venerdì 4 aprile 2014

I papà si vedevano poco



I papà  si vedevano poco, e quasi mai con piacere. 
L'unico papà non scorbutico era quello di Renzo e Lucia.  
Con allegria o forse solo con accondiscendenza mascherata si prestava ad accompagnare la consorte, obesa e quasi cieca, dai vicini, per permetterle di fare quel po' di sana e terapeutica  conversazione.  Quando la donna cannone veniva a farci visita per parlare con mamma, il più delle volte non capivo niente di quel che diceva a causa del suo forte accento romagnolo, del continuo tirar su col naso e stropicciarselo e soffiarselo, coprendosi quindi la bocca, nonché del fatto che i discorsi erano continuamente interrotti da scoppi di risa improvvisi come un temporale in montagna e assordanti come un tuono, accompagnati da una sonora manata, potente come una valanga nevosa,  che l'esuberante signora rifilava sulla spalla della mia composta, equilibrata, compassata madre. 
Temevo ogni volta che quelle poderose pacche potessero farle perdere l'equilibrio, facendola cadere.
Questi simpatici vicini parlavano con tutti gli abitanti del villaggio tranne che con quelli che abitavano di fianco, porta a porta, coi quali avevano chiuso i rapporti per una questione canina. 
Il loro amatissimo Mammolo infatti dava fastidio al papà di Romeo e Giulietta, un tipo tanto schivo e taciturno quanto loro erano esuberanti e caciaroni; un veneto trapiantato in brianza, uno stakanovista che s'ammazzava di primo lavoro in fonderia e di secondo in cantiere  e avrebbe desiderato riposare a dovere almeno quelle poche ore in cui restava a casa, senza essere disturbato da manifestazioni canore canine.

Codesto papà era alto e segalino, con un viso del quale ricordo solo il naso, aquilino;  mai mi capitò di sentirne la voce. 
Morì relativamente giovane, il corpo spremuto come un agrume dal superlavoro e il fegato disfatto dalla cirrosi. Forse le parole che non diceva le annegava nell'alcool, e così pure la rabbia per il cane della discordia.
(Tra parentesi e per completezza d'informazione mi preme aggiungere che la volta in cui osai sedermi sul muretto del cortile nel quale il quattrozampe scorrazzava in libertà quel bastar   quell'adorabile meticcio mi rifilò un bel morso sul sedere) 

Il papà di Pierre Bezukhov, il mio amichetto la cui camera da letto confinava con la mia, permettendoci lo scambio di toc-toc sul muro o sulla testata del letto, era l'incubo di tutti i palloni che giacevano nei nostri cortili. Non sopportava infatti che questi innocui  oggetti di divertimento atterrassero  nel suo giardino. Più di una volta ce li restituì tagliati a metà, giusto per dimostrarci che faceva sul serio.
Il dramma consisteva nel fatto che questo senior  tornava dalle sue  occupazioni impiegatizie alla stazione centrale di milano nel primo pomeriggio, mettendosi   a dormire sulla sdraio in giardino (o a far finta di farlo) rendendoci così impossibile l'impresa di scavalcare il cancello per recuperare l'indispensabile  palla.
 A volte l'incoscienza infantile ci induceva a mosse azzardate quali svegliarlo per chiedergliela direttamente, con l'unico risultato di farlo incazzare a morte.
Quando raggiunsi l'età della ragione mamma mi confidò il sospetto che quell'intorpedimento pomeridiano non fosse sonno da stanchezza post lavorativa quanto piuttosto una sorta di ottundimento da alcool: probabilmente  in quell'ufficio ferroviario non c'era granché da fare e  a lui non restava che  ammazzare il tempo con qualche diversivo etilico. In quell'occasione mi venne  in mente che quando tornava dal lavoro il tagliapalle  era burbero con noi bambini ma fin troppo gentile con mamma ... Quel provolone!

Anche il papà di Piero e Francesca, l'abruzzese, faceva il ferroviere: andava al lavoro fischiettando  e, quel che è peggio,  tornava fischiettando. Mamma era arrivata a una sua personale conclusione: "si vede che non è che si ammazzino di lavoro questi ferrovieri".
Sua moglie, la cantante del villaggio, la ricordai nel post "case vuote"
 
A sinistra della nostra casa, quella che dividevamo equamente con Provolon-Tagliatore,  ma un po' più spostato verso la strada abitava il papà di Rossella O'hara. Avrebbe potuto ambire alla posizione di papà più distinto del villaggio se solo fosse stato un po' meno schifoso.
Di tutti i papà  del villaggio era quello che  aveva l'impiego migliore e  forse anche per questo stava sulle sue e non dava spago a nessuno, a meno che si consideri la scatarrata una forma alternativa di saluto. Funzionava così: appena usciva di casa cominciava a tirar su il materiale secreto delle mucose facendo versi da caffettiera, o da vulcano che sta effettuando prove generali di eruzione. Una volta girato l'angolo della casa si dirigeva verso il retro di essa, dove il suo orto confinava con il nostro cortile anteriore. A quel punto Mister Scatarrone  aveva già accumulato la sua bella scorta di schifosa saliva, che sputava a pochi metri da me, che me ne stavo spaparanzata a leggere sulla sdraio. 

Ma, dato che non c'è mai limite al peggio, ora vi porto in cima alla via, dove la strada si chiudeva. Qui abitava l'orco, il papà di Castore e Polluce.
All'ora di cena la moglie dell'orco, una donna che non toglieva mai i bigodini dalla testa, s'affacciava alla finestra per chiamare i due gemelli.
Se i malcapitati non arrivavano in tempo utile ecco che entrava in azione lui. Prima ancora di vederlo, sentivamo il rumore dei suoi zoccoli trascinati sull'asfalto. Non ci saremmo stupiti se al posto  degli zoccoli avesse calzato gli stivali delle sette leghe. Indossava una canottiera di lana ingiallita dall'uso e un paio di pantaloncini corti da orto. Aveva una pancia da bevitore, come ogni orco che si rispetti. Non so se anche lui morì poi a causa di una qualche patologia cirrotica, ma potrebbe starci. 
Una volta emesso il primo fischio, i gemelli potevano considerarsi  spacciati. Per  ogni richiamo aggiuntivo, li attendeva una dose aggiuntiva di pedate nel sedere. Qualche minuto dopo che l'orco aveva percorso tutta la via in giù, ecco i gemelli ripercorrerla in su, correndo, massaggiandosi il sedere  e singhiozzando a gran voce.
In pratica il padre padrone li riconduceva all'ovile a calcinculo.
Mamma diceva che i figli non erano dei cani, per essere chiamati con un fischio.
Il nostro adorato papà non intratteneva alcun rapporto di vicinato con i papà dei nostri amichetti, era un tipo che si faceva i fatti suoi.

scritto nel 2013

21 commenti:

  1. tutti quelli che tu pensi morti di cirrosi, in realtà morironno di ulceri perforate causate dal lento avvelenamento procurato dale loro gentili consorti con dosi minime di topicida giornaliere

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    1. è un'ipotesi non suffragata da prove ...
      il mio parere sai qual è?
      che molti, troppi uomini non abbiano bisogno di mogli in stile borgia per farsi avvelenare, lo sanno fare benissimo da soli,
      salvo poi andare a farsi curare dalla consorte quando la frittata è fatta, of course!

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  2. Un bel vario bestiario umano, non c'è che dire.

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    1. sì, vario ed eventuale, perchè alcuni li ho lasciati fuori.

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  3. Cosa dire di un post come questo, che non dia fastidio al nostro Caio Mirra? Mi è piaciuta la scelta letteraria dei nomi. Meno male che non ci fossero tra i tuoi vicini anche i fratelli Karamazov, altrimenti avresti avuto anche un parricidio nelle tue adiacenze. Bel post, si sente che ancora era vivo il padre tuo, dal tono lieve e ilare del tuo discorso.

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    1. Che t'importa dei caio mirra?
      pensa che guerra sarebbe scoppiata nel caso fosse stato un tizio oro, o un sempronio incenso, che è pure infiammabile :)
      I nomi letterari mi sono venuti a caso, giusto per conformarmi a quella storiella che si scrive prima di un racconto, tanto per scansare persone che la prenderebbero male.
      Chissà se riuscirò ancora a scrivere di mio padre in un modo leggero e ilare, come sarebbe piaciuto a lui.

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    2. Di Caio Mirra e della sua ignoranza nulla m'importa. Era una battuta. Volevo rimanere nel vago, sono ospite tuo in questo momento e sollevare casini non voglio, per rispetto a te e a tuo papà.
      Riuscirai a scrivere ancora di tuo padre in modo ilare e leggero, convincitene e vai giù tranquilla: io faccio il tifo per te e per lui.

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    3. Comunque bellissima quella del tizio oro e del sempronio incenso, mi sembrava di essermi già complimentato per la trovata e invece no, lo avevo dimenticato. Lo faccio adesso.

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    4. pensa che alle magistrali mi capitò un supplente di matematica che di nome faceva Baldassarre ... abbinato a un cognome ancora più ridicolo, che non ricordo e che comunque non scriverei, anche perchè era una persona talmente ignorante che potrebbe denunciarmi per offesa a pubblico ufficiale.
      Ah ecco mi è venuto in mente il cognome ... ah ah!

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  4. Per fortuna i miei vicini non sono troppo vicini... tutto molto dickensiano. Erano proprio altri tempi, mio padre è molto presente nella mia vita, non è autoritario, aiuta mamma e i miei nonni si adorano.
    Xavier

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    1. E' una fortuna avere dei vicini un poco lontani, specie se pensi a quelli che dalle mie parti per beghe da cortile sono arrivati a trucidare mamma e figlioletto.
      Come dire, l'erba del vicino a volte si macchia di rosso.
      Allora la tua è una famiglia da mulino bianco, complimenti!

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  5. con questo post mi fai ricordare questo libro ... :)

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    1. Che onore. Lo leggerò, le biografie sono uno dei miei generi preferiti.
      Enzo Biagi è stato uno dei grandi giornalisti del secolo scorso, aveva quello sguardo intensamente umano; tuttavia come stile di scrittura preferivo Montanelli.

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  6. Ma che bella combriccola !! Però ho letto con molto piacere; le descrizioni dei personaggi sono così accurate ed incisive che mi sembrava di vederli qui. Ciao, buona giornata. Marilena

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    1. Grazie, molto gentile!
      Buon quel che resta del giorno anche a te!

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  7. Io ho dei vicini non se se dira minorati, idioti, abruttiti che estendono le loro varie tare al pastore tedesco che tengono semi recluso in casa e che sclera regolarmente.
    Una delle prassi è farlo uscire saltuariamente in giardino dalla reclusione, più o meno a tutte le ore.
    Essi sono troppo impegnati a rincoglionirsi per mote ore al giorno di pattume televisivo per fargli fare delle passeggiate.
    Così il quadrupede abbaia come un ossesso.
    Io userei una bomba atomica sia per il cane che per i proprietari, anche se per i secondi cercherei di scegliere un'arma che li faccia soffrire a lungo prima di farli schiattare.

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    1. Loro saranno dei minorati ma tu sei un vicino assai aggressivo e pericoloso, quasi come Olindo e Rosa attenti a quei due!

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    2. Beh, sì, quando uno ti rompe i mammasantissimi per anni, c'e' il rischio di accumulare accumulare accumulare accumulare... e poi esplodere.
      Del resto e' una situazione violenta.
      Io per il momento subisco.
      Ma cio' non significa mica che non sia violenta.
      Del resto potrei mettermi anche solo a ridere a pensare di far loro causa.
      Cosa devo fare? Forse tu hai una qualche strategia che possa risolvere il problema.

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  8. Bello questo racconto, @Silvia !
    Buon fine settimana ... per quel buono che auspichi per te ! :-)

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  9. grazie cavaliere ... cavaliere che erra senza disdegnare di fare una sosta per leggere adesso sto pensando :)
    questo fine settimana sono stata invitata a una sagra di paese dove una mia amica artista espone le sue creazioni, ma non ho nessuna voglia di andarci;
    domani lo passerò con la mia mammina.
    Ce la stiamo tenendo stretta, è l'ultima nonna che ci rimane.
    Buon f.s. anche a te!

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