martedì 22 giugno 2010

Che tu sia per me il coltello


"Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso" scrisse Kafka a Milena.
David Grossman assorbe questa frase e ne fa il titolo di un suo libro, "Che tu sia per me il coltello"
Lessi questo libro per la prima volta (questa è la terza) una decina d'anni fa. Spulciando in biblioteca tra gli autori israeliani lo scelsi per il titolo, che mi attirò come una calamita. Stavo partendo per le vacanze e lo misi in valigia insieme a " fiore del deserto".
Mi viene in mente, non so perchè, anche un fatto che mi capitò mentre lo leggevo, seduta sulla spiaggia libera di Vasto. Mi stavo gustando, oltre al piacere della lettura, anche il piacere inconsueto di non avere intorno i figli, che mio marito aveva portato con sè non ricordo dove.
Una donna che camminava sulla battigia mi si avvicinò. Volle sapere cosa stessi leggendo, mi disse che vedere una donna assorbita in un libro era una cosa che la affascinava, mi attaccò qualche altro bottone e finalmente mi salutò esprimendo il desiderio di rincontrarmi.
La mattina seguente ero da tutt'altra parte, in una spiaggia a pagamento, con la speranza di non essere ritrovata.
Forse perchè non sopporto le persone che invadono il mio spazio privato.
Ma torniamo al libro.
Un uomo individua una donna in un luogo affollato e la sceglie. Perchè proprio lei? Perchè sulla base di un gesto da lei fatto l'uomo si costruisce un'idea: l'idea che questa donna possa accettare la sua proposta di instaurare un rapporto particolare e unico.
Esclusivamente epistolare,
esclusivamente segreto,
esclusivamente intimo.
Un rapporto a scadenza, che non diventi mai qualcosa di più, ma che parta subito al massimo dell'intensità.
L'uomo -Yair- esclude a priori la possibilità di un incontro, non vuole che questo rapporto virtuale venga alterato, eppure le sue lettere sono intrise di sensualità. E' come se con la sola forza dell'immaginazione egli riuscisse comunque a vedere, toccare, annusare, sentire la voce o i battiti del cuore della donna che ha scelto, Miriam, ed esserne appagato. Riesce a trasmetterle questa forza immaginifica con il fascino della parola, che sa usare splendidamente.
Ma la donna rompe il patto, per salvarlo.
Un libro stupendo. La figura di Yair mi è piaciuta molto: una personalità complessa sul filo del rasoio che divide normalità e follia.

4 commenti:

  1. Da scrittore la trovo un'idea avvincente. Mi fermo qui perché un'idea simile è venuta anche a me, ma in un contesto completamente diverso.
    Attenzione però: si può cadere nel melodrammatico. Non conosco questo David Grossman e quindi mi astengo. Per quel che mi riguarda la mia idea spazia nel campo della metafisica, non c'è pericolo di melodrammaticità.

    RispondiElimina
  2. Questo libro l'ho letto molti anni fa e mi aveva colpito l'idea di mostrare di sé solo le parole.
    Poi ho "conosciuto" in Rete un uomo che si è comportato quasi esattamente come Yair, solo che io non sono Miriam e, alla fine, il rapporto virtuale è morto soffocato dalla mancanza di reale.

    RispondiElimina
  3. dalle 8 alle 5, ho risposto al tuo commento, che è uno spunto mica da ridere, ma poi mi sono accorta che più che un controcommento l'argomento meritava un post. un post piccolo, ma al suo posto. scritto e messo in bozze. lo lascio in deposito un tot e poi pubblico, ti farò sapere quando. Perchè in deposito? perchè post vuol dire dopo, mica subito. ciao!

    RispondiElimina

Parla! Adesso o mai più!