domenica 1 maggio 2011

due giorni in un posto da lupi

BARBISSIRIA:  1 chiesa, 10 case, 15 abitanti, 1 cassonetto per la carta, 1 per la plastica, 1 per il vetro, 1 dove era "assolutamente vietato introdurre materiali riciclabili". 

Abbiamo dovuto infrangere il divieto, perchè vi abbiamo furtivamente introdotto una lattina di alluminio, che non essendo nè vetro nè carta nè plastica non sapevamo dove buttare.  Barbissiria si trova nell'appennino ligure, a 35  km. dal mare, in un posto da lupi, in mezzo ai boschi e alla nebbia. 
(se si riesce a fare la raccolta differenziata qui, perchè altrove no?)
(Un posto da lupi non per modo di dire,  l'affittacamere  ci ha detto che quest'inverno 5 lupi sono arrivati alle case)
Facevamo mezza pensione in casa di una coppia che arrivata alla pensione ha deciso di cambiare vita,  mollando  la città e ristrutturando la casa d'infanzia del marito. Per non morire d'inedia la signora ci ha aggiunto l'idea del b&b.
La signora Fernanda ha le mani d'oro, sia in cucina sia nella cura della casa, che è riuscita a impreziosire con un personale e originalissimo tocco artistico,
con gusto raffinato ma semplice, con una cura dei particolari non ricercata, non falsa, non di copertina.  


Il marito è un tipo più concreto e attivo: la moglie a tavola con noi, a ciciarare, e lui avanti e indietro con le stoviglie.  In simbiosi col padrone di casa c'era un bellissimo golden retriever che capiva tutto, e soprattutto obbediva (non saltare addosso alla signora). Senza dimenticare un  nipotino in deposito temporaneo che si faceva i fatti suoi.
Abbiamo mangiato nei piatti della prozia cose fatte in casa con prodotti dell'orto o dell'amica o del posto:
ravioli di boraggine e foglie di primula,  focacce d'ogni qualità, liquore di genziana, perfino cibi di antica tradizione come il pane fatto col latte cagliato.  Abbiamo parlato con la signora del lavoro di suo padre, che faceva il maniscalco, fotografato gli antichi attrezzi da lei conservati, abbiamo ascoltato i ricordi di suo marito su come da bambino  partecipava al processo di affumicatura delle castagne, http://www.presidislowfood.it/ita/dettaglio.lasso?cod=101 che insieme ai funghi costituivano l'economia della valle.
 Mi piace fare del turismo umanistico: vedere come vivono le persone nel posto dove faccio vacanza,
cercare di capire la qualità di vita di quel paese, le prospettive di lavoro, immedesimarmi in un bimbo, in un  giovane, in una donna che abitano lì, fare finta che quella sia casa mia.

E' stato carino addormentarmi leggendo questa scritta.

9 commenti:

  1. Ritorno alla natura, meraviglioso.
    Era la mania di mia mamma, e mio padre la subiva, noi -ringhiando- pure.
    Aveva scovato nei pressi del lago di Bolsena un angolo abbandonato anche dagli abitanti del luogo, tanto impervio era l'accesso (stava su un minuscolo dirupo di una decina di metri, sufficienti per spaccarsi una gamba)Si andava lì quasi una volta al mese per un fine settimana.
    C'era un gabinetto alla turca fatiscente e puzzolente.
    Papà, Lito ed io uscivamo di sera ed entravamo nel bosco: ognuno sceglieva il proprio albero e concimavamo il patrio suol.
    Dimenticavo: non c'era carta igienica, solo per mia madre che se la portava da casa.
    Noi tre andavamo al torrente e ci riempivamo le tasche di ciottoli lisci, ciottoli pulitori.
    Che bello vivere all'aria aperta, che bello cagare all'aria aperta, mentre il sole tramonta tutto d'or.

    RispondiElimina
  2. Ho fatto in tempo a usare quei terrificanti gabinetti, quando andavo a trovare i nonni. Naturalmente ci andavo solo un attimo prima di farmela addosso.
    NON CI CREDERAI, ma ne ho uno in carne e ossa -cioè, in mattoni e cemento- davanti agli occhi, confinante col mio cancelletto.
    Ha perso la sua funzione, almeno spero, ma è ancora lì, a restringere la stradina già stretta, a prendersi le maledizioni di quelli che abitano lì e a fare la gioia dei carrozzieri.

    RispondiElimina
  3. Quarche vorta so de coccio puro io, ma tu famme capì perché li carrozzieri ce godeno si vedeno 'n cesso brutto brutto, zozzo zozzo e magari smerdato.
    Nun me ce posso capacità de capicce gnente.
    Aiuteme si ppoi, bella sposa.

    RispondiElimina
  4. mò te lo scccc-piego, BABY, it's easy: per accedere alla casa loro, i calabbresi hanno da passà da uno stringitoio: la casa della vecchia Enrichetta a sinistra, il vecchissimo cesso della vecchia Enrichetta a destra.
    I pre-calabresi avevano supplicato la vecchia di buttare giù sto cacchio di sgabuzzino-cesso, per agevolare il passaggio delle macchine, ma avevano ottenuto solo il permesso di tagliarne via uno spigolo: non ti so dire a quale solido assomiglia, ora.
    Tuttavia, nonostante il taglio il passaggio è strettissimo e ogni tanto si sente CCCCCRRRRR ..... ma il bello è che non si sente mai una parolaccia, dopo!

    RispondiElimina
  5. Li calabbresi vabbè, ma li carrozzieri chi cacchio so?

    Certo che er romanesco tuo è 'no sballo da pisciasse sotto da le risate!

    RispondiElimina
  6. Come... chi sono i carrozzieri?
    In cruccolandia come si chiamano quegli ometti che quando si forma il ghiaccio sulle strade cominciano a fregarsi le mani?
    E quando allo stop l'autista guarda a sinistra e tu guardi a destra, per indicare che la strada è libera non gli dici forse: BUONA, e se vedi una macchina che spunta all'ultimo momento non termini la frase con ... PER IL CARROZZIERE?

    RispondiElimina
  7. Oddio quanto sei fina! Adesso l'ho capita.
    Io ho proibito a chi sta con me in macchina di parlare, a meno che non glielo chiedo io, quando in un incrocio etcetera etcetera.
    È il guidatore che sceglie.
    Vabbè. Evviva sti carrozzieri!

    RispondiElimina

Parla! Adesso o mai più!