LA MIA PASSIONE PER LA LETTURA-
Seconda e ultima parte
-geneticamente propensa alla lettura-
Nonostante la sua istruzione si fosse fermata alla quarta elementare, (era stato pure bocciato!) papà era un accanito lettore: comprava ogni giorno l’Unità, ogni settimana “Epoca”, “Grand Hotel”, e per noi figlie “Miao” poi sostituito dal “Corrierino dei piccoli” e più avanti dai fumetti “Il monello” e “Intrepido”. Era abbonato al terribile mensile “Il calendario del popolo”.
Amava in particolare la storia della seconda guerra mondiale e dei pellerossa, in onore dei quali si arrabbiava ogni volta che ci beccava a guardare “Rin tin tin”, un telefilm pro - uomo - bianco. (“Cosa vi fanno imparare quei film deficienti!!”)
Eravamo poveri, ma la libreria era piena di oggetti da lettura: il bellissimo e semplice“Conoscere”, del quale non mi stancavo mai di sfogliare le pagine illustrate, tanto che alcune quaterne si erano scollate (negli anni seguirono altre enciclopedie, per le medie e per le superiori, ma nessuna mi affascinò più come il conoscere), una terribile storia delle rivoluzioni, fascicoli mai rilegati della serie “I personaggi del XX secolo”, (con Karl Marx o Sigmund Freud che ti guardavano severi dalla copertina). C’erano anche 4 o 5 volumi di una “Storia della II guerra mondiale”, con pagine lucide e foto in bianco e nero di trincee innevate e soldati malconci (provavo un senso di freddo ogni volta che la sfogliavo)
Dato che di libri per ragazzi non ne avevo molti, quando mi coglieva una crisi di astinenza tentavo di leggere anche cose che non mi interessavano: ricordo che iniziai più volte una biografia di Napoleone Buonaparte, ma ogni volta mi arresi dopo poche pagina a causa dei caratteri piccolissimi e, credo, anche del contenuto, del quale mi è rimasto solo il particolare che quando nacque cadde sul pavimento picchiando la testa. (sarà vero?)
Sotto il divano del “tinello” c’era un cassone di legno che custodiva come un tesoro i fascicoli a puntate, allegati all’Unità, con la storia a fumetti di una tribù pellerossa, dalla cui protagonista femminile mia sorella ereditò l’insolito nome di battesimo.
Papà comprava “l’Unità” presso l’edicola della stazione dove prendeva il treno per raggiungere la grande fabbrica milanese nella quale lavorava. Ne iniziava la lettura durante il viaggio per poi concluderla al rientro a casa: leggeva seduto su una sedia della cucina, dopo cena, il giornale ben dispiegato sul tavolo (non sopportava che qualcuno glielo stropicciasse). Ricordo che una sera -non andavamo ancora a scuola- prese sulle ginocchia me e mia sorella e ci propinò la nostra prima lezione di lettura: ci fece sillabare e poi unire le grandi lettere della testata e con soddisfazione leggemmo la nostra prima parola: UNITA’. Poi ci chiese se conoscevamo il significato della parola e ci fece indovinare il motivo per cui quel giornale era stato chiamato così. Naturalmente ci arrivò mia sorella, che essendo più grande e più intelligente di me, in queste gare mi batteva sempre.
Anche a mamma è sempre piaciuto leggere, per la verità, ma aveva poco tempo per farlo, con quattro figlie e un marito a cui badare. La ricordo sferruzzare calze, mutandine di lana e maglioncini per noi, più che assorta in letture. Mamma ci raccontava che anche alla mia nonna materna piaceva leggere, e le faceva i temi, perché lei a scuola prediligeva la matematica e non aveva fantasia per i componimenti. Tanto che un giorno la maestra le scrisse: “Non è farina del tuo sacco”.
Questo per dire che la passione per la lettura era scritta nei miei geni ancor prima che nascessi.
Hai i geni della lettura in te, gran bella cosa...
RispondiElimina....e mi sembra di capire una meravigliosa famiglia, con una ricchezza interiore che i più si sognano!
RispondiEliminaCommovente
Walter