, come ogni invasore colonizzatore che si rispetti. Non sapendo più dove metterli , ha portato anche tanti cinesini. Ora anche la ferrovia, per rubare meglio le materie prime.
D’altra parte, era ora di finirla con le offerte ai monaci, il burro nel tè, lo sterco di yak secco usato come combustibile, i pellegrinaggi a Lhasa, le ruote di preghiera, l’altarino del Dalai Lama (vietato) in ogni catapecchia. Oggi i giovani non sono più costretti a stare in casa, la sera, a pregare: ci sono bei negozi, fuori, e tanti di quei bordelli! Viva la libertà!
“La violenta rivolta dei monaci a Lhasa è stata un’insurrezione conservatrice” risponde Sergio Romano.
Voler proteggere la propria cultura vuol dire essere conservatori?
Toro seduto era un conservatore? Finalmente mi avete aperto gli occhi: che senso aveva, in effetti, la cultura degli indiani d’america? Seduti a contemplare stupidi segnali di fumo, o in sella ai cavalli, a caccia di bisonti, e tutte quelle penne sul capo … Per fortuna è arrivato l’uomo bianco, che ha sostituito il calumet della pace con una bottiglia di gin e le frecce con i fucili.
Adesso ho le idee chiare: Toro seduto non era altro che uno stupido conservatore, che voleva proteggere “madre terra”. Arcaico da morire.

mercoledì 28 ottobre 2009

Echi d'infinito


L'anno scorso andai a un concerto di Antonella Ruggiero, che cantava per beneficenza nella chiesa di Montevecchia. Non arrivai in tempo utile per accaparrarmi un posto a sedere, ma riuscii a raggiungere una discreta posizione sulla pedana dell'organo e a trovare posto per i miei due piedi, bastava solo che me mettesssi uno sopra e uno sotto la pedana, e che non li muovessi. Poi arrivò un amico, e il posto per due piedi si ridusse al posto per un piede, perciò ascoltai il concerto facendo finta di essere un trampoliere. Dopo un anno, però, ho dimenticato i formicolii circolatori mentre ricordo benissimo la bellezza e spiritualità della cantante, l'armonia della sua voce, la magia della musica e del luogo, e questa canzone verso la quale quella sera ebbi un improvviso colpo di fulmine.

sabato 24 ottobre 2009

Lettere dal domani

Messa a cuccia dall’influenza, me ne sto a letto a leggere i miei vecchi diari segreti, agende, scartafacci. Quasi una vita intera messa per iscritto. (Cosa succederà ai miei diari dopo la mia morte? Voglio che brucino con me. Ho scritto anche tante di quelle stupidate da morire di vergogna se qualcuno dovesse leggerle) Oggi voglio postare questa pagina, con le lettere di due bambini che oggi saranno adulti (e spero felici)

5 gennaio 1975
Come vedi, è iniziato un nuovo anno. Il 1974 per me non è andato via del tutto, perché di lui mi è rimasto tutto lo scritto delle pagine prima … Ieri ho letto un libro che mi ha prestato Bianca la mattina, ma non ho fatto fatica a leggerlo tutto perché è un insieme di lettere, piacevoli da leggere. Si intitola “lettere dal domani”. Ora te ne scrivo le più belle, però con la macchina da scrivere, così impiego meno spazio delle tue preziose pagine

Sassari, una bambina di dieci anni
“Oggi è Natale e io sono a letto ammalata e non posso vedere fuori la gente che va alla Messa e non posso vedere neanche l’albero di Natale con tutti i lampioncini colorati che hanno fatto sulla piazza del paese. Mi hanno portata sopra una sedia vicino alla finestra e sono rimasta lì tutto il giorno a guardare fuori. Proprio quando ero triste dal cielo sono incominciati a cadere dei fiocchi di neve e i tetti delle case sono diventati tutti bianchi e allora io mi sono molto meravigliata perché al mio paese la neve non cade quasi mai. Poi sul davanzale della finestra si è posato un passero e ha lasciato con le sue zampe tante orme a forma di croce sulla neve. Allora ho pensato che tutte quelle piccole croci erano i piedini di Gesù che era venuto a trovarmi per Natale.”

Copenaghen (Danimarca) un bambino di dieci anni
“qui nell’istituto sono molto buoni i miei amici e mi raccontano sempre tutto quello che mi accade attorno ma io so che a volte non è vero e che lo fanno per farmi essere allegro. C’è un bambino che mi racconta sempre tante cose descrivendomi il colore dei fiori del giardino, il colore dei muri delle case e mi dice com’è la gente che passa per strada. Ora il mio mondo è così come lui me l’ha descritto. Ma ora quel bambino non c’è più perché è andato in un altro ospedale lontano dalla città. Prima di partire mi fece stringere nella mia mano il filo di un aquilone e mi raccontò che l’aquilone era rosso e giallo e che era salito tanto alto che quasi non si vedeva più. Oggi mia madre mi ha detto che anche quel bambino era cieco come me e allora ho pianto.

martedì 20 ottobre 2009

Il fondo del barile

Considerata la mia “malavoglia” nel pensare a nuovi post per il blog, ho pensato di usufruire delle scorte, come si fa nei periodi di crisi: capiterà che posti cose vecchie, di qualche mese, qualche anno, qualche decennio. Attenti alla data, dunque. Che ne dite del mio primo “pensierino”, scritto a matita, con lettere sghembe? O delle mie poesie da adolescente inquieta? E le lettere d’amore? A parte gli scherzi, è vero che spesso i pensieri infantili sono migliori di tante elucubrazioni mentali adulte. (Qualche anno fa nel solaio dei miei ho scovato un quaderno dei temi svolti alle scuole elementari, da mia sorella, la cui lettura si è rivelata addirittura esilarante) (per non parlare di suo figlio, mio nipote, che per prepararsi alla prima comunione ha scritto dei pensieri quasi impensabili per la sua giovane età)
Per ora, comincio a fare un po’ di ordine nel p.c. (vi è un tale disordine, il mio già citato prof lo definirebbe BIBLICO), nei cassetti e nei libri. Prima di possedere il mio ormai inseparabile notebook , ho lasciato pensieri e appunti su vecchie agende, avanzi di quaderni reduci dalla carriera liceale dei figli, fogli isolati che fuoriescono dalla famosa pigna di libri sul comodino. Devo avere qualcosa anche nell’agendina della borsetta. Insomma, raschierò il fondo del barile.
Vedrò di trascrivere, tagliare, incollare, pepare e salare, aggiungere un ingrediente segreto, dare una grigliatura finale, infornare, infine servire alla tavola del blog. Fatemi sapere se qualche piatto puzza di muffa, ha un sapore rancido, o pare risciacquatura di piatti.

sabato 17 ottobre 2009

Loro non ti abbandonano mai


Forse sono tornata al mio unico vero fedele amore, il libro, che ultimamente avevo trascurato per il blog, un amante passeggero. (mi sono un po’ stufata, del blog, si era capito?)

martedì 13 ottobre 2009

Non possiamo saperlo

Ho terminato di leggere una biografia di Natalia Ginzburg.

domenica 11 ottobre 2009

addio monti

Colazione, Messa, edicola, papi, bucato, e.. caspita, che bella giornata, meteorologicamente parlando. Vale la pena di stare in casa a smazzarsi in cucina? Al diavolo l’arrosto, e ce ne andiamo al Monte Barro. Il Barro mi è simpatico perché:
non è molto distante e quindi accetta le improvvisate dell’ultimo momento, come oggi.
Mezza giornata è sufficiente per andare in auto all’eremo, raggiungere la vetta a piedi, rimanerci quanto basta e tonare.
Ho tanti ricordi di gioventù: i tornanti sono gli stessi di oltre trent’anni fa, quando un amico fresco di patente non sapeva che doveva “ritornare” il volante; risento le risate incoscienti di me e mia sorella che ridiamo come pazze invece che scappare a gambe levate da quel pericolo viaggiante; ma dove è finito il muretto sul quale dipingemmo un murales sulla natura? Posteggiamo all’eremo dove trascorsi una settimana di lavoro ecologico. Ricordo il lavoro di pulizia dei boschi, di giorno, e il senso di meraviglia nell’osservare il panorama, di notte: il silenzio, il buio, i rumori quasi paurosi della natura facevano apparire la vita là in basso, riflessa nelle luci intermittenti, così lontana, sorpassata, quasi oscena da tanto era forte il contrasto. Momenti magici che ti convincevano che volevi bene a tutti.
Imbocchiamo il sentiero che porta in vetta e alla croce , meta di tante gite in compagnia.
La vetta non è una gran vetta, sarà 1000 metri, ma è pur sempre una vetta, e pur nella sua modesta altezza, in quanto a panorama non ha niente da invidiare alle vicine e più altezzose montagne. C’è un grande sasso, che mi aspetta, poco sotto la cima, il mio sasso fedele. Il monte Barro divide i tre laghetti del triangolo lariano dal lago di Lecco, è lì in mezzo come un papà che bada ai tre figli piccoli (che stanno vicini, quasi tenendosi per mano) tenendo d’occhio nello stesso tempo anche quello grande che non vuole mischiarsi con i marmocchi. Una decina di anni fa l’hanno traforato, questo monte sul quale sono seduta, per fare la superstrada Milano Colico.
La vista spazia su un territorio che amo: le montagne (Il Resegone le Grigne, la Valcava), il lungo e sinuoso fiume Adda, le colline, il campanone della Brianza, il santuario, i laghi, i prati, i boschi, i nostri paesi. Non manca proprio niente, a confronto di certi territori piatti: pianura, pianura, pianura, oppure mare, mare, mare, o collina, collina, colllina… che palle!
Alle mie spalle, la città di Lecco, esagerata come tutte le città. Se non avesse le montagne che la fermano, dove arriverebbe ?
Stamattina i laghi lariani mi appaiono un pochino noiosi, con quella forma circolare, e anche Il loro colore ha qualcosa di plumbeo, addirittura il lago di Annone sembra quasi avere delle macchie oleose, sulla superficie. Oggi il sole sembra prediligere l’Adda, che qui ogni tanto si restringe formando i laghi di Olginate Garlate e Lecco: i raggi giocosi e il vento creano un effetto luccicante sulle acque, che sembrano una distesa di asfalto appena buttato, da quanto brillano.
Come aveva ragione Lucia, a piangere lasciando Pescarenico:
“Addio/ monti sorgenti dall'acque- ed elevati al cielo/ cime inuguali/ note a chi è cresciuto tra voi/ e impresse nella sua mente/ non meno che l’aspetto de' suoi familiari/ torrenti- de' quali si distingue lo scroscio/ come il suono delle voci domestiche/ ville sparse e biancheggianti sul pendìo/ come branchi di pecore pascenti/ addio!/ Quanto è tristo il passo di chi/ cresciuto tra voi/ se ne allontana!//”
...Rannicchiata nel mio sasso, scaldata dall'ultimo sole della stagione, con la ninna nanna del Manzoni, mi sono addormentata.

mercoledì 7 ottobre 2009

Ci vuole serietà


L’altro giorno la radio mi informa che Berlusconi sorvolerà le zone alluvionate. Peccato che PRIMA abbia sorvolato sulla prevenzione e sulla politica ambientale.
Ieri sento, sempre dalla radio, che D’Alema non era presente in aula al voto sullo scudo fiscale perché “Nessuno gli aveva detto che era importante” Non credevo alle mie orecchie. Era il primo giorno della sua carriera politica, no? Un remigino , poveretto. Che qualche vecchio del mestiere lo prenda per la manina, gli faccia vedere dove sono i gabinetti. Andreotti , pensaci tu!
Stamattina sfoglio un giornale locale e vedo un articolo della Michela Vittoria Brambilla. Che avrà mai da dire la neo-ministra di non ricordo cosa? Scrive sulla possibilità, per i cani e i gatti di casa, di raggiungere punte di longevità inaspettate. Caspita. Un intervento illuminante.
Stasera mentre cucino ascolto la “zanzara” di radio 24: si parla di un deputato del P.D. (meno conosciuto di D’Alema )che non era presente in aula perché “tanto lo scudo sarebbe passato lo stesso” . Sarebbe come se un medico si rifiutasse di curare un malato terminale perché tanto deve morire. Questi politici dell’opposizione devono essersi messi d’accordo: “Dai, proviamo a ragionare con il …. Chissà che esca qualcosa di più proficuo che ragionare col cervello” Altro che scudo fiscale, qui c’è lo scudo della materia grigia.
Mentre riordino la cucina Cruciani invita quel “grande personaggio” di Tinto Brass a dire la sua sulla questione Polansky. A un certo punto non ascolto più e mando una mail furiosa, cercando di non dire parolacce (ma non riesco del tutto)
“Cruciani, stasera il suo modo di condurre la trasmissione è stato osceno tanto quanto le cazzate dette da Tinto Brass. Non può invitare un personaggio che sa benissimo cosa dirà e poi FARE FINTA di stopparlo, che tanto si è capito lo stesso tutto quello che ha detto: che lui di notte violenta minorenni (è una battuta? dire che è di pessimo gusto è un complimento), che le leggi non vanno rispettate, che una tredicenne è matura e cosciente delle sue scelte, che lui è solito divertirsi con la sodomia condita con vaselina, e poi ho chiuso le orecchie, perchè una povera donna deve pur difendersi dalla violenza delle parole e dei contenuti. E poi lei Cruciani si salva il c...o dicendo che non è d'accordo. Ma l'ha invitato, sapeva cosa avrebbe detto, l'ha fatto sentire a tutta Italia, e sa quanti perversi malati di mente gente squilibrata ascoltano Tinto Brass e non il suo disaccordo? Ognuno può dire la propria, lei sostiene, ma io aggiungo che LEI non può dare il microfono a tutti. Non sempre sono d'accordo con lei, ma stasera ha perso tutta la mia stima.”
Che fare, per finire la giornata? Non mi resta che ubriacarmi, per dimenticarla. Virtualmente, of course, con una canzone ascoltata stamattina per caso mentre andavo al lavoro.
Il titolo della canzone è: ci vuole serietà. Vi assicuro che non lo sapevo, quando ho deciso di postarla, tanto che ho chiamato mio figlio per cercarmi lo you tube. E' stato quando ha inserito il nome su google che mi sono detta: bè allora era proprio la canzone giusta.
(il figlio ha commentato che posto cose diseducative)

domenica 4 ottobre 2009

London, again London

(Piccoli inconvenienti della due giorni a Londra) 1. Cosa hai voglia di fare, giunta all’hotel dopo un’ora di viaggio da casa all’aereoporto, un’ora di attesa prima dell’imbarco, due ore di volo, altre due ore di pullman e mezz’ora di tube? In effetti, ti accontenteresti di poco: fare la pipì in un bagno non pubblico e lavare via tutto lo sporco accalappiato da mani e viso durante il viaggio. Alla reception dell’hotel, invece, c’è un’altra coda da fare, prima che ci consegnino la chiave elettronica e il buono per il breakfast dell’indomani. “… And day after tomorrow? “ (E per dopodomani?) Chiedo, ignara di ciò che mi aspetta. Stramaledetta domanda, la prossima volta la farò dopo aver fatto pipì. Wait a moment. Il moment si trasforma in a few minutes , poi c’è la consultazione dello chef, e mentre gli innocui desideri di un momento fa si trasformano in pura utopia, passano altri moments e altri minutes, prima del terrible responso: in their system there isn’t our prenotation for the second night. Nel loro computer non c’è la nostra prenotazione per la seconda notte, e, quel che è peggio, la prova dell’avvenuto pagamento. Il voucher che mostriamo serve a noi ma non allo chef, (comincio a odiarlo, questo fantomatico chef) che vuole il fax dell’agenzia. Dobbiamo telefonare a quest’ultima dicendo di mandarlo entro domani mattina, nel caso esso non arrivi siamo obbligati a pagare, salvo poi rivalerci su quegli imbelli. Tutto questo casino mi viene comunicato in un inglese very quickly. Chiedo alla tipa di ripetere il tutto very slowly, e lei, paziente, gentile e slowly, mi ripete varie volte il tutto, ma il risultato non cambia. Quando traduco a G. il piccolo problemino, lui comincia a inveire in italiano, mentre io balbetto nel mio inglese da sopravvivenza: che abbiamo pagato on line, che non abbiamo il numero di telefono dell’agenzia, che se anche dovessimo spedire una mail, dubito in una celere risposta, visto che l’ultima volta ho dovuto sollecitare per ottenere un riscontro, che l’unico numero di telefono che ho è a pagamento, e chissà quanto ci farebbero spendere prima di non darci risposta. Alla fine di questi inutili tentativi di comunicazione la tipa, evidentemente mossasi a compassione per il mio evidente stato di scoramento o allertata dalla reazione poco anglossassone di G., prova a chiamare il numero a pagamento, e fallito il tentativo ci consiglia di provare con la mail. Abbiamo il laptop? Il laaaptooop?? Intuisco sia il portatile, ma che diavolo di nome è laptop??? No, abbiamo deciso all’ultimo momento di lasciarlo a casa, IL LAPTOP, perché sui commenti dell’ albergo, visionati giusto alle 5 di stamattina, ce n’era uno che lamentava il furto di P.C. e macchina fotografica. Ma questo non lo diciamo, alla signorina, per non dare l’idea che sia nostra intenzione vendicarci dell’inconveniente e infangare il buon nome dell’hotel, che a prima vista sembra più che rispettabile. Alla fine seguiamo il suo consiglio: all’angolo della street c’è un internet point e spenderemo solo un pound, ci rassicura, ma mentre lo raggiungiamo prendiamo la decisione che piuttosto che sprecare i due giorni a stressarci per questa cosa, rovinandoci la vacanza, siamo disposti a pagare il già pagato. Non sono mai entrata in un internet point , e questo è a rischio di capitombolo per una terribile scala a chiocciola che porta downstairs. Mi viene una voglia matta di sbirciare lo you tube del mio vicino, ma l’urgenza della situazione e un’occhiataccia di G. mi inducono a non perdermi via e concentrarmi sulla mission impossible. Dal laptop sconosciuto (per ottenere una stramaledetta chiocciola, ho dovuto schiacciare di tutto, su quella tastiera) invio all’agenzia una mail TUTTA MAIUSCOLA, (il massimo della web-maleducazione) con oggetto urgentissimo, tono perentorio e finale minatorio. L’ultimo atto consiste nell’allertare il figlio, spedirlo a casa dicendogli di controllare la posta, poi ce ne andiamo a fare i turisti e fuck tutto il resto. Insomma, basta prenderla con filosofia. Dopo aver preso questa decisione giungiamo a Westminster e ci distraiamo talmente tanto a osservare estasiati il big ben e il parlamento, che dopo un po’ troviamo sul cellulare 5 chiamate perse, da casa: dopo aver immaginato una sequela di insulti arrivarci via telepatica, ricontattiamo il figlio furente, che manda un’altra mail furiosa all’agenzia … e il fax arriva. Mannaia!! Questo è stato solo il primo inconveniente, vi risparmio gli altri (che non hanno raggiunto tale livello di drammaticità, per fortuna)

venerdì 2 ottobre 2009

london is charming

London is as great as Great Britain’s history, as harmonic as English language, as charming as a gentleman.

Londra è grande come la storia della Gran Bretagna, armonica come la lingua inglese, affascinante come un gentiluomo.

Non mi ero preparata a questo incontro, volevo la sorpresa. Di Londra possedevo solo sparute e vetuste reminiscenze scolastiche-letterarie: Jack lo squartatore, i beefeaters che nutrono corvi dalle ali tarpate, le guardie immobili con quel terribile cappello in testa, the Union Jack, gli autobus doppi e le cabine del telefono rosse. Un po’ poco.

Seduta in ginocchio in senso contrario alla guida nell’ultima fila del pullman che ci portava dall’aereoporto alla città, vedevo Londra scorrere come su un nastro trasportatore. Monumenti che mi ricordavano qualcosa scivolavano via prima che potessi azzardarmi a nominarli, e a scanso di figuracce me ne stavo zitta. Ma poi ho visto un grattacielo e ho allertato G.“Girati, guarda quel grattacielo a forma di supposta. Non so cosa sia, ma è famoso”. Con questa frase ho inaugurato la mia scoperta di Londra. Che non mi ha delusa, come spesso succede quando non ti crei delle aspettative.

Poi leggendo la guida ho scoperto che non ero la sola a soprannominare i grattacieli: c’è la grattugia, l’uovo, l’occhio, la scheggia di vetro.

Ho scoperto anche che il grattacielo -supposta che ha inaugurato la mia scoperta della città è un grattacielo ecologico. (Ecco la ragione inconsapevole del mio feeling.)

Ma la cosa che mi è piaciuta di più è stata una scritta posta sulle scale che portano in cima a St. Paul’s Cathedral: please mind your head. (per favore fai attenzione alla tua testa). Istruttivo. Se non funziona più quella, tutto è perduto.

P.S. Lode al sindaco Ken Livingston che non ha avuto paura di profanare il suo cognome, evocativo del gabbiano Jonathan , eliminando i piccioni da Trafalgar Square