http://neuccidepiulalinguachelaspada.blogspot.com/2010/10/come-si-cambia.html
Dopo aver letto questo interessante post ho scritto un commento, ma poi mi sono accorta che era troppo lungo e così ne ho lasciato metà di là, e metà me lo sono portato di qua. Non me ne voglia unodicinque.
Nel post viene riportata una teoria, sentita nonsisadove-nonsisaquando-nonsisadachi:
" ... Non sarebbe vero che noi cambiamo; noi restiamo sempre uguali ma cambia, semmai, la percezione che abbiamo di noi stessi al mutare delle condizioni."
Mumble mumble ... Le teorie lasciano sempre il tempo che trovano, ma a parte questo credo di essere d'accordo.
Unodicinque pensa a una città, a me invece viene da pensare alla struttura del pianeta terra: nucleo, mantello, crosta terrestre.
Il nucleo è la mia essenza, che nasce prima di me, resistente come il nocciolo di una ciliegia. Attento a colui che mi prende a morsi, potrei spaccargli un dente, con la mia arma segreta.
Il mantello che ricopre il nucleo, come polpa succulenta, sono gli avvenimenti che hanno plasmato la mia vita. Sole, calore, acqua e cure parentali ne hanno influenzato il sapore.
La crosta terrestre, come buccia, (facciamo buccia di pesca, và, per il suo potere allergizzante) è la mia immagine, quella che mostro all'esterno, il mio rivestimento protettivo: la pellicola domopak che mi preserva da batteri contaminatori ma mi fa anche puzzare di plastica, per intenderci.
Tutto qui? No, ora alla similitudine va applicata la teoria: il mantello può sconvolgersi per una maledetta faglia di sant'andrea, la crosta spaccarsi, ma il nucleo resiste.
Almeno spero.
Ma forse sono andata fuori tema.
Ecco perchè ho sempre mal sopportato i filosofi: non riesco mai a seguire il filo dei loro ragionamenti.
(E se fossi un frutto, che frutto mi piacerebbe essere?)
La teoria la conoscevo, ma non chiedermi chi l'ha formulata: è una reliquia liceale.
RispondiEliminaA me fin da allora ha fatto pensare al sistema solare, dove nulla cambia e niente rimane come era due minuti prima.
Per quel che ho capito io il tuo nucleo è roccia carnica; il mantello polposo, molto polposo; la buccia sembra liscia presa a favor di sole, ma attenti alle ombre, è quasi impossibile scalfirla qualunque siano le zanne di cui si disponga.
Non riesco a capire che frutto vorresti essere, perché non lo sai nemmeno tu.
Secondo me a volte sei un fico, dolce e succulento ma pieno di quei semetti che poi ti restano in mezzo ai denti e non li tiri mai fuori. A volte una banana. buonissima e piena di vitamine, ma che ti si impasta in bocca.
A volte -non troppo di rado, come io ben so- un cachi non maturo: quando provi a masticarlo ti si bloccano le ganasse. Allappa, come si dice a Roma. Sì, qualche volta allappi proprio, ma poi passa, per fortuna.
La roccia carnica è friabile, non ci sto. Cerca qualcosa di più resistente, por favor, non posso permettere che il mio nucleo si sbricioli come pane grattuggiato.
RispondiEliminaLa buccia "presa a favor di sole" non so proprio cosa voglia dire ma è una bella immagine!
Per quanto riguarda l'allappa e gli svariati paragoni con tutta quella frutta dispettosa, mi hai fatto ridere; di questi tempi non è cosa da poco, perciò ti ringrazio.
Dopo pranzo, mentre me ne stavo beata sul divano a rileggere se una notte d'inverno, mi è venuta voglia di mangiare un fico d'india, un frutto che mi piace da morire ma che non mangio mai.
RispondiEliminaEcco, è questo il frutto che mi piacerebbe essere.
Spero che lo sbucci prima di mangiarlo, altrimenti è dura L'entrata, ma ancor più la sortita
RispondiEliminaah ah ah ah ah ah!!!!!!!!!!!!
A proposito di uscita: hai mai provato a mangiarne che non siano proprio ben maturi?
Prova, poi me lo dici.
ah ah ah ah ah ah!!!!!!!!!!!!
Ti è scoppiata la ridolina? Beato te, io sono incavolata nera.
RispondiEliminaMi sono paragonata al fico d'india proprio per le caratteristiche della buccia, quasi impossibile da togliere senza spinarsi le mani. Ma forse è solo la mia imperizia di polentona, voi terroni ve la cavate meglio. :)