(PRIMA PARTE)
Lo chiamerò Eskimo, perchè me lo ricordo con indosso l'eskimo, perchè ERA
un tipo da eskimo e perché erano gli anni della gucciniana “Eskimo”.
L’eskimo
ce l’avevo anch’io, ma lo portavamo per motivi differenti: lui come divisa
politica, io come cappotto.
O meglio: lui da borghese, chè sua madre
gliel’avrebbe bruciato, io da proletaria, chè mia madre me l’aveva comprato dal
suo fidato venditore ambulante solo dopo averne apprezzato l’economicità e la
praticità.
Per dirla alla Guccini, l’autentico eskimo era il mio:
un eskimo innocente, dettato solo dalla
povertà.
Ma a quei tempi non glielo dissi, perchè lo capii molto più tardi.
Eskimo era lo studente più in vista dell'intera cittadina: sempre in prima
fila nei cortei, col megafono, e poi alle assemblee studentesche, col
microfono, e dovunque si potesse fare un po’ di sano casino comunista.
Ce lo trovammo in classe in terza o in quarta, esule dal liceo classico (o
forse cacciato).
Venne a sedersi alla
mia destra, nell’ultima fila, che era poi la sede della nostra cricca, da noi
pomposamente chiamata la comune insurrezionale.
In realtà, di
rivoluzionario avevamo solo il nome, poiché il nostro scopo principale era
semplicemente:
“Poterci fare i cazzi nostri senza essere eccessivamente
disturbati dalle lagnanze dei prof”
(così recitava il primo articolo dello
statuto, redatto dalla scrittrice del gruppo, che non ero io)
Eskimo si inserì d’ufficio in questo club esclusivo composto da pochi
eletti, sopportando perfino il fatto che in esso fosse stato ammesso -pur con
debita riserva, essendo sempre sul punto di esserne radiato- un biondo ciellino
con una barbetta da capra, gli occhiali come fondi di bottiglia e la faccia da seminarista.
L’unica cosa bella che ricordo di questo pretino in fieri era il suo modo di
sorridere, franco, e così spontaneo da coinvolgere l’intero viso.
In
questo era molto più carino di Eskimo,
che invece di ridere sghignazzava a singhiozzo come una iena; nel suo sorriso, poi,
non c’era mai solo divertimento, perchè riusciva a infilarci di tutto: da un accenno di sfottimento a una smorfia di disprezzo totale.
Il mio Mario Capanna era orbo come una talpa, dichiarava di non poter fare
a meno degli occhiali neppure a letto, puzzava di fumo, sosteneva di avere il
fegato a pezzi e aveva un padre tuttodunpezzo, col quale ovviamente era
in costante stato di lotta dura senza paura.
La nostra fu una convivenza di banco per lo più litigiosa ma con un
sottofondo affettuoso, anche se non l'avremmo mai ammesso. (L'affetto,
intendo)
Pensandoci ora, credo che il 99 per cento della popolazione
scolastica femminile mi invidiasse questo compagno di banco, primo perchè
era il classico ragazzo Niente-Affatto- Bello-Ma-Che-Piace, secondo perchè era
un leader nato, terzo perchè nella mia scuola i maschi erano merce rara
come galli in un pollaio!
Eskimo era fumatore, bevitore, cannatore, trasgressore, contestatore,
affabulatore … e logorroico. (Mi spiace d'aver rovinato la rima, avrei potuto
terminare l'elenco con "parlatore", ma quando uno è PROPRIO
logorroico non c’è rima che tenga)
(Mi era venuto anche un altro aggettivo, questa volta in rima, ma sarebbe
una supposizione non suffragata da prove).
Oh … dimenticavo! Terribilmente
egocentrico!
Ma chi non lo è, a quell'età?
Io ero una maestra, di ego.
Fine prima parte
Io portavo il montgomery, come una conquista sociale. Non avevamo ancora i jeans ma avevamo tolto le cravatte come forma di protesta -eravamo alla fine degli anni 40 e si vedevano in fondo arrivare lemme lemme i 50, perché il tempo non correva, andava piano piano- mai stato negli ultimi banchi, mai sospeso, mai bocciato, una sola volta rimandato a settembre in mate e storia.
RispondiEliminaMa non ero un secchione, grazie a Dio, solo apprendevo in fretta r ricordavo poi tutto per l'intero anno. Una dote che non ho più, la memoria di ferro.
Non eri al classico? Ma in che scuola stavi?
Al classico? Stai scherzando?
RispondiEliminaAl classico mi ci volevano mandare i miei genitori, ma dato che era solo PER FARMI USARE I LIBRI DI MIA SORELLA, ed evitare di comprarmene di diversi, io mi rifiutai, e che cavolo.
Perciò mi iscrissi alle magistrali: la scuola del meno, la chiamava il mio grande prof Totò.
Ah ah ah! Sei maestra?! Noi andavamo a farci la ragazza alle magistrali. Pensa tu che io sono stato circondato da maestre.
RispondiEliminaMia mamma non lo era ma lo faceva coi figli, insegnandoci perfino a scrivere i temini e a fare le operazioni di aritmetica.
Zia Giulia era maestra elementare.
Mia cognata Lidia è maestra in pensione.
Una cugina di 1° grado maestra.
La mia prima ragazza, Anna O., maestra; la seconda, Maria Luisa A., maestra.
Non se ne poteva più.
Stavo per fidanzarmi con Agnese P., anche lei maestra.
Insomma una vera inflazione.
Ma a che servono tutte ste maestre?
sto scherzando, lo so a cosa servono.
Ciao :DDD
Simpatica Silvia
RispondiEliminaun saluto:-)
forte questo post ... e già... dal sorriso di una persona si possono capire molte cose ...
gli anni della contestazione (parlo del 1977 e d'intorni), sono anni "molto pittoreschi" ricchi di personaggi originali ed irripetibili che si ricordano piacevolmente e con un pizzico di nostalgia:-)
Ciao Paolo, ci si rivede.
RispondiElimina... Non solo dal sorriso, ma da tutto il corpo, non credi?
Hai presente la bellissima FISIOGNOMICA di Battiato Best?
Dal taglio della bocca se sei disposto all'odio o all'indulgenza ... (è terribile, mi viene in mente la santanchè!)
Il video è osceno, quindi ti consiglio di ascoltare ma non guardare, d'altra parte la versione live aveva un pessimo audio.
Sono contenta che ti piaccia Eskimo, perchè ho faticato a scriverlo.
Ti aspetto per la seconda parte, allora!
IACOPONI PRENDINGIRO!
RispondiEliminaMi conosci da due anni e non sai che lavoro faccio? hai dimenticato i post
testa-rapata
anna anima strappata .. e pelle di pesca che non trovo più?
In realtà hai ragione a non capire di che lavoro si tratti, pensa che ancora non l'ho capito io, che lo faccio da 29 anni!
Sei di coccio? Il lavoro che fai lo so, ma la mia domanda era: che scuola hai fatto? Per il sostegno mi pare che adesso in Italy occorra una laurea da tre anni.
RispondiEliminaNon so ma sta roba dei tre anni mi fa pensare alla mia fanciullezza e al mercato del pesce a Civitavecchia. Ci andavo con mia madre.
"Me dà sta cernia, giovenò" diceva mamma.
"Bella signò, è la più mejo. Jela peso. So tre chili signò"
"Troppo, semo matti! Ammè me basta 'n chiletto, che ce fo coll'antriedue, nun ce l'avemo er gatto"
Che bella stagione infinita.
Ero gelosissimo di mia madre.
Lo so che non c'entra col post, ma che ci vuoi fare? Io so accussì.
Istituto Tecnico Industriale, per sbaglio, perchè avevo appena tredici anni ed i miei amici si erano iscritti lì.. i miei insegnanti volevano che mi iscrivessi allo scientifico... avevano ragione loro! Io ero all'opposizione, la mia era la città dei Boia chi molla ed uno come poteva stare solo all'opposizione... ora che ci penso... è da quando sono nato che sto all'opposizione :-))
RispondiEliminaAll'istituto tecnico ci andava uno per cui avevo una super cotta. quell'istituto era considerato una scuola quasi più difficile del liceo.
RispondiEliminaBoia chi molla al grido di battaglia non era un motto di destra? Vuoi dire che c'era predominanza di fascistoidi? di quale città parli? e i sinistri dov'erano?
In ogni caso stare all'opposizione non è cosa poi così pessima, se non altro trattasi di un gran bel metodo anti-claustrofobia ... :)
Sono di Reggio Calabria Silvia e, non molti anni prima c'era stata la rivolta di Reggio capoluogo, una vera rivoluzione dettata dalla voglia di riscatto dell'intera città, la sinistra non ebbe il coraggio di schierarsi, anzi condannò! La destra fascista dell'MSI invece cavalcò l'onda portando dalla sua parte diverse generazioni di reggini che al motto "boia chi molla è il grido di battaglia, contro il sistema la gioventù si scaglia" modificatrono per sempre l'essere di un'intera città!
RispondiEliminaVedi vedi: Reggio Calabria.
RispondiEliminaCaro Nino P. avresti fatto la felicità di un reggino DOC grande amico mio, Mario Monoriti, che sosteneva essere quella reggina la migliore gioventù. Era di destra,MSI come me, che alla Sapienza di Roma andavo a far botte coi compagni di notte per le strade della capitale.
A la faccia de chi ce vò male!